L’Angola lascerà l’OPEC per via di disaccordi sulle quote di produzione di petrolio
Il ministro delle Risorse minerali dell’Angola, Diamantino Pedro Azevedo, ha detto che il paese lascerà l’OPEC, un’organizzazione che riunisce i più importanti paesi esportatori di petrolio, per via di disaccordi con gli altri membri sulle quote di esportazione del greggio. A giugno un accordo fra i vari paesi aveva assegnato all’Angola una quota di esportazione ridotta a favore di quella degli Emirati Arabi Uniti, che invece era aumentata. La decisione rifletteva il fatto che negli ultimi anni la produzione di petrolio in Angola è diminuita considerevolmente, per l’esaurimento progressivo dei giacimenti petroliferi e per i problemi con le infrastrutture sempre più obsolete. Ma il governo del paese non ha accettato di ridurre la propria quota di esportazione, cosa che implicherebbe una riduzione delle entrate, ed è uscito dall’organizzazione.
Uscendo dall’OPEC l’Angola potrà continuare con l’attuale produzione di petrolio, che è di 1,14 milioni di barili al giorno. L’accordo al centro dei dissidi l’avrebbe ridotta a 1,10 milioni. La produzione di tutti i paesi dell’OPEC attualmente è di 28 milioni. L’Angola, un paese dell’Africa meridionale di 33 milioni di abitanti e grande circa quattro volte l’Italia, era entrata nell’organizzazione nel 2007. Non è il primo membro a lasciare il gruppo: nel 2009 era uscita l’Indonesia, nel 2019 il Qatar e nel 2020 l’Ecuador.
L’OPEC spesso stabilisce di aumentare o diminuire le esportazioni per manipolare il prezzo del petrolio così da favorire gli interessi dei propri membri. Spesso decide di limitare la produzione: diminuendo l’offerta, il prezzo di ogni barile di petrolio tende ad aumentare.