Stellantis sta abbandonando Torino
Lo stabilimento di Grugliasco ha chiuso, gli investimenti e i dipendenti a Mirafiori stanno diminuendo e il futuro industriale della città è incerto
Alla fine di ottobre su Immobiliare.it, un noto portale online per vendere e comprare immobili, è stato pubblicato l’annuncio di uno stabilimento a Grugliasco, un comune che confina con la città di Torino. Lo stabilimento era di 115mila metri quadrati, si presentava in buone condizioni in seguito a recenti e rilevanti interventi di ristrutturazione, e ospitava parte della linea produzione della carrozzeria Maserati, la cui dismissione si doveva concludere entro la fine del 2023. L’annuncio è stato pubblicato da un’agenzia immobiliare per conto di Stellantis, azienda nata nel gennaio del 2021 dalla fusione di PSA, l’azienda francese meglio conosciuta come Peugeot Citroën, e FCA, l’azienda italo-americana nata a sua volta dalla fusione di FIAT e Chrysler.
La dismissione di uno stabilimento così importante è stata accolta dai sindacati e dagli operai con un certo sconforto, ennesimo segnale di una gestione che è molto cambiata rispetto al passato: nonostante le rassicurazioni, infatti, Stellantis investe sempre meno in Italia e a Torino, la città simbolo della FIAT.
Negli ultimi anni il numero di auto prodotte nello stabilimento FIAT di Mirafiori, a sud di Torino, è diminuito in modo significativo, non vengono fatte assunzioni per sostituire i dipendenti che vanno in pensione, anzi i licenziamenti vengono incentivati con generosi contributi economici. Diverse produzioni sono state spostate all’estero, mentre in altri paesi come la Francia sono stati aperti nuovi stabilimenti e assunti dipendenti.
Nel 2023 Stellantis ha annunciato investimenti per lo stabilimento di Torino, ma secondari e per certi versi marginali rispetto alla produzione e all’assemblaggio di nuovi modelli che verranno invece costruiti all’estero. Torino è la città più esposta al disimpegno di Stellantis, molto temuto dai sindacati che negli ultimi anni hanno messo in guardia gli operai e le istituzioni dalle conseguenze di questo lento declino sull’occupazione e in definitiva sulla città di Torino e sui suoi abitanti.
Lo stabilimento della Maserati a Grugliasco era stato inaugurato il 30 gennaio 2013 dopo essere stato comprato da Carrozzeria Bertone, che lo aveva aperto nel 1959. Nel giorno dell’inaugurazione Sergio Marchionne, amministratore delegato di FCA morto nel 2018, convocò qui un consiglio di amministrazione, per la prima volta in una fabbrica nella storia dell’azienda. Voleva dare «un segnale di speranza, la dimostrazione concreta che si può combattere il declino e avviare un nuovo corso».
Lo stabilimento si chiamava AGAP, acronimo di Avvocato Giovanni Agnelli Plant e nelle intenzioni di Marchionne sarebbe diventato il polo del lusso grazie alla produzione della Maserati Quattroporte e della Maserati Ghibli. Nel 2017 dallo stabilimento uscirono 55mila auto, nel 2023 si è arrivati appena a ottomila. I dipendenti sono diminuiti da duemila a mille fino ai sette impiegati nell’ultimo turno di lavoro, alla fine dell’anno.
La chiusura dello stabilimento di Grugliasco è il risultato di una scelta industriale e immobiliare, perché Maserati non è in crisi: nel primo semestre del 2023 sono state vendute 15mila auto, in aumento del 50 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022 e con ricavi per 1,3 miliardi di euro. Le auto di lusso sono richieste soprattutto negli Stati Uniti, in Italia, in Cina e in Giappone.
La diminuzione dei dipendenti e di conseguenza delle auto prodotte negli stabilimenti di Mirafiori, i più importanti dell’azienda, è ancora più significativa. Dal 1971, anno del record con 60mila lavoratori, si passò ai 36mila del 1988, ai 25mila del 2001 e ai 19mila del 2014, anno di nascita del gruppo FCA. Nel 2022, pur con l’integrazione dei due modelli di Maserati spostati da Grugliasco, a Mirafiori lavoravano 11.835 persone.
Il numero di auto prodotte va di pari passo: da un milione di auto all’anno degli anni Sessanta e Settanta si è passati a 216mila nel 2006 fino al record negativo del 2019 con circa 22mila auto. Grazie alla produzione della 500 elettrica c’è stato un aumento di auto prodotte, 88mila nel 2022, ma nel 2023 c’è stato un nuovo calo: da Mirafiori sono uscite 85.940 auto, il 9,3 per cento in meno rispetto all’anno precedente. Nel frattempo sono state dismesse la Punto, l’Idea, la Musa, la Thesis e la Multipla.
Edi Lazzi, segretario della FIOM di Torino, il sindacato dei metalmeccanici legato alla CGIL, sostiene che il 2008 sia l’anno di inizio del lento declino oggi evidente: fu il primo anno in cui venne chiesta la cassa integrazione per il reparto di carrozzeria di Mirafiori, cioè dove viene fatto l’assemblaggio finale delle auto. Non era mai successo. «Diminuisce il numero di auto prodotte, diminuiscono i dipendenti, e tutto questo viene alimentato dal fatto che i modelli dismessi non vengono sostituiti» dice Lazzi.
