Alla salute!

Brindare con calici o bicchieri è uno dei riti più diffusi per festeggiare il Capodanno, ed è associato agli auguri da millenni

Alcuni uomini durante un brindisi in un ristorante ungherese attorno al 1937
Alcuni uomini durante un brindisi in un ristorante ungherese attorno al 1937 (Sasha/ Hulton Archive/ Getty Images)
Caricamento player

Ci sono posti in cui nelle occasioni speciali bisogna far tintinnare i bicchieri e posti in cui farlo è segno di maleducazione, posti in cui lo si fa guardandosi negli occhi, e mai senza un discorso: in ogni caso, il brindisi è uno dei riti di ospitalità e augurio più comuni in tutto il mondo, soprattutto nelle festività come Capodanno. Molto probabilmente il gesto di alzare calici o bicchieri – quasi sempre pieni di vino o birra – deriva dalle pratiche di devozione rivolte in antichità a dei e imperatori. Quello di farli toccare, invece, secondo alcune ricostruzioni avrebbe avuto ragioni più pratiche.

Lo storico Paul Dickson, autore di un libro dedicato a brindisi, auguri e preghiere, ricorda che nell’Odissea Ulisse beve per ringraziare Achille della sua ospitalità, e che nell’antica Roma farlo era così importante che in Senato bisognava brindare alla salute dell’imperatore prima di ogni pasto. Ma il gesto, dice Dickson, si ritrova in moltissime culture: dagli egizi agli ebrei, dai persiani ai sassoni agli unni.

L’ipotesi più condivisa dagli storici è che il brindisi derivi proprio dalle libazioni, ovvero le offerte rituali di liquidi sacri, come vino, acqua o sangue, che nella religione greco-romana venivano versati sugli altari, in fosse scavate nella terra o dentro alle tombe, per onorare gli dei o celebrare i defunti. In Grecia inoltre durante i banchetti i commensali alzavano le coppe riempite da grosse urne, pronunciando brevi formule di auguri. Da lì l’uso si sarebbe esteso all’antica Roma e sarebbe poi rimasto con l’arrivo del cristianesimo (Treccani fa notare che le libazioni sono citate anche nella Bibbia).

Nel IV secolo dopo Cristo Sant’Ambrogio scriveva che i cristiani brindavano alla memoria di martiri e santi, un’abitudine poi condannata dalla Chiesa, ricorda sempre Treccani. Nel Medioevo e nel Rinascimento, oltre che in Italia, questa consuetudine è attestata sia in Francia che in Germania: il termine deriverebbe peraltro dall’espressione germanica “bring dir’s”, ovvero “io porto a te (il saluto, il bicchiere)”, che sarebbe stata introdotta in Italia dai soldati mercenari svizzeri e tedeschi.

– Magari ti interessa: Cose spiegate bene: A Natale tutti insieme

Secondo il vescovo e scrittore Geoffrey of Monmouth, la prima testimonianza di un brindisi in Gran Bretagna risale al 450 dopo Cristo, in particolare a un banchetto organizzato in onore del re Vortigern da Hengist, suo alleato sassone. Nella Storia dei re di Britannia, scritta attorno al 1135, l’autore scrive che la figlia di Hengist, Rowena, offrì un calice di vino a Vortigern, augurando buona salute al suo signore (“Louerd King, waes hael!”). La tradizione di alzare coppe in onore del re, dei presenti oppure anche degli assenti si diffuse insomma anche nei banchetti del mondo anglosassone, diventando poi una tradizione comune.

Sull’usanza di avvicinare i bicchieri fino a farli toccare invece non ci sono spiegazioni certe, ma sono state fatte alcune ipotesi riconducibili sempre al Medioevo. Una dice che il tintinnio avrebbe permesso, secondo la credenza, di allontanare il diavolo; un’altra che potesse essere un modo per accertarsi di non venire avvelenati. Far toccare due boccali con una certa energia probabilmente avrebbe fatto finire parte del liquido di uno all’altro e viceversa, rischiando di uccidere entrambe le persone che li tenevano in mano, qualora uno dei due fosse avvelenato.

Anche se nei secoli successivi ci fu chi non apprezzava il gesto per le sue origini pagane, come accadde anche all’albero di Natale, il brindisi cominciò a essere visto un po’ come un segno di sincerità e fiducia reciproca tra chi ospitava e chi veniva ospitato.

