Chi era Santo Stefano

E perché la tradizione cristiana lo celebra il 26 dicembre, subito dopo Natale

Un dipinto di Santo Stefano attribuito al pittore Carlo Crivelli e conservato alla National Gallery di Londra (Wikimedia/National Gallery)
Un dipinto di Santo Stefano attribuito al pittore Carlo Crivelli e conservato alla National Gallery di Londra (Wikimedia/National Gallery)

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Come accade per il Natale, anche nel giorno di Santo Stefano non si celebra l’anniversario di un evento storico: il 25 dicembre è una data scelta per ricordare la nascita di Gesù e cristianizzare le feste pagane che si celebravano nell’Impero Romano, mentre il giorno successivo, il 26, è stato scelto simbolicamente per celebrare Santo Stefano. La tradizione cristiana lo considera infatti il primo martire della storia, cioè la prima persona disposta a morire per la sua fede in Gesù Cristo. La vicenda di Stefano, di cui è difficile ricostruire l’effettiva storicità, fu in parte raccontata negli Atti degli Apostoli, un testo contenuto nel Nuovo Testamento.

A quanto si racconta Stefano era un diacono cristiano che visse a Gerusalemme nel primo secolo d.C., e fu scelto dagli apostoli come primo dei sette diaconi che dovevano provvedere ai bisogni delle persone povere e degli orfani delle comunità cristiane. Stefano divenne presto un predicatore cristiano che tentava di convertire gli ebrei che arrivavano a Gerusalemme. Per questo attirò l’attenzione dei farisei, un gruppo politico e religioso molto potente: condotto al tribunale religioso, il sinedrio, Stefano non ritrattò le sue convinzioni religiose e per questo fu ritenuto colpevole di blasfemia e condannato a morte per lapidazione.

Il modo in cui i farisei eseguirono la condanna a morte è considerata un’informazione importante per datare gli eventi. Durante l’occupazione romana, infatti, le condanne a morte venivano eseguite per crocifissione, e non per lapidazione. Qualche storico si è azzardato a supporre che questa discrepanza abbia un senso storico: ai tempi di Pilato, il governatore della Giudea nella prima metà del primo secolo d.C., il sinedrio non aveva il diritto di condannare a morte un uomo, quindi Stefano deve essere morto dopo, in un periodo di interregno tra un procuratore e l’altro. Pilato venne effettivamente sollevato dall’incarico nel 36 tra le proteste: non per avere consentito l’uccisione di Gesù, ma per avere represso una rivolta nel sangue.

Non è detto, ovviamente, che le cose siano andate così: forse Stefano fu semplicemente vittima di un linciaggio, forse l’intenzione dei sacerdoti non era ucciderlo, e la cosa scappò di mano.

Il culto di Stefano divenne popolare a partire dal quinto secolo d.C., quando le sue presunte reliquie cominciarono a riempire diverse chiese: il cranio andò alla basilica di San Paolo fuori le mura, a Roma, tranne qualche frammento che si trova a Putignano, in provincia di Bari. Un braccio alla chiesa romana di Sant’Ivo alla Sapienza, un altro braccio in quella di San Luigi dei Francesi, un altro ancora a Santa Cecilia in Trastevere, uno ancora a Capua, in provincia di Caserta: evidentemente qualche braccio non era suo.

Jacopo da Varazze, vescovo e agiografo che visse nel tredicesimo secolo, sostenne che in un primo momento la ricorrenza di Santo Stefano si festeggiava nello stesso giorno del ritrovamento delle presunte reliquie, il 3 agosto. Poi si decise di spostarla a fine dicembre, quando cioè la tradizione cristiana ricorda altre figure ritenute molto vicine a Gesù Cristo, come San Giovanni evangelista (che si celebra il 27 dicembre).