Anche se nel 2024 è previsto un aumento delle auto prodotte, sono le prospettive sul lungo periodo a preoccupare i sindacati. Nei prossimi sette anni, infatti, il 70 per cento degli addetti del reparto carrozzeria andrà in pensione. Le ultime vere assunzioni ci furono negli anni Novanta. A ottobre è stato firmato un accordo per rivedere gli incentivi per le future uscite volontarie che secondo le stime riguarderanno circa 2.000 dipendenti. Il 3 novembre, invece, Stellantis ha inviato 15mila mail agli impiegati negli stabilimenti italiani per proporre l’adesione a un programma chiamato “Costruisci il tuo futuro”, dietro a cui c’era in realtà la proposta di un incentivo economico per lasciare il posto di lavoro entro la fine dell’anno.
L’offerta è composta da un incentivo in base all’età, da tre mesi di stipendio e da un’indennità di mancato preavviso oltre alla possibilità di ottenere l’indennità di disoccupazione come previsto dalla legge. Sia nel 2021 che nel 2022 circa 350 dipendenti tra ingegneri, tecnici e designer hanno lasciato gli uffici di Torino. «Di fatto, il maggior investimento che Stellantis sta facendo a Torino e in Italia consiste nel dare soldi alle persone per togliersi dai piedi» dice Lazzi. «Se si va avanti così c’è il rischio che lo stabilimento di Mirafiori si spenga da solo».
Anche per rispondere alle accuse di voler abbandonare Torino, Stellantis nell’ultimo anno ha annunciato alcuni investimenti sullo stabilimento di Mirafiori. Sono stati destinati 40 milioni di euro alla creazione del cosiddetto polo dell’economia circolare di Stellantis, cioè un reparto per rigenerare i componenti usati come motori, assi e sistemi di cambio rimettendoli a nuovo per rivenderli in tutto il mondo a prezzi inferiori rispetto ai componenti nuovi. È stato inaugurato anche il Battery Technology Center, dove vengono fatti test sulle prestazioni delle batterie delle auto elettriche.
L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha detto che il polo del riciclo di Mirafiori è l’inizio di una nuova storia, che va dall’economia lineare all’economia circolare. Tavares ha assicurato di essere certo che «quello che facciamo qui sia una mossa intelligente e di lunga visione per il futuro. Sarà un futuro redditizio. Qui stiamo costruendo un business redditizio, un’attività sostenibile che sarà redditizia».
I dipendenti di Stellantis hanno risposto a Tavares con una lettera. Gli annunci sulla Circular Economy, hanno scritto, non si stanno traducendo in nuova e buona occupazione e le vetture prodotte a Mirafiori non sono sufficienti nemmeno a pagare la bolletta dell’energia elettrica dello stabilimento: «Anche l’imprenditoria torinese sembra scettica e, in questo clima, molti stanno letteralmente fuggendo da questo territorio lasciando solo rovine».
Secondo i sindacati per dare davvero un futuro allo stabilimento di Mirafiori servono nuovi modelli di auto. Alla fine dell’anno i sindacati FIOM CGIL, FIM CISL e UILM hanno rivolto un appello a Stellantis per chiedere nuovi investimenti. Nei prossimi mesi ci sarà un confronto con i delegati in fabbrica, con le aziende della provincia di Torino e con le istituzioni per trovare una soluzione a prescindere dal piano industriale di Stellantis.
Secondo i sindacati l’obiettivo è avviare trattative con potenziali nuovi investitori pronti a sfruttare il patrimonio industriale e di conoscenze di Mirafiori. Con le dovute garanzie, l’ipotesi di una trattativa per la cessione a un’azienda cinese (tra le industrie automobilistiche più in espansione a livello mondiale) non spaventa i sindacati. «L’Italia ha le sue regole e le sue tutele, dunque non ci sono tabù verso nessun investitore» ha detto Luigi Paone, segretario della UILM di Torino.
Oltre alla vendita dello stabilimento di Maserati, il disimpegno di Stellantis da Torino sta già causando conseguenze sull’indotto dell’industria automobilistica, cioè sulle piccole e medie imprese che negli ultimi decenni hanno lavorato quasi esclusivamente prima per la FIAT, poi per FCA e infine per Stellantis. All’inizio di novembre è iniziato un presidio permanente dei dipendenti della Lear, una fabbrica che produce sedili per le auto. Nel 2016 ne forniva 71mila all’anno a Stellantis, nell’ultimo anno ne sono stati prodotti solo settemila. 310 operai dei 420 totali rischiano di perdere il posto. All’inizio di dicembre è stata prolungata la cassa integrazione per un anno.
Intervistato dal Corriere Torino, il segretario della CGIL del Piemonte Giorgio Airaudo ha detto che già nella prossima primavera a Torino si vedranno gli effetti concreti del declino di Stellantis. «Esploderà la crisi dell’auto su tutta la filiera» ha detto. «Ora lo vediamo solo in sparuti ma drammatici casi, come l’ex Tyco e Lear, 500 persone a rischio disoccupazione. I fornitori sono in difficoltà. Stellantis non investe abbastanza e non ci sono nuovi modelli».
Perfino il vescovo di Torino Roberto Repole ha accusato Stellantis di trascurare Torino. L’emergenza delle piccole e medie imprese torinesi è originata dalla contrazione di Stellantis, che a cascata produce chiusure e ridimensionamenti nell’indotto, ha detto Repole. Con una serie di brevi domande retoriche, Repole ha messo in fila tutti i problemi: «La governance di Stellantis si sta sempre più trasferendo all’estero, ma nel frattempo Torino deve conoscere il suo futuro. Cosa significa la campagna di prepensionamenti? E la chiusura della sede di Grugliasco? O, ancora, la cassa integrazione nelle linee di Mirafiori? Poco inciderà, in termini di occupazione, l’apertura del nuovo hub per il riciclo. Mi rivolgo con fiducia ai responsabili di Stellantis affinché chiariscano i loro progetti: rilancio o ridimensionamento?».