Dieci giorni poco tranquilli in Medio Oriente
Omicidi mirati, bombardamenti e attentati violentissimi stanno facendo aumentare le tensioni tra Iran e Israele, ma non si parla ancora di un'estensione della guerra
Nel giro di dieci giorni, da lunedì 25 dicembre a mercoledì 3 gennaio, i motivi di tensione tra alcuni paesi del Medio Oriente sono aumentati a causa di alcuni eventi specifici, tra cui omicidi mirati, attacchi in mare e attentati violentissimi. Queste tensioni, che hanno riguardato per lo più la rivalità tra Israele e Iran (e i gruppi e le milizie collegate all’Iran), si sono aggiunte a quelle già esistenti a causa della guerra nella Striscia di Gaza tra Israele e Hamas. Al momento comunque la possibilità che la guerra a Gaza si estenda ad altri paesi, come il Libano o perfino l’Iran, rimane remota.
Per capire come si è aggravata la situazione va tenuto a mente un po’ di contesto.
L’Iran sostiene, arma e in parte controlla una serie di milizie e di gruppi armati in numerosi paesi in tutto il Medio Oriente, tra cui Libano, Siria, Iraq e Yemen: tra queste milizie c’è anche Hamas. Il regime iraniano definisce questo insieme di milizie fedeli come il «fronte della resistenza», o l’«asse della resistenza», dove la resistenza è nei confronti di Israele e degli Stati Uniti, i due storici nemici dell’Iran. Dall’inizio della guerra a Gaza tutti questi gruppi hanno aumentato le proprie attività, e hanno organizzato piccoli attacchi o assalti nei confronti di strutture militari israeliane o statunitensi.
Israele finora ha risposto in maniera decisa. Sono ormai quasi quotidiani i bombardamenti tra il confine nord di Israele e il confine sud del Libano, dove opera Hezbollah, un forte gruppo paramilitare libanese armato e sostenuto dall’Iran. Israele ha anche bombardato in più di un’occasione postazioni militari in Siria. Nel frattempo gli Houthi, un gruppo alleato dell’Iran che governa metà dello Yemen, attaccano da mesi le navi israeliane e statunitensi che transitano per il mar Rosso, e da qualche settimana hanno esteso i propri attacchi rendendo molto difficile il transito delle navi commerciali.
In questo contesto di scontri crescenti tra Israele da una parte e l’Iran e i suoi alleati dall’altra si sono inseriti gli eventi degli ultimi dieci giorni.
Il primo è avvenuto il 25 dicembre, quando in un bombardamento su Damasco, la capitale della Siria, l’aviazione israeliana ha ucciso un generale iraniano di alto grado, Sayyed Razi Mousavi. Mousavi era uno dei generali più importanti e anziani delle Guardie rivoluzionarie, la forza militare più potente dell’Iran, ed era il responsabile del coordinamento dell’alleanza militare tra Siria e Iran.
Con l’omicidio mirato di Mousavi, Israele ha colpito per la prima volta dall’inizio della guerra a Gaza un obiettivo legato non a Hamas ma direttamente alla leadership iraniana. Ebrahim Raisi, il presidente iraniano, in quei giorni ha detto: «Israele pagherà sicuramente per le sue azioni».
Nei giorni successivi Israele ha intensificato i bombardamenti sul Libano e sulla Siria. Non sono stati bombardamenti massicci come quelli sulla Striscia di Gaza, ma operazioni limitate a obiettivi militari. I bombardamenti degli scorsi giorni in Libano avevano l’obiettivo di colpire le postazioni di Hezbollah più vicine al confine di Israele, mentre quelli in Siria, presumibilmente, hanno colpito le infrastrutture che l’Iran ed Hezbollah usano per rifornirsi di armi tramite paesi terzi.
L’evento senz’altro più notevole è stato l’omicidio di Saleh al Arouri, uno dei capi politici più importanti di Hamas, che aveva il compito di mantenere i rapporti tra il gruppo radicale e Hezbollah. Arouri è stato ucciso martedì a Beirut, la capitale del Libano, in un bombardamento mirato che ha colpito il suo ufficio in città.
Israele non ha rivendicato ufficialmente l’uccisione di Arouri (come avviene sempre in questi casi) ma è praticamente certo che il bombardamento mirato sia stato fatto dall’aviazione israeliana. L’uccisione di Arouri è notevole anzitutto per l’importanza della sua figura, e poi perché è avvenuta nella capitale libanese, e in particolare nel quartiere di Dahiyeh, che è una delle “roccaforti” di Hezbollah in città. Anche in questo caso sia Hamas sia Hassan Nasrallah, il capo di Hezbollah, hanno detto che Israele sarà punito per l’omicidio.
L’ultimo grosso evento che ha coinvolto l’Iran non riguarda direttamente Israele, ma potrebbe comunque contribuire ad aumentare le tensioni tra i due paesi. Mercoledì nella città iraniana di Kerman due esplosioni hanno ucciso quasi 100 persone, quasi tutti civili, durante le commemorazioni per l’anniversario della morte del generale iraniano Qassem Suleimani. Suleimani era il più potente militare iraniano e una delle persone più influenti di tutto il Medio Oriente: fu ucciso nel 2020 dagli Stati Uniti in un attacco con droni.
Quello di Kerman è stato un attacco terroristico: secondo le ricostruzioni fatte dai media locali, le due esplosioni sono state provocate da bombe fatte esplodere a distanza, a una decina di minuti l’una dall’altra. Il giorno dopo l’attacco l’ISIS ha rivendicato la strage, ma nelle ore successive all’esplosione alcuni politici iraniani, come per esempio alcuni membri del parlamento, avevano cominciato ad accusare Israele, e con ogni probabilità un attacco di queste proporzioni farà aumentare la tensione e il nervosismo all’interno del regime iraniano.
L’insieme di tutti questi eventi mostra abbastanza chiaramente come Israele, dopo quasi tre mesi di bombardamenti e guerra concentrati sulla Striscia di Gaza, stia cominciando a espandere le proprie operazioni militari a obiettivi che ritiene siano legati all’attacco di Hamas del 7 ottobre.
Non è ancora chiaro fino a che punto queste azioni saranno percepite come una provocazione diretta dall’Iran e dai suoi alleati, e fino a che punto potrebbero provocare un’estensione della guerra. Fino a oggi, l’Iran ha mantenuto una posizione piuttosto cauta, nonostante la retorica estremamente bellicosa dei suoi leader: né le sue forze militari né Hezbollah, il più importante dei gruppi armati alleati dell’Iran, sono davvero intervenuti contro Israele, a parte le limitate scaramucce di confine. Non è chiaro al momento se le cose potrebbero cambiare.
– Ascolta anche: Cosa c’entra l’Iran con la guerra a Gaza