La Cina vuole tenersi le terre rare
Sono metalli di cui ha il sostanziale monopolio, ma tutto il mondo ne ha bisogno per chip e transizione energetica: è un problema
Nel mese di dicembre la Cina ha introdotto alcune limitazioni per le esportazioni che riguardano le terre rare: sono un gruppo di 15 metalli che sono particolarmente necessari per il settore tecnologico (hanno un ruolo fondamentale nella costruzione dei microchip e di vari componenti) e per la transizione energetica (servono per esempio nella produzione delle batterie dei veicoli elettrici). Da inizio dicembre è in vigore il divieto di esportare tutto ciò che riguardi la tecnologia usata per la loro estrazione e separazione dai minerali in cui si trovano. A fine mese poi il governo cinese ha vietato anche l’esportazione di tecnologia per produrre determinati tipi magneti per cui si usano proprio le terre rare e che sono indispensabili per la produzione dei veicoli elettrici e pale eoliche, tra le altre cose.
Queste misure sono le ultime di una lunga serie di restrizioni sulle terre rare, elementi che hanno questo nome perché in passato si riteneva fossero contenuti solo in minerali rari, in realtà piuttosto abbondanti. Da anni hanno assunto un ruolo centrale nella competizione tecnologica tra la Cina e gli Stati Uniti, e secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia la Cina è responsabile di circa il 60 per cento dell’estrazione di terre rare, una quota che però sale quasi al 90 per quanto riguarda il prodotto finito dopo la lavorazione e la raffinazione. Di fatto la Cina ha il monopolio delle terre rare, e limitandone le esportazioni cerca di preservare la propria superiorità e di mantenere uno strumento di pressione sulle economie rivali.
Il governo cinese sostiene di aver introdotte queste limitazioni per questioni di sicurezza nazionale e interesse pubblico. È una motivazione che ha avanzato sempre più spesso nell’ultimo anno per giustificare provvedimenti di questo tipo. Tutti questi divieti si inseriscono però nel contesto di una guerra commerciale che va avanti da tempo tra Cina e Stati Uniti: i due paesi continuano a limitare l’esportazione di tecnologia e materie prime ritenute strategiche per non fornire capacità tecnologiche all’altra parte.
Gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono da tempo preoccupati per l’eccessiva dipendenza del mondo dalla Cina per l’acquisto di terre rare e di molti altri materiali necessari per la produzione tecnologica. L’Agenzia Internazionale per l’Energia prevede che la domanda globale di terre rare aumenterà fino a sette volte entro il 2040, proprio perché sarà sostenuta dalla necessità degli stati di garantire la transizione energetica. Per i governi è dunque particolarmente importante garantire che questi materiali siano disponibili e c’è la necessità di liberarsi della dipendenza dalla Cina.
Per questo sia Stati Uniti che Unione Europea si sono impegnati per aumentarne la produzione fuori dalla Cina: dal 2015 al 2022 è aumentata di quattro volte, raggiungendo le 90mila tonnellate all’anno. Ma la Cina ha comunque mantenuto il suo dominio e nel frattempo ha raddoppiato la propria produzione, arrivando a 200mila tonnellate.
Aumentare la produzione di terre rare è comunque un obiettivo complesso: secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia servono più di 15 anni per sviluppare progetti minerari che portino dalla scoperta dei giacimenti alla prima produzione. Questo solleva alcuni dubbi su quanto velocemente l’Occidente potrebbe essere in grado di emanciparsi dalle forniture cinesi di terre rare. Anche alla luce del fatto che la Cina sta limitando l’esportazione di tecnologia necessaria a sviluppare questi settori, su cui vuole mantenere il monopolio di fatto.
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Quest’anno la Cina ha notevolmente inasprito le regole per le esportazioni anche di altri metalli: da agosto ha imposto dei limiti per la vendita verso l’estero di gallio e germanio, due metalli necessari per la produzione di semiconduttori. I semiconduttori sono utili a loro volta per la produzione di microchip, componenti fondamentali in moltissimi prodotti tecnologici di uso quotidiano, come computer e smartphone, così come qualsiasi altro apparecchio che abbia almeno una parte elettronica, tra cui le automobili.
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