Putin vuole trattare un cessate il fuoco con l’Ucraina?
Lo ha sostenuto il New York Times citando fonti diplomatiche, ma sembra che le condizioni che vorrebbe proporre siano praticamente impossibili da accettare
Alla fine di dicembre il New York Times aveva pubblicato un articolo in cui sosteneva che il presidente russo Vladimir Putin, nonostante una retorica pubblica bellicosa, sarebbe stato in realtà pronto a trattare un cessate il fuoco nella guerra in Ucraina. L’articolo diceva che almeno da settembre Putin aveva fatto sapere agli Stati Uniti e ad altri paesi occidentali, usando «intermediari» discreti, che sarebbe stato pronto a interrompere i combattimenti mantenendo l’attuale situazione del fronte, in cui una parte consistente dell’Ucraina orientale è occupata dalla Russia: stiamo parlando del 19 per cento del territorio ucraino.
Non è la prima volta che Putin fa capire in maniere più o meno riservate che la Russia sarebbe pronta ad accettare un cessate il fuoco che confermi le sue grosse conquiste territoriali in Ucraina, ma l’articolo del New York Times è stato parecchio commentato sia per l’importanza del giornale sia per la situazione attuale in Ucraina: la guerra si trova in una fase di stallo e il sostegno politico e militare dell’Occidente si sta indebolendo.
Nonostante le difficoltà ci sono tuttavia alcune ragioni per dubitare della sincerità delle offerte di Putin, e per ritenere che l’Ucraina non accetterebbe un cessate il fuoco alle condizioni proposte dal presidente russo.
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Anzitutto bisogna cercare di capire quali sarebbero queste condizioni. Il New York Times sostiene che Putin sarebbe pronto a un cessate il fuoco in cui la linea del fronte attuale venga “congelata” e la Russia mantenga il territorio ucraino che ha conquistato militarmente. Al contrario di quanto sostenuto dall’inizio della guerra, tra gli obiettivi russi non ci sono più la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» dell’Ucraina (sulla base dell’idea sostenuta dalla propaganda russa che l’Ucraina sarebbe governata da un regime nazista), ma Putin accetterebbe l’esistenza di un’Ucraina sovrana con Kiev come capitale, anche se gravemente menomata a livello territoriale.
Il New York Times cita anche una data per l’accordo, poco prima delle elezioni presidenziali russe di marzo, e sostiene che la propaganda di stato sarebbe perfettamente in grado di presentare un cessate il fuoco come una vittoria della Russia, benché gli obiettivi dell’inizio della guerra fossero molto più ambiziosi.
Questo tipo di soluzione, un congelamento del conflitto, è stato prospettato anche da alcuni analisti, con insistenza crescente negli scorsi mesi, man mano che le difficoltà militari ucraine si facevano più pesanti. Alcuni hanno parlato di un “modello coreano” ricordando come, dopo la guerra di Corea del 1950, tra Corea del Nord e Corea del Sud fu firmato un armistizio ma mai un trattato di pace: le due Coree sono formalmente ancora in guerra, ma hanno trovato un equilibrio che ha consentito di mantenere la pace per decenni.
Il problema di questo tipo di soluzione è che nessun leader politico ucraino, né il presidente Volodymyr Zelensky né i membri dell’opposizione, potrebbe mai accettare un congelamento del conflitto. C’è una ragione politica: accettare di perdere il 19 per cento del proprio territorio dopo che centinaia di migliaia di soldati sono stati uccisi o feriti per difendere il paese sarebbe inaccettabile per gran parte dell’opinione pubblica.
Ma c’è anche una ragione più pratica: con l’oriente del paese occupato dalla Russia, l’Ucraina avrebbe pochissime possibilità di risollevare la propria economia e di diventare la democrazia libera e prospera che sperano i suoi cittadini.
Un congelamento del conflitto allo stato attuale significherebbe che la Russia sarebbe in grado di minacciare l’accesso dell’Ucraina al mar Nero, che è la più importante via commerciale del paese. Inoltre alcune delle più importanti città industriali ucraine, come Zaporizhzhia, Dnipro e Kharkiv, si troverebbero così vicine al fronte da rimanere perennemente sotto la minaccia dell’artiglieria russa. In queste circostanze diventerebbe impossibile per l’Ucraina attirare investimenti stranieri, ripristinare la propria capacità industriale e risollevare la propria economia: con un’ampia parte del proprio territorio controllata dalla Russia e un’altra parte sotto una minaccia perenne, l’economia ucraina è praticamente condannata.
Questo si applica anche alle alleanze internazionali: con parte del proprio territorio occupato, l’Ucraina non ha speranze di entrare né nella NATO né nell’Unione Europea, cosa che, secondo la leadership politica ucraina, le garantirebbe maggiore sicurezza e stabilità economica.
Alcuni analisti notano inoltre che, con un conflitto congelato, la Russia avrebbe modo di riarmarsi, riorganizzarsi e tornare ad attaccare. È già successo nel 2014 quando, dopo l’invasione della Crimea e di parte dell’oriente ucraino, vari paesi occidentali negoziarono un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina, nella speranza di ripristinare lo status quo. La situazione rimase instabile per alcuni anni, finché non crollò definitivamente nel 2022 con l’invasione russa dell’Ucraina. Con un cessate il fuoco, la Russia avrebbe modo e tempo di riorganizzarsi economicamente e militarmente, mentre l’Ucraina rischierebbe di diventare uno stato fallito.
Per questo, ogni tentativo di negoziare un cessate il fuoco alle condizioni della Russia è al momento irricevibile per l’Ucraina. Al tempo stesso, però, l’Ucraina si trova in una situazione piuttosto complicata, sia dal punto di vista militare sia dal punto di vista degli aiuti degli alleati. Sia gli Stati Uniti sia l’Unione Europea, i principali sostenitori della resistenza ucraina, stanno ritardando gli invii di nuove armi e di nuovi aiuti economici principalmente per ragioni di politica interna. L’Ucraina ha ancora qualche mese di autonomia, ma poi la situazione potrebbe diventare disastrosa.