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  • Venerdì 22 dicembre 2023

Contare i morti palestinesi è sempre più difficile

Secondo Hamas sono più di 20mila le persone uccise nella Striscia dall'inizio della guerra, ma il numero potrebbe essere molto superiore

Alcune persone palestinesi con i cadaveri dei morti in un bombardamento israeliano a Khan Younis (AP Photo/Mohammed Dahman)
Alcune persone palestinesi con i cadaveri dei morti in un bombardamento israeliano a Khan Yunis (AP Photo/Mohammed Dahman)
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Venerdì il ministero della Salute della Striscia di Gaza (cioè Hamas) ha annunciato che le persone uccise dall’inizio della guerra nella Striscia hanno superato le 20 mila (sono 20.057). Anche se il ministero non fa distinzioni, si ritiene che siano per la maggior parte civili. Il conteggio viene fatto tramite una rete di contatti e di uffici presenti negli ospedali e negli obitori ed è generalmente ritenuto piuttosto affidabile, anche dalle autorità occidentali.

Dopo oltre due mesi di guerra, però, l’infrastruttura che consentiva di fare conteggi abbastanza precisi sta venendo meno: gli ospedali sono in gran parte chiusi o soltanto parzialmente attivi, e gli obitori lavorano molto oltre il normale, con un personale ridotto e in condizioni proibitive. Soprattutto nel nord della Striscia, che è in gran parte occupato dall’esercito israeliano e dove le autorità palestinesi sono fuggite, riuscire a contare e riconoscere i morti è diventato estremamente complicato, e in alcuni casi impossibile.

Prima che il sistema saltasse, ciascun ente compilava un elenco dei cadaveri la cui identità era riconosciuta e lo inviava a un ufficio del ministero, che metteva assieme tutti i dati. Questo sistema ha retto piuttosto bene nella prima fase della guerra, ma la situazione delle strutture sanitarie è ormai così disastrosa da rendere impossibile continuare a garantire un conteggio preciso.

Reuters ha raccontato cosa sta succedendo nell’obitorio dell’ospedale Nasser di Khan Yunis, la principale città del sud, dove medici e volontari lavorano in condizioni proibitive: molti di loro non hanno abbastanza cibo o acqua nemmeno per loro stessi o per le loro famiglie, e i corpi che arrivano sono così numerosi che si accumulano nelle celle frigorifere. I cadaveri che non vengono identificati immediatamente non possono essere seppelliti e rimangono nell’obitorio anche per settimane. All’inizio di dicembre è arrivato all’obitorio il cadavere del direttore della struttura: era stato ucciso in un bombardamento israeliano.

Ma la situazione più complessa è quella del nord della Striscia, dove secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) non c’è più un solo ospedale funzionante. Dei 36 ospedali presenti nel territorio prima dell’inizio della guerra, soltanto nove sono ancora aperti, ma si trovano tutti a sud e funzionano soltanto parzialmente. Centinaia di medici e altri operatori sanitari sono stati uccisi nei bombardamenti, cosa che rende ulteriormente complicato il lavoro.

Questo fa sì che i dati sulle persone morte nel nord della Striscia di Gaza arrivino in maniera saltuaria e incompleta, a causa della devastazione delle strutture sanitarie: gli stessi funzionari dell’ufficio che si occupa di compilare l’elenco dei morti, che inizialmente si trovavano nell’ospedale al Shifa nella città di Gaza, sono stati costretti a scappare all’arrivo dell’esercito israeliano, e adesso si sono ricollocati a Khan Yunis.

Per questo, l’OMS ritiene che il numero dei morti sia ormai sottostimato, anche se è impossibile sapere di quanto. Al conteggio mancano poi i cadaveri che non sono mai stati portati negli ospedali, quelli che è impossibile identificare e quelli (non si sa quanti) che si trovano ancora sotto le macerie degli edifici distrutti dai bombardamenti.