Cos’è tutta questa storia della commissione sull’intelligenza artificiale
Se ne parla da mesi, prima per la nomina a presidente di Giuliano Amato, poi per quella del sacerdote Paolo Benanti: ma di preciso cosa fa?
Venerdì lo studioso di bioetica e sacerdote Paolo Benanti è stato nominato nuovo presidente della commissione sull’intelligenza artificiale per l’informazione, un organo istituito un paio di mesi fa dal dipartimento per l’informazione e l’editoria del governo italiano per discutere ed esaminare le implicazioni della cosiddetta intelligenza artificiale sul giornalismo e sull’editoria in generale. La nomina di Benanti è arrivata dopo le dimissioni del precedente presidente, Giuliano Amato, che le aveva presentate in seguito a una dichiarazione un po’ ostile della presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla conferenza stampa di giovedì.
Di questa commissione si sta parlando con una certa insistenza fin dalla sua istituzione, per diversi motivi: in primo luogo, aveva attirato attenzioni e anche una certa dose di commenti sarcastici il fatto che a presiedere una commissione governativa sull’intelligenza artificiale fosse stato nominato Amato, che ha 85 anni e non sembrava per questo a molti la persona più adatta. Poi si è discusso delle sue dimissioni, presentate dopo una pacata polemica con Meloni. E poi sono arrivate altre battute e polemiche quando, per sostituirlo, è stato nominato un sacerdote.
Benanti si occupa di intelligenza artificiale ed etica delle tecnologie da molti anni, faceva già parte della commissione e da ottobre è anche uno dei 39 membri del New Artificial Intelligence Advisory Board, un comitato che si occupa di intelligenza artificiale istituito dall’ONU.
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In tutto questo, non è chiaro a molti che cosa sia la commissione sull’intelligenza artificiale del governo italiano, a cui spesso i giornali si riferiscono come “commissione algoritmi”. È istituita dal dipartimento per l’informazione e l’editoria, una struttura che fa riferimento alla presidenza del Consiglio ed è guidata dal sottosegretario Alberto Barachini. Il compito della commissione è consigliare il dipartimento sulle eventuali strategie da seguire per gestire le implicazioni dei software di intelligenza artificiale sul settore dell’informazione e dell’editoria.
È composta prevalentemente da docenti universitari e da due giornalisti, dovrebbe lavorare per alcuni mesi, producendo e presentando diversi rapporti, ed è analoga ad altre commissioni istituite di recente in altri paesi europei. Ha insomma il compito di consigliare il governo su un tema molto importante e complesso da capire per i non addetti ai lavori, su cui però più o meno tutti i governi dovranno prendere decisioni e legiferare. È evidente che una commissione del genere può finire per avere molta influenza oppure nessuna, a seconda di quanto il governo deciderà di ascoltare i suoi suggerimenti.
Barachini aveva spiegato che la commissione si occuperà principalmente di due cose: «Da un lato, la difesa del diritto d’autore, sulla quale la Commissione AI per l’Informazione farà le proprie osservazioni, che potranno costituire, tenuto conto della legislazione vigente, la base di una proposta normativa; dall’altro, la difesa dell’originalità del lavoro giornalistico e della responsabilità editoriale». Questo secondo aspetto dovrebbe riguardare in particolare il contenuto di una riforma dell’Ordine dei giornalisti di cui si sta discutendo in questi mesi in parlamento.
Ad aumentare la confusione pubblica sul conto della commissione c’è che non è l’unico organo simile istituito dal governo di recente: c’è un altro comitato composto da 13 membri e nominato però da Alessio Butti, sottosegretario della presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Innovazione, e che entro fine gennaio dovrà presentare al governo una serie di indicazioni e consigli su come gestire le nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale. Lo presiede Gianluigi Greco, direttore del dipartimento di Matematica e Informatica all’Università della Calabria, e peraltro ne fa parte lo stesso Benanti.
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Barachini è di Forza Italia, perciò – oltre che per l’età – la nomina di Amato aveva sorpreso anche per l’affiliazione politica, visto che l’ex presidente del Consiglio negli ultimi vent’anni ha fatto politica principalmente nel centrosinistra. Barachini aveva motivato la nomina spiegando di averlo scelto in quanto presidente emerito della Corte Costituzionale, «perché i diritti sono il nocciolo duro della democrazia e tutelarli da qualsivoglia possibile deriva tecnologica è la nostra priorità».
Ma tra quelli che non avevano gradito c’era Meloni, che nella conferenza stampa di giovedì aveva precisato che la nomina di Amato non era stata una sua «iniziativa». Poco dopo, Amato si era dimesso, dicendo: «È una commissione della presidenza del Consiglio e visto che la mia nomina non risulta essere un’iniziativa della presidente del Consiglio, lascio senz’altro l’incarico». Aveva anche aggiunto: «Peccato, ci perdono qualcosa. Ma a me semplificherà la vita».
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Sulla nomina c’era già stata qualche discussione nel governo. Dopo l’annuncio, a fine ottobre, Meloni aveva fatto sapere ai giornalisti di non avere apprezzato come era stato scelto Amato, sostenendo di non essere stata coinvolta. Barachini si era giustificato dicendo di aver condiviso la scelta con Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e tra i principali collaboratori di Meloni, e sostenendo che fosse stato lui a non dirlo a Meloni. Mantovano e Meloni avevano però smentito informalmente questa ricostruzione. Barachini poi aveva provato a chiudere la questione, dicendo che l’equivoco era stato risolto.
Evidentemente non era così, e dopo che Meloni ha ritirato fuori la questione Amato si è dimesso. Barachini, nominando Benanti, ha detto che «in questi mesi di lavoro ho potuto conoscere la sua competenza e il suo equilibrio». Ha 50 anni, ed è sacerdote dal 2009, dell’ordine dei francescani. Lavora alla Pontificia Università Gregoriana e si occupa di bioetica, neuroetica, etica delle tecnologie e intelligenza artificiale. Già nel 2017 era stato incluso in un comitato sull’intelligenza artificiale dell’Agenzia per l’Italia digitale, un’agenzia pubblica istituita dal governo Monti, e poi nel 2018 in un gruppo di 30 esperti incaricato dal ministero dello Sviluppo economico di elaborare una strategia nazionale sempre sull’intelligenza artificiale.