Un dipinto di August Hermann Knoop (1856–1919) (<a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/File:August_Hermann_Knoop_A_Toast_2.jpg">Wikimedia Commons</a>)

Un dipinto di August Hermann Knoop (1856–1919) (Wikimedia Commons)

Sul perché soprattutto a Capodanno si tenda a bere champagne, o comunque bollicine, ci sono invece pochi dubbi. L’invenzione di quello che è uno dei vini più famosi al mondo è attribuita – seppur con qualche leggenda – al monaco benedettino Dom Pérignon, che nacque nel 1638 nella regione francese della Champagne-Ardenne e selezionò i vigneti più adatti da mettere insieme per realizzare appunto lo champagne. Da allora in Francia questo vino cominciò a essere usato per i brindisi durante gli eventi speciali come incoronazioni, incontri diplomatici e firme di importanti trattati.

– Leggi anche: Breve guida alle bollicine

Come ha detto a Live Science Kolleen Guy, professoressa di Storia all’università cinese Duke Kunshan e autrice di un libro sull’importanza dello champagne per l’identità del paese, dopo la Rivoluzione francese lo champagne diventò una parte integrante dei riti laici che sostituirono quelli religiosi. «Si poteva ‘battezzare una nave’ senza un prete, per esempio, usando ‘l’acqua santa’ dello champagne», ha osservato Guy.

Alla fine dell’Ottocento bere champagne durante le feste era «“una moda affascinante” che si stava diffondendo», ha scritto sempre Guy nel suo libro, citando una fonte dell’epoca. È stato calcolato che con la Rivoluzione industriale la produzione di champagne passò dalle 300mila bottiglie prodotte nel 1800 alle 20 milioni del 1850. L’aumento della produzione, agevolato da costi inferiori, ne permise la diffusione anche all’estero, soprattutto negli ambienti più ricchi.

Dopo la Guerra d’indipendenza americana (1775-1783) negli Stati Uniti brindare era visto più che altro come un gesto patriottico: «Non c’era cena o celebrazione ufficiale completa senza 13 brindisi, uno per ciascuno stato», ha spiegato Dickson. All’inizio la bevanda usata per festeggiare il Capodanno nel paese non era il vino frizzante, ma il wassail, una bevanda calda a base di birra o sidro insaporita con spezie e mele tostate tipica della Gran Bretagna. A inizio Novecento comunque lo champagne cominciò a essere diffuso a Capodanno anche lì, soprattutto grazie al Café Martin, un bar di lusso aperto da due fratelli francesi a New York che offriva decine di tipi di champagne diversi.

Una cartolina tedesca in cui un uomo e una donna brindano all'arrivo dell'anno nuovo, il 31 dicembre del 1904

Una cartolina tedesca in cui un uomo e una donna brindano all’arrivo dell’anno nuovo, il 31 dicembre del 1904 (Hulton Archive/ Getty Images)

Nonostante la parola “brindisi” sia di derivazione germanica, nel tedesco moderno si dice “Toast”, proprio come in inglese, la stessa parola che anche in italiano indica le tipiche fette di pane tostato. Il dizionario inglese della storica società editrice statunitense Merriam-Webster spiega che l’associazione con il bere deriva dall’abitudine diffusa nell’Inghilterra del Seicento di tuffare un pezzo di toast o un crostino nel bicchiere: forse per fare una specie di aperitivo, forse per alterare il gusto e l’odore della bevanda. “Toast” per indicare il “brindisi” deriverebbe quindi dal gesto di alzare un bicchiere che ne conteneva un pezzettino.

A ogni modo la consuetudine è descritta anche da William Shakespeare nella sua opera del 1602 Le allegre comari di Windsor, quando Falstaff ordina al suo seguito Bardolfo: “Vammi a prendere un quarto di bianco; e dentro un crostone caldo”. Il pane non veniva necessariamente mangiato, ma il termine continuò a essere associata al gesto.

A volte al posto delle parole di auguri durante un brindisi si usa dire “prosit”, che deriva dal latino prodesse, “giovare”. Tra le esclamazioni più comuni in Italia però c’è “cin cin”, che sembra derivare dal mandarino “qing qing”. È un’espressione che secondo il professore di Lingua e Letteratura cinese dell’Università La Sapienza di Roma Federico Masini in Italia fu introdotta per la prima volta nella seconda metà del Seicento grazie al resoconto di Lorenzo Magalotti Relazione della China. Può ricordare il suono dei bicchieri che si toccano e anticamente in Cina si usava per riti e brindisi, ma da tempo è caduta in disuso e oggi significa poco, “prego, prego”.

Secondo l’Accademia Italiana di Galateo durante i brindisi non bisognerebbe dire “cin cin”, che a detta del presidente Samuele Briatore è «un’onomatopea con un significato che poco si adatta a un brindisi». Sempre secondo il galateo bisognerebbe evitare di far toccare i bicchieri e ricordare di tenerli dallo stelo, anche per non far scaldare il loro contenuto. La credenza che brindare con chi beve acqua porterebbe sfortuna invece sarebbe legata a un’antica superstizione dei marinai, e quindi alla scaramanzia.

– Leggi anche: Breve guida alle bollicine