Ci sono novità sulla disputa legale per l’eredità di Gianni Agnelli
Riguardano la causa intentata da Margherita Agnelli contro i suoi figli a Torino, e una collezione di opere d'arte molto preziosa
Giovedì la Corte di Cassazione, l’organo più alto in grado della giustizia italiana, ha annunciato di aver respinto l’ordinanza con cui, la scorsa estate, il tribunale di Torino aveva disposto la sospensione della causa intentata da Margherita Agnelli nei confronti dei figli John, Lapo e Ginevra Elkann. La causa riguarda questioni legate all’eredità di Gianni Agnelli e al controllo di alcune società.
A giugno i giudici di Torino avevano accolto una richiesta presentata dai legali degli Elkann, in cui veniva chiesto di interrompere il procedimento in attesa che venissero definiti altri tre procedimenti giudiziari in Svizzera, dove sono in corso da tempo cause sulla stessa materia. La Cassazione ha accolto il ricorso presentato da Margherita Agnelli, chiedendo ai giudici di motivare meglio la loro decisione che in alcuni passaggi risultava poco chiara, e disponendo che la causa debba riprendere entro tre mesi.
La disputa all’interno della famiglia Agnelli, in corso da anni, è tra due parti avverse che da tempo non dialogano più. Da un lato c’è Margherita Agnelli, figlia di Gianni Agnelli, presidente del gruppo Fiat dal 1966 al 1996 e poi presidente onorario fino alla morte, nel 2003. È affiancata nella causa dai figli avuti dal secondo matrimonio con Serge de Pahlen: Maria, Pietro, Sofia, Anna e Tatiana. Il nome di uno di loro non è però presente tra quelli che hanno intentato la causa. Dall’altro lato ci sono i tre figli avuti da Margherita Agnelli con il primo marito, lo scrittore Alain Elkann: John, detto Jaki, attualmente presidente di Stellantis, Lapo e Ginevra.
Oltre a essere piuttosto accesa, la disputa legale è anche intricata. Un altro filone di indagini, infatti, riguarda una serie di opere d’arte che si trovavano in tre proprietà di Gianni Agnelli: Villar Perosa e Villa Frescot, a Torino, e una residenza di famiglia a Roma. Dopo la morte di Gianni Agnelli nel 2003, queste proprietà (e di conseguenza le opere d’arte contenute al loro interno) furono ereditate dalla moglie Marella Caracciolo di Castagneto, la madre di Margherita Agnelli. Si tratta di una collezione molto preziosa e ambita, che comprende quadri di Claude Monet, Pablo Picasso, Giacomo Balla, Giorgio de Chirico, Balthus, Jean-Léon Gérôme, John Singer Sargent, Robert Indiana e Georges Mathieu. Nel 2004 Margherita Agnelli firmò un accordo in cui rinunciava alle quote azionarie del padre in cambio di 1,2 miliardi di euro. In quell’occasione firmò anche un patto successorio con la madre, rinunciando alla sua eredità. Tra i beni ottenuti da Margherita Agnelli ci furono anche le proprietà che Caracciolo aveva ereditato dal marito.
Nel 2019, dopo la morte di Caracciolo, Margherita Agnelli entrò in possesso dei tre immobili, che nel frattempo erano stati concessi in comodato d’uso al figlio John Elkann. Dopo avere effettuato alcune ispezioni il legale di Margherita Agnelli, Dario Trevisan, denunciò al tribunale di Torino che dagli esami della documentazione «risultavano ammanchi di beni di ingentissimo valore di proprietà del padre», tra cui per l’appunto le opere d’arte.
I figli John, Lapo e Ginevra Elkann fecero invece notare che nell’accordo firmato nel 2004 mancava la pagina che conteneva l’inventario dei beni contenuti nell’immobile di Roma. Secondo gli Elkann, la pagina in questione – la 75 – sarebbe stata strappata perché testimoniava che i dipinti fossero di proprietà esclusiva di Caracciolo e non di Gianni Agnelli, e quindi non rientranti tra i beni ereditati da Margherita Agnelli, che nel 2004 aveva rinunciato all’eredità della madre firmando il patto successorio. Gli Elkann sostengono quindi che i quadri debbano passare direttamente ai nipoti.
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Ad agosto del 2023 Margherita Agnelli e l’investigatore privato da lei assunto, Andrea Galli, avevano accusato Giovanni Gabriele Martino e Gennaro Martuscello, titolari di una galleria d’arte a Chiasso, in Svizzera, di avere occultato i dipinti in un cavaeau di loro proprietà, sottoponendo il caso al tribunale di Milano. Le perquisizioni avevano però avuto esito negativo, e i pubblici ministeri Cristian Barilli e Andrea Fusco avevano chiesto l’archiviazione del caso. Giovedì questa richiesta è stata accolta da Lidia Castellucci, gip (giudice per le indagini preliminari) del tribunale di Milano.
Tuttavia, Castellucci ha disposto che venga data esecuzione a due suggerimenti che i legali di Margherita Agnelli avevano inserito nella loro opposizione alla richiesta di archiviazione. I pubblici ministeri Fusco e Barilli dovranno infatti interrogare Paola Montalto e Tiziana Russi, due delle più strette collaboratrici di Marella Caracciolo: le loro testimonianze potrebbero essere rilevanti, perché furono loro a occuparsi della stesura degli inventari dei beni ereditati. Inoltre Fusco e Barilli dovranno consultare tutte le banche dati «competenti», comprese quelle del ministero della Cultura e la piattaforma Sistemi Uffici Esportazione: questi accertamenti potrebbero essere utili per identificare chi avrebbe fatto sparire la collezione.
È uno sviluppo in parte positivo per Margherita Agnelli, anche perché la scorsa settimana il Tar del Lazio aveva negato a un giornalista di Report l’accesso civico generalizzato all’elenco ministeriale delle opere di Agnelli, per via dell’assenza di un «interesse pubblico».
In generale, al centro della disputa sull’eredità di Gianni Agnelli c’è un patrimonio stimato in 4,6 miliardi di euro, ma soprattutto il controllo di Dicembre, che viene definita la “cassaforte” del gruppo Exor. Si tratta di una società attraverso la quale vengono gestite in modo organizzato e unitario tutte le società del gruppo. Per questo la Dicembre, come tutte le società di questo tipo, viene definita cassaforte: è lo strumento al cui interno si trova il cosiddetto “tesoro di famiglia”.
Margherita Agnelli sostiene di essere stata vittima di escamotage ideati dai consulenti della madre Marella Caracciolo di Castagneto, morta nel 2019, per escluderla dall’eredità, prima del padre e poi della stessa Caracciolo. I figli John, Lapo e Ginevra invece accusano la madre di aver rimesso in discussione accordi presi vent’anni fa.