Il ministro della difesa israeliano ha un piano per il futuro di Gaza
È il primo presentato dall'inizio della guerra, benché non sia ufficiale: prevede che i palestinesi governino il territorio, ma con moltissimi limiti
Giovedì sera l’ufficio del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha diffuso un documento in cui ha delineato per la prima volta in maniera piuttosto esplicita, benché ancora vaga, un possibile piano per il futuro della Striscia di Gaza, quando le operazioni militari di Israele nel territorio saranno concluse. È un tema di cui si era discusso molto nelle ultime settimane, soprattutto perché il governo di Benjamin Netanyahu era stato molto criticato per non avere le idee chiare su chi avrebbe amministrato la Striscia dopo la sconfitta militare di Hamas, il gruppo palestinese che oggi governa il territorio.
Il piano presentato da Gallant è abbastanza vago per il momento e il ministero della Difesa ha fatto sapere che si tratta di una proposta e non di una politica ufficiale del governo: deve essere ancora discusso dal gabinetto di guerra israeliano, che si è riunito venerdì proprio per parlare di questo tema, per la prima volta dall’inizio della guerra.
Una volta smantellata ogni capacità militare e organizzativa di Hamas, il piano di Gallant prevede che il futuro di Gaza sarà gestito da «quattro pilastri»: una «forza multinazionale» che comprende Stati Uniti, Europa e i paesi arabi moderati e che si occuperà della ricostruzione; un non meglio specificato organismo politico palestinese che si occuperà del governo civile; Israele e l’Egitto, che collaboreranno assieme per la sicurezza dei confini e all’interno della Striscia.
Non è chiaro se l’Egitto o altri paesi arabi moderati sarebbero disposti a collaborare con Israele, e soprattutto non è chiaro quale potrebbe essere l’entità politica palestinese che potrebbe essere messa al governo della Striscia. L’Autorità palestinese, che governa parte della Cisgiordania, è al momento debole e profondamente impopolare tra la popolazione.
In ogni caso, secondo il piano di Gallant Israele si riserverebbe il diritto di operare militarmente all’interno del territorio della Striscia, e di fare in modo che non sorgano «azioni ostili o minacce nei confronti dello stato di Israele».
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Il documento di Gallant sottolinea comunque che non ci sarebbe «nessuna presenza civile israeliana nella Striscia». Questo passaggio è in netta contraddizione con i desideri più volte espressi dall’estrema destra israeliana, e in particolare dal ministro della Sicurezza nazionale israeliana Itamar Ben-Gvir, che si era auspicato un ritorno dei coloni israeliani. I coloni furono mandati via nel 2005 su decisione del governo dell’allora primo ministro di destra Ariel Sharon.
Nel documento non è stato definito quando questa nuova fase potrebbe iniziare, anche perché non è chiaro ancora quanto durerà la guerra.
Gallant, parlando giovedì con i giornalisti ha aggiunto però che nelle prossime fasi della guerra l’esercito israeliano intende adottare un «nuovo approccio» nel nord della Striscia, apparentemente con bombardamenti meno estesi e con operazioni più mirate a colpire i tunnel di Hamas. Nel sud invece Israele continuerà a combattere Hamas «per tutto il tempo necessario».
Gallant non ha fatto alcun riferimento alla popolazione civile di Gaza che negli ultimi mesi è stata costretta a lasciare le proprie case per sfuggire ai bombardamenti israeliani, in particolare spostandosi dal nord della Striscia verso il sud. Per il momento non è stato delineato nessun piano di rientro della popolazione sfollata.
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