In Brasile è entrata in vigore una legge che limita fortemente i diritti delle popolazioni indigene
Giovedì in Brasile è entrata in vigore una controversa legge che limita la protezione delle terre appartenenti alle popolazioni indigene. La legge si basa sul principio del “limite temporale”, una tesi secondo cui le popolazioni indigene brasiliane non possono reclamare diritti esclusivi su terreni che non occupavano fisicamente, oppure su cui non era in corso una disputa legale, prima del 1988, anno in cui entrò in vigore la costituzione del Brasile.
In base alla legge verranno quindi annullate decine di ricorsi presentati dalle popolazioni indigene negli ultimi decenni per la tutela delle loro “terre ancestrali”: quando un’area viene riconosciuta come tale, le popolazioni che ci abitano ottengono il diritto di proprietà e i diritti di sfruttamento esclusivi delle sue risorse. La legge permetterà quindi l’avvio di progetti per la costruzione di strade, dighe e miniere, cambiando radicalmente quei luoghi e aggravando la deforestazione già in atto in diverse parti del paese.
La decisione di imporre un limite al 1988 è stata molto criticata perché prima di quell’anno molte popolazioni indigene non avevano ancora avuto alcun contatto con il governo federale, e in molti casi erano già state cacciate dai propri territori ancestrali proprio dai governi brasiliani, soprattutto durante i 21 anni della dittatura militare finita nel 1985. Non avevano insomma avuto alcuna occasione di avviare una battaglia legale per reclamare quei territori.
A settembre la Corte Suprema del Brasile aveva espresso un parere contrario alla legge, ma il parlamento l’aveva approvata lo stesso una settimana dopo. Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva (di sinistra) aveva posto il veto su gran parte del contenuto della legge, ma il veto era stato a sua volta parzialmente annullato dal parlamento. Anche diversi parlamentari dei partiti al governo si erano opposti al veto presidenziale, fra cui il ministro dell’Agricoltura, Carlos Fávaro. La ministra dei Popoli indigeni, Sônia Guajajara, ha detto invece che farà ricorso alla Corte Suprema per chiedere l’annullamento della legge.