Tutti i modi strani che sono stati usati nel basket per tirare i liberi
A due mani dal basso, cambiando mano, partendo da molto sopra la testa con le braccia tese: e poi c'è chi li segnava anche ad occhi chiusi
Il basket è uno sport molto studiato con le statistiche: la sua natura permette di dividere la partita in una successione di singole azioni offensive e difensive. Una di queste statistiche dice che dal 2020 nella NBA, il campionato professionistico americano, ogni cento azioni offensive si tirano in media 22 tiri liberi. In più il 22 per cento delle volte che un giocatore cerca di arrivare a canestro (e non tira quindi da lontano), l’azione si conclude con uno o più tiri liberi, concessi per un fallo del difensore.
Il tiro libero è quindi una parte del gioco molto importante ed è l’unica situazione del basket in cui le interferenze esterne sono ridotte al minimo: c’è solo il giocatore e il canestro. È per questo replicabile, riproducibile e studiabile, tanto che un ingegnere aerospaziale ha condotto uno studio per definire il “tiro libero perfetto”. Dovrebbe essere anche piuttosto facile per giocatori di alto livello, invece per molti diventa un problema: giocatori che spesso sembrano inarrestabili in altre fasi del gioco, come Shaquille O’Neal nel passato e Giannis Antetokounmpo oggi, non riescono a segnarli con regolarità.
Nel tempo molti giocatori hanno provato modi alternativi per arrivare a segnarli con più continuità, abbandonando il metodo classico, che prevede di riproporre la normale tecnica di tiro, con una mano che rilascia la palla e la seconda in appoggio. Jeremy Sochan da circa un anno ha iniziato a tirarli con una mano sola, come avevano fatto in passato altri giocatori, fra cui Don Nelson.
Spesso ad avere maggiori problemi sono i giocatori più alti, i centri e le ali grandi, abituati a tirare da più vicino al canestro e più carenti nei tiri dalla media e lunga distanza.
Chinanu Onuaku, centro della Joventut Badalona (ed ex degli Houston Rockets e della Dinamo Sassari) ha risolto il problema utilizzando una tecnica che non si vedeva dagli anni Settanta, quando la utilizzava Rick Barry, grande giocatore statunitense dalle altissime percentuali ai tiri liberi. Onuaku, come Barry, tira a due mani, dal basso, facendo partire la palla quasi da in mezzo alle gambe.
Mason Plumlee, centro oggi ai Los Angeles Clippers, l’anno scorso dopo un periodo in cui segnava una media di tre tiri liberi su dieci decise di cambiare mano di tiro, passando alla sinistra, e aumentando le sue percentuali di realizzazione.
Altri giocatori nel corso degli anni hanno provato rituali diversi e tecniche poco ortodosse: Joakim Noah, figlio del tennista Yannick e a lungo centro dei Chicago Bulls, faceva uno strano tiro imprimendo una rotazione sul piano orizzontale alla palla, con il movimento di entrambe le mani.
Nella maggior parte dei casi funzionava in modo accettabile (altre volte sbagliava totalmente, mancando anche il ferro), così come la strana tecnica di Bill Cartwright, che portava la palla sopra la testa e da lì la faceva partire in modo inusuale, tenendo le braccia molto tese.
Altri giocatori hanno scomposto il movimento in parti eseguite meccanicamente, con risultati non sempre efficaci.
Alcuni non hanno mai risolto il problema: nel campionato NBA sono ancora ricordate le grandi difficoltà che aveva nel tirarli Shaquille O’Neal, uno dei giocatori più dominanti e vincenti nella storia del basket nordamericano. Le sue difficoltà diedero peraltro il nome a un’altrettanto famosa strategia di gioco, nota come Hack-a-Shaq, che consiste nel commettere intenzionalmente fallo sui giocatori con basse percentuali al tiro libero, in modo da negare loro il canestro su azione con buone probabilità che non segnino nemmeno “dalla lunetta” (come si dice in gergo quando si parla di tiri liberi). Nella seconda gara delle finali NBA del 2000 questa strategia portò O’Neal a tirare 39 tiri liberi in una sola partita.
Un altro giocatore che aveva costanti problemi ai tiri liberi era Dikembe Mutombo, famoso invece per le sue capacità difensive. Michael Jordan, che tirava benissimo anche i tiri liberi, durante una partita per prenderlo in giro ne realizzò uno con gli occhi chiusi, dicendogli: «Hei Mutombo! Questo è per te, baby».
Soprattutto a livello giovanile gli allenatori lavorano spesso per migliorare le tecniche di tiro dei propri giocatori: a questo riguardo qualche mese fa Eric Fawcett, allenatore universitario, notò che nel campionato di basket sudcoreano un numero notevole dei migliori realizzatori tirava i liberi unicamente facendo rimbalzare la palla sul tabellone. Nel campionato sudcoreano le percentuali realizzative di un numero insolitamente alto di giocatori è sopra l’80 per cento (i migliori in NBA sono all’incirca fra l’80 e il 90 per cento).
Interesting trend from the Korean Basketball League where a number of players are 80%+ from the free throw line shooting exclusively bank shots. pic.twitter.com/OBKmVW3pfa
— Eric Fawcett (@EricFawcett_) August 31, 2023