• Italia
  • Mercoledì 20 dicembre 2023

La Cassazione dice che l’assegno di divorzio deve tenere conto anche della «convivenza prematrimoniale»

Lo ha stabilito una sentenza che potrebbe cambiare molte cose: finora l'assegno si calcolava solo sulla base della durata del matrimonio

(ANSA/JESSICA PASQUALON)
(ANSA/JESSICA PASQUALON)
Caricamento player

Lunedì la Corte di Cassazione, l’organo più alto in grado della giustizia italiana, ha pubblicato una sentenza in cui ha stabilito che, nel calcolare l’ammontare dell’assegno di divorzio, il giudice deve tenere conto non soltanto del periodo di tempo successivo al matrimonio, ma anche della «convivenza prematrimoniale» della coppia. Le sentenze della Cassazione hanno un ruolo importante nell’interpretazione delle leggi e vengono spesso usate dai giudici come orientamento per decidere su altri casi simili: d’ora in poi questa nuova sentenza sarà usata spesso come riferimento nelle cause di divorzio, e potrebbe quindi avere molte conseguenze.

La sentenza giudicava il caso di una donna che aveva chiesto di includere nel suo assegno di divorzio il periodo in cui aveva convissuto con il proprio compagno prima del matrimonio, durante il quale non aveva lavorato ed era nato il loro primo figlio: quel periodo era durato 7 anni, dal 1996 al 2003. La Corte d’Appello di Bologna aveva respinto la sua richiesta, spiegando che la donna aveva lasciato il lavoro già prima di sposarsi, e che aveva scelto di rinunciarci «per l’agiatezza che proveniva dalla sua famiglia d’origine, non per essersi dedicata interamente alla cura del marito e del figlio».

In breve, secondo quanto aveva stabilito la Corte d’Appello (il secondo grado di giudizio della giustizia italiana), per calcolare l’assegno di divorzio avrebbe dovuto essere valutata soltanto la durata del matrimonio, e non il fatto che la donna avesse deciso di lasciare il lavoro durante il periodo di convivenza prematrimoniale.

– Leggi anche: La legge sul divorzio ha 50 anni

La Cassazione ha ribaltato la sentenza della Corte d’Appello, stabilendo che se le nozze sono precedute da un periodo di convivenza stabile e continuativo, la decisione di sposarsi comprende anche la volontà di compensare, nel caso di successivo divorzio, i sacrifici fatti prima del matrimonio in funzione del «progetto familiare comune»: tra questi sacrifici può esserci anche quello di scegliere di lasciare il lavoro per dedicarsi alla famiglia.

Intervistato dal Fatto Quotidiano, Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani (Ami), ha definito la sentenza «una rivoluzione copernicana del diritto di famiglia italiano», perché estende le tutele previste dalla legge sul divorzio del 1970. Finora il periodo in cui un uomo e una donna sono stati una coppia di fatto prima del matrimonio non era mai stato preso in considerazione. «Molte coppie convivono per tanti anni prima di sposarsi. Spesso le scelte più importanti vengono condivise durante questa fase prematrimoniale e sovente si tratta di scelte che condizionano la coppia e le prospettive personali e lavorative di uno dei due partner», ha detto Gassani.