Sul Superbonus il governo va da una parte, Forza Italia dall’altra
Meloni continua a condannare la misura mentre Tajani vorrebbe prorogarla, e intanto c'è trambusto in parlamento
Domenica 17 dicembre, nel suo intervento conclusivo alla festa nazionale di Fratelli d’Italia, Atreju, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rinnovato la sua profonda contrarietà al Superbonus, cioè la cospicua agevolazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione edilizia finalizzati a migliorare l’efficienza energetica di case e condomini. Meloni ha rivendicato la bontà della legge di bilancio del suo governo, fatta «nonostante una situazione drammatica ereditata dei conti pubblici soprattutto a causa del macigno del Superbonus 110%», una misura che «ci ha lasciato un buco da 140 miliardi, l’equivalente di quattro manovre finanziarie, l’equivalente dei soldi che lo Stato spende in un anno intero per tutto il sistema sanitario». I soldi che sarebbero potuti essere spesi per la sanità, secondo Meloni, «sono stati utilizzati per ristrutturare meno del 4% del patrimonio immobiliare italiano, prevalentemente seconde case, case di pregio, perfino 6 castelli».
Appena un’ora prima del discorso di Meloni, Antonio Tajani, che è il vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri del governo, era intervenuto durante lo stesso evento e aveva auspicato una conferma, sia pure parziale, degli sgravi fiscali garantiti dal Superbonus. «Stiamo lavorando perché nella manovra oppure in altri provvedimenti, come può essere quello delle proroghe, ci possa essere una proroga per il Superbonus che riguarda condomini che hanno già compiuto il 70% dei lavori» aveva detto Tajani.
Non è la prima volta che in questi mesi emergono in maniera così plateale le divergenze all’interno della coalizione di governo sul Superbonus. Martedì 12 dicembre, durante un dibattito alla Camera, Meloni aveva detto che il provvedimento, pur motivato originariamente da intenti condivisibili, si è poi trasformato «nel più grande regalo mai fatto dallo Stato italiano a truffatori e organizzazioni criminali». Meloni lo aveva detto mentre seduto alla sua sinistra c’era proprio Tajani, il segretario di Forza Italia che in quelle stesse ore si stava battendo per inserire nel disegno di legge di bilancio una proroga del Superbonus.
C’è da molto tempo un cortocircuito politico sul Superbonus. La misura era stata introdotta nel maggio del 2020 dal secondo governo di Giuseppe Conte, sostenuto da una coalizione di centrosinistra formata da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Italia Viva. Prevedeva un sistema senza precedenti di agevolazione fiscale per cui le persone che avessero ristrutturato la casa migliorandone la prestazione energetica avrebbero ottenuto una detrazione del 110 per cento sulle spese sostenute. In sostanza, lo Stato ripagava interamente il costo dei lavori sostenuti, aggiungendo perfino un 10 per cento in più di incentivo, e il tutto indipendentemente dal reddito e dal patrimonio della persona che ne faceva richiesta: poteva essere anche molto ricca e vedersi comunque riconosciuto un bonus straordinario da parte dello Stato.
Il governo di Mario Draghi, subentrato nel febbraio del 2021, dapprima confermò il Superbonus, rendendone anzi più efficiente il funzionamento. Poi col passare dei mesi Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco si resero conto delle molte storture della misura: aveva un impatto eccessivo sulla finanza pubblica, incentivava frodi consistenti, contribuiva ad aumentare i prezzi delle materie prime del settore dell’edilizia in una fase di crescente inflazione, cioè di aumento generalizzato dei prezzi. Inoltre la Commissione Europea fece alcune obiezioni sulla natura del provvedimento e sui suoi effetti sul debito pubblico italiano. Per questo Draghi e Franco provarono a più riprese a introdurre limitazioni al Superbonus, ma il parlamento, in maniera piuttosto compatta, si oppose costantemente ottenendo di confermare la misura, sia pure con qualche modifica.
A opporsi in maniera più categorica, oltre al Movimento 5 Stelle che il Superbonus l’aveva voluto, ci furono proprio Lega e Forza Italia, che erano nella maggioranza del governo Draghi, ma anche Fratelli d’Italia, che era l’unico partito all’opposizione. Meloni definì più volte il Superbonus «uno strumento molto utile per rilanciare l’economia e sostenere un settore in difficoltà», cioè l’edilizia, e Fratelli d’Italia si dichiarò a favore del mantenimento della misura e contraria alle proposte di modifica fatte da Draghi in varie occasioni. Anche durante la campagna elettorale che si concluse con il successo del suo partito, Meloni ribadì la volontà di «tutelare i diritti del Superbonus».
