Come mai la bandiera bianca è un simbolo di resa
Fa parte del diritto internazionale umanitario dall'inizio del Novecento, ma si ritiene che la sua origine risalga ai primi secoli dopo Cristo
Le prime indagini sulla morte dei tre ostaggi uccisi per sbaglio dall’esercito di Israele nella Striscia di Gaza il 15 dicembre dicono che i soldati hanno sparato contro di loro nonostante stessero sventolando una bandiera bianca improvvisata e fossero a petto nudo. La bandiera bianca è usata a livello universale per far capire che ci si vuole arrendere o si è estranei a un conflitto, ed è un simbolo citato esplicitamente nel diritto internazionale umanitario: anche se la sua origine è incerta, ci sono testimonianze in cui si dice che veniva utilizzata con questi scopi fin dai primi secoli dopo Cristo.
Conosciuta soprattutto come simbolo di accettazione della sconfitta in guerra, la bandiera bianca, o anche solo un pezzo di stoffa di questo colore, si usa per segnalare al nemico la richiesta di una tregua o trattative; allo stesso tempo generalmente chi la mostra indica di essere disarmato, o comunque di non essere nelle condizioni di difendersi o sostenere l’offensiva del nemico, come suggerisce appunto l’espressione “alzare bandiera bianca”.
La prima testimonianza scritta relativa a una bandiera bianca usata per arrendersi risale al periodo della dinastia Han orientale (o posteriore), che governò la Cina tra il 25 e il 220 dopo Cristo, ma si trova un riferimento simile anche nell’antica Roma. Nelle Historiae pubblicate nel 109, infatti, Cornelio Tacito racconta che nella guerra civile combattuta quarant’anni prima i vitelliani sotto assedio a Cremona comunicarono l’intenzione di arrendersi mostrando «veli e bende» bianche alle legioni di Marco Antonio Primo: in base alle informazione arrivate fino a noi, in precedenza invece i soldati romani erano soliti arrendersi mettendo i propri scudi sopra la testa.
Si ritiene che la tradizione di usare una bandiera o comunque qualcosa di bianco come simbolo di resa si sia poi diffusa più o meno in parallelo sia in Occidente che in Oriente.
In un libro dedicato alle guerre nel Medioevo, lo storico Maurice Hugh Keen spiega che nell’antica provincia dell’Angiò, nel nord-ovest della Francia, i messaggeri portavano bandiere bianche come segnale di tregua, ma anche bacchette bianche per segnalare la propria immunità dalla guerra. Al tempo stesso i prigionieri di guerra e le persone che non dovevano essere attaccate a volte inserivano un pezzo di carta bianca sul loro copricapo. «Probabilmente però il segnale più comune di tregua» da parte delle guarnigioni, continua Keen, era mostrare un bastone bianco, che serviva per non essere attaccati in territorio ostile.
Sembra che anche in Asia le cose funzionassero un po’ allo stesso modo. A metà Cinquecento il cronista portoghese Gaspar Correia per esempio scrisse che alla fine del secolo precedente lo zamorin di Calicut (il titolo con cui venivano chiamati i principi hindu nel sud-ovest dell’attuale India), inviò a Vasco da Gama dei negoziatori con «un pezzo di tela bianco attaccato a un bastone» come «segno di pace».
Tela e tessuti erano comuni un po’ ovunque, e bandiere o piccoli drappi potevano essere improvvisati anche in situazioni di emergenza. Secondo la vessillologia (cioè lo studio delle bandiere) il colore invece poteva dipendere sia dal fatto che fino all’epoca moderna le tinture erano molto costose, sia dal fatto che il bianco era facile da distinguere nella gran parte dei paesaggi naturali, così come tra i vessilli portati in battaglia.
Un altro testo in cui viene citata la bandiera bianca è De iure belli ac pacis, scritto nel 1625 dal filosofo, giurista e teologo olandese Ugo Grozio e considerato fondamentale per la formulazione del diritto internazionale moderno. Era il periodo delle guerre di religione in Europa, e secondo Grozio (il cui nome non italianizzato era Hugo de Groot) la bandiera bianca era «un segno, a cui l’uso ha attribuito un significato»: in particolare «un tacito segno di richiesta di colloquio», che doveva essere inteso «come obbligatorio, come se fosse stato espresso a parole».
Prima della Rivoluzione francese e dell’introduzione del Tricolore blu, bianco e rosso, inoltre, in Francia si usava la bandiera bianca come simbolo di purezza ma anche di comando militare, a volte decorata con fiordalisi, se in presenza del re. Serviva per distinguere le truppe francesi da quelle straniere ed evitare il fuoco amico.
Circa un secolo dopo il simbolo fu infine formalizzato nell’Articolo 32 delle Convenzioni dell’Aia del 1899 e del 1907, che assieme alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e ai successivi Protocolli aggiuntivi sono la base del diritto internazionale umanitario. L’articolo specifica che chi si presenta con una bandiera bianca è «autorizzato da uno dei belligeranti a entrare in trattative con l’altro» e «ha diritto all’inviolabilità», assieme a chi lo accompagna.
Le Convenzioni dell’Aia in particolare vietano di usare in maniera indebita la bandiera bianca (definita “parlamentare”), così come «uccidere o ferire un nemico il quale, avendo deposto le armi, oppure non avendo più i mezzi per difendersi, si è arreso a discrezione». Ciononostante, in passato è capitato che siano state attaccate e uccise persone che ne avevano mostrata una, come è successo appunto nella Striscia di Gaza, per errore o meno. Accadde per esempio a diverse tribù di Nativi americani nell’Ottocento, ad alcuni membri del gruppo terroristico delle Tigri Tamil nel 2009 in Sri Lanka e in altre occasioni sempre in Palestina.
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