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  • Mercoledì 20 dicembre 2023

Il più grande mercato equo e solidale d’Europa è in difficoltà

È il Banco di Garabombo di Milano: ha rischiato di saltare per gli aumenti dei costi e ha avviato una campagna per riuscire a pagare tutte le spese

(Banco di Garabombo)
(Banco di Garabombo)
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A Milano, nel grande piazzale della fermata della metropolitana Pagano, dal 4 novembre c’è un tendone bianco che ospita il Banco di Garabombo, un mercato del commercio “equo e solidale”, cioè che ha l’obiettivo di garantire ai produttori un compenso più alto rispetto al mercato tradizionale e il rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori nei luoghi di produzione.

Sotto il tendone, in uno spazio di 450 metri quadrati ben riscaldato, si vendono generi alimentari, caffè e zucchero, ceramiche, cosmetici e vestiti prodotti da piccole cooperative di artigiani e contadini in Africa, Estremo Oriente e Sud America. Su alcune confezioni è impresso il marchio Fairtrade, che certifica la sostenibilità ambientale e sociale della produzione. Su altre c’è quello di Equo Garantito, che è invece il certificato di garanzia delle organizzazioni del commercio equo e solidale in Italia. Alcuni banchi propongono anche pasta e olio provenienti dai terreni confiscati alle mafie nel Sud Italia, passate di pomodori raccolti in aziende che aderiscono a una rete contro il caporalato e libri sui temi dell’economia alternativa.

Il Banco di Garabombo è il più grande mercato equo e solidale d’Europa, dove questo tipo di iniziative è diffuso soprattutto nei paesi del Nord. Prende il nome da un personaggio di un romanzo dello scrittore peruviano Manuel Scorza: un contadino che si batte contro l’espropriazione forzata delle terre utilizzando la capacità di rendersi invisibile. Nel 1997 si svolse la prima edizione con poche bancarelle, che furono sistemate lungo corso Garibaldi e qualche giorno dopo spostate in largo Cairoli: da allora è cresciuto di anno in anno. Fino al 2000 si svolse in piazza Oberdan e nel 2001 traslocò nel piazzale della metro Pagano, dov’è rimasto fino a oggi.

Nel 2012 l’allora sindaco Giuliano Pisapia, di centrosinistra, lo riconobbe come «manifestazione tradizionale milanese di interesse civico», al pari della fiera degli oh bej! oh bej!, il mercatino tipico natalizio che si svolge dal 7 dicembre, giorno del patrono di Milano, Sant’Ambrogio.

Quella del 2019 fu l’edizione più partecipata, con oltre 100mila visitatori, stimati in base agli scontrini emessi. Nel 2020 il Banco di Garabombo venne cancellato per la prima volta a causa della pandemia da coronavirus. Le due edizioni successive si svolsero con numeri ridotti, a causa delle restrizioni legate alle misure per limitare il contagio, come gli ingressi contingentati e il divieto di vendere prodotti non confezionati.

Quest’anno ha rischiato di saltare di nuovo per l’aumento dei costi per il noleggio e l’allestimento del tendone, delle bollette dell’energia elettrica e del riscaldamento, e perché il Comune di Milano ha aumentato il canone unico per l’occupazione di suolo (CUP) da 33mila a 87mila euro. Gli organizzatori, cioè la cooperativa Chico Mendes, la cooperativa Librerie in piazza e Radio Popolare, ritenevano la cifra troppo alta per un settore già in difficoltà.

Negli ultimi dieci anni hanno chiuso alcune decine di negozi equi e solidali, nei supermercati e nei negozi biologici le vendite sono calate a causa dell’inflazione e il fatturato complessivo è passato dai 78 milioni di euro del 2011 ai 67 milioni del 2021, secondo i dati diffusi dall’associazione Equo Garantito, che rappresenta 82 organizzazioni del commercio equo e solidale. Per questo anche il Banco di Garabombo ha più difficoltà che in passato a sostenere le spese, che sono in continuo aumento e quest’anno ammontano in totale a circa 100mila euro.

«Ci siamo trovati a dover scegliere se annullare il mercato milanese, rischiando di chiudere il bilancio in passivo perché avremmo perso gran parte delle vendite natalizie che per noi rappresentano un terzo di quelle di tutto l’anno» dice Stefano Magnoni, presidente della cooperativa Chico Mendes. «Oppure mantenerlo, pur sapendo che gli incassi con grande probabilità non sarebbero riusciti a coprire tutti i costi».

Alla fine gli organizzatori hanno deciso di confermarlo, chiedendo al Comune di Milano di ridurre il canone e avviando una campagna per la raccolta di fondi. In una lettera diffusa sul loro sito, scrivono che il Banco di Garabombo «ha avuto un aggravio imprevisto dei costi di organizzazione che sfiora i 100mila euro. Questo è dovuto in parte all’inflazione (sui costi di energia e dei servizi di noleggio e allestimento), ma in maniera ancor più significativa pesa l’aumento del 250 per cento del costo del suolo pubblico (CUP), che è arrivato a 87mila euro».

Il 6 dicembre il consiglio comunale ha votato un emendamento, presentato da Valerio Pedroni del Partito Democratico, al regolamento comunale che era stato approvato a dicembre del 2022. La nuova norma riduce dell’80 per cento la tassa sull’occupazione di suolo pubblico per le iniziative delle organizzazioni del terzo settore, cioè quelle senza scopo di lucro, riportando il canone alle cifre degli anni precedenti. La riduzione però non è retroattiva ed entrerà in vigore solo dal prossimo anno.

Nel frattempo la cooperativa Chico Mendes  ha dovuto pagare in anticipo la tassa per poter montare il tendone. Le fondazioni Cariplo e Vismara si sono impegnate a contribuire al pagamento delle spese, per una cifra che dovrebbe coprirne circa la metà. La mattina del 4 novembre il Banco di Garabombo è stato inaugurato e rimarrà aperto fino al 7 gennaio, tutti i giorni dalle 9 del mattino alle 8 di sera.

Gli organizzatori dicono che nel mese di novembre gli acquisti sono aumentati del 20 per cento rispetto all’anno scorso. La direttrice commerciale Stefania Pioli lo definisce «un bel segnale», frutto anche dell’appello degli organizzatori a sostenere il Banco di Garabombo facendo acquisti al tendone, anche se «saranno decisivi gli ultimi dieci giorni, quelli tra Natale e la Befana, nei quali di solito si concentra metà del fatturato».