Dopo la nascita del governo di destra a settembre 2022, però, le posizioni dei partiti di maggioranza sono cambiate. Fratelli d’Italia ha iniziato abbastanza presto a ricredersi sul Superbonus, denunciandone i costi eccessivi e le frodi connesse. Anche la Lega ne ha abbandonato progressivamente la difesa, seppure più in sordina e nonostante Matteo Salvini in passato avesse criticato Draghi quando voleva modificarlo, sostenendo che fosse invece «fondamentale» rinnovarlo. Giancarlo Giorgetti, invece, vicesegretario della Lega e attuale ministro dell’Economia, è uno dei più inflessibili critici del Superbonus, anche per il suo enorme peso sul bilancio dello Stato, di cui Giorgetti è il principale responsabile. Il Superbonus ha prodotto una spesa di circa 100 miliardi, finora, e avrà un impatto di 20 miliardi all’anno sul bilancio tra il 2024 e il 2027.
Insomma Fratelli d’Italia e Lega hanno cambiato idea sul Superbonus. Forza Italia invece no. Pur convenendo sulla necessità di correggerne alcune storture, sta insistendo da mesi nel tentativo di prorogarlo, e aveva promesso che avrebbe cercato di intervenire in questa direzione nella discussione per approvare la legge di bilancio, che è il provvedimento con cui il governo decide come spendere i soldi anno per anno.
In realtà ci aveva provato a novembre col decreto fiscale, detto anche decreto “Anticipi”, che è una norma che utilizza una parte dei soldi stanziati dal disegno di legge di bilancio (e per questo viene definita una misura “collegata”). In quell’occasione, nella commissione Bilancio del Senato dove il provvedimento era in discussione, Forza Italia aveva presentato alcuni emendamenti per chiedere di prorogare il Superbonus al 100 per cento di sei mesi per i lavori di efficientamento energetico avviati entro il 17 febbraio del 2023 e il cui stato di avanzamento entro la fine dell’anno fosse stato di almeno il 60 per cento del totale. Era una proposta che andava in contraddizione con le norme del governo e che avrebbe comportato una spesa di oltre 2 miliardi tra il 2024 e il 2027. Il ministero dell’Economia si era opposto, e l’emendamento era stato poi ritirato da Forza Italia.
«Ma non ci arrendiamo e proporremo analoghe modifiche nella legge di bilancio», aveva detto durante un breve punto stampa il senatore di Forza Italia Dario Damiani, che più direttamente segue le materie economiche al Senato insieme al collega Claudio Lotito. Sono stati di parola: nel senso che davvero hanno proposto nuove proroghe, ma in una versione meno consistente della precedente. Di alcune di queste proposte si è discusso nella commissione Bilancio del Senato proprio martedì 12 dicembre, proprio mentre Meloni alla Camera dava contro il Superbonus. Sempre quel giorno, non a caso, il ministero dell’Economia ha pubblicato una nota in cui escludeva «qualsiasi ipotesi di proroga del Superbonus circolata in queste ore».
Su una di quelle ipotesi però c’è stata poi una convergenza anche di altri partiti di maggioranza e di opposizione, compreso Fratelli d’Italia: è una proroga molto limitata, che consentirebbe l’accesso al rimborso anche per quella parte di interventi di ristrutturazione che è in corso di completamento nei giorni finali dell’anno, così da consentire di portarli a termine. A proporre questa soluzione, in particolare, è un senatore di Fratelli d’Italia, Quintino Liris, secondo cui il provvedimento in questa forma non avrebbe un impatto sulle finanze pubbliche. Ma anche su questa proposta il ministero dell’Economia è contrario.
Preso atto che in legge di bilancio sarà impossibile vedere accolte le proprie proposte, Tajani ha cominciato a parlare della possibilità di un intervento nel cosiddetto decreto “Milleproroghe”, che è un provvedimento con cui il governo prolunga o rinnova varie norme in scadenza. Di solito viene approvato a ridosso della fine dell’anno per evitare che le misure che si vogliono confermare decadano.