Lo scontro in Polonia sul controllo dei media pubblici
Il governo di Donald Tusk ha nominato una dirigenza tutta nuova, ma la vecchia sostenuta dall'estrema destra non vuole andarsene
Dal 21 dicembre in televisione, radio e agenzia di stampa pubbliche in Polonia hanno nuovi dirigenti, nominati dal governo del primo ministro europeista e di centrodestra Donald Tusk. Il controllo dei media si sta trasformando nel principale tema di scontro politico nel paese, che vede contrapposti Tusk e il presidente della Repubblica, Andrzej Duda. I media statali hanno attualmente tre direttori e due diverse dirigenze, che considerano illegittime quelle rivali.
Il primo ministro Tusk era stato per anni il principale leader dell’opposizione al governo di Diritto e Giustizia (estrema destra), che aveva trasformato la Polonia in un paese semi-autoritario con forti limitazioni dell’indipendenza della magistratura e dei media e drastiche riduzioni nei diritti civili di donne, minoranze e stranieri. Le opposizioni hanno vinto le elezioni dello scorso ottobre con un risultato superiore alle aspettative, e poi hanno formato un governo sostenuto da una variegata maggioranza.
La riforma del sistema mediatico polacco è uno dei principali obiettivi del nuovo governo (gli altri riguardano il sistema giudiziario, la sicurezza e i diritti): dal 2015 il governo di Diritto e Giustizia aveva progressivamente ridotto la libertà d’informazione, aumentando fortemente il controllo sui media pubblici e trasformandoli in una sorta di organo ufficiale del partito di governo e in uno strumento di propaganda. In una delle prime decisioni dopo aver assunto gli incarichi di governo, Tusk ha licenziato i dirigenti della televisione pubblica TVP, della radio Polskie Radio e quelli dell’agenzia di stampa pubblica Polska Agencja Prasowa (PAP).
Il governo ha quindi nominato nuovi dirigenti: il nuovo presidente della televisione pubblica è Tomasz Sygut, che è diventato immediatamente operativo. Sostenitori ed esponenti di Diritto e Giustizia stanno però provando a resistere. Alcuni hanno occupato per giorni gli studi e le redazioni della televisione, mentre la dirigenza licenziata ha nominato un direttore alternativo della televisione pubblica, Maciej Łopiński. Il Consiglio Nazionale dei media, un ente sempre controllato da Diritto e Giustizia, ha nominato un terzo presidente, Michał Adamczyk.
Nominato dal nuovo governo, Sygut è quello effettivamente operativo, ma è ritenuto illegittimo dagli altri.
Lo scontro è passato a un livello istituzionale sabato, quando il presidente Andrzej Duda ha deciso di porre il veto sul piano di Bilancio per il 2024 approvato dal governo Tusk. Duda è un ex parlamentare di Diritto e Giustizia, e il suo ruolo di presidente è stato in questi anni più spesso quello di una figura politica legata alla vecchia maggioranza che di una figura indipendente ed equidistante.
Duda ha posto il veto e ha detto di voler presentare personalmente un piano di bilancio alternativo. La legge di Bilancio prevedeva uno stanziamento di oltre 760 milioni di euro per i media pubblici, ritenuto necessario per completarne la profonda riforma: la cifra non era troppo lontana da quelle stanziate dai governi negli anni precedenti.
La decisione di Duda è stata molto attaccata dal governo Tusk: il veto blocca anche un aumento degli stipendi degli insegnanti pubblici, misura molto attesa e popolare. Lo scontro istituzionale con il presidente della Repubblica era uno scenario piuttosto prevedibile: Duda è molto fedele a Diritto e Giustizia ed è stato protagonista della svolta semi-autoritaria voluta dall’ex primo ministro Mateusz Morawiecki. Il nuovo governo troverà probabilmente anche l’opposizione della Corte Costituzionale, la cui composizione è cambiata molto negli ultimi anni, a causa delle nomine di nuovi giudici vicini al partito di estrema destra allora al governo, con pratiche molto contestate.
La riforma dei media attuata dal nuovo governo di Tusk però non è stata criticata solo da esponenti di Diritto e Giustizia, perché ha seguito procedure non sempre totalmente coerenti con le leggi del paese. Il governo ha chiuso in modo repentino e definitivo il canale televisivo all-news, ha cancellato alcuni programmi e l’accesso a parte degli archivi.