L’Unione Europea ha approvato nuove sanzioni contro la Russia
Vietano soprattutto l'importazione dei diamanti nei paesi dell'Unione, con l'obiettivo di indebolire un settore economico di notevole importanza
Lunedì l’Unione Europea ha approvato nuove sanzioni contro la Russia, tra cui quelle relative al divieto di importazione di diamanti russi nei paesi dell’Unione. È un provvedimento significativo e atteso da tempo, anche perché quello dei diamanti è un settore economico di notevole importanza per la Russia. I paesi europei hanno ridotto ormai da tempo le importazioni di petrolio e gas russi, da cui in certi casi dipendevano fortemente, e hanno anche bloccato le importazioni di beni come oro, caviale e vodka: finora però sui diamanti non erano riusciti a definire una linea comune. La misura è orientata a indebolire ulteriormente l’economia del paese, che dal febbraio del 2022 è impegnato in una guerra piuttosto difficoltosa contro l’Ucraina.
La Russia è il primo produttore di diamanti grezzi al mondo e il 90 per cento del suo mercato è trainato da una sola azienda, la Alrosa. Nel 2021 il paese aveva guadagnato circa 4 miliardi di dollari (3,8 miliardi di euro) dalle esportazioni di diamanti all’estero: nel 2022, l’anno in cui è cominciata l’invasione russa dell’Ucraina, i guadagni erano leggermente calati.
Le nuove sanzioni prevedono che dal primo gennaio del 2024 i 27 paesi appartenenti all’Unione non potranno più comprare né gioielli con diamanti né diamanti grezzi o lavorati che provengono direttamente dalla Russia, a meno che non servano per scopi industriali. Dal successivo primo marzo, il divieto di importazione riguarderà anche i gioielli e i diamanti di origine russa che vengono lavorati in altri paesi. Entro il primo settembre, poi, è previsto che entri in vigore un nuovo sistema internazionale per poterli tracciare.
Le misure approvate dall’Unione Europea hanno anche l’obiettivo di impedire alla Russia di aggirare le sanzioni sull’esportazione di petrolio imposte finora. Quel poco petrolio russo che viene ancora acquistato dall’Occidente infatti è soggetto a un tetto di prezzo pari a 60 dollari al barile: una cifra inferiore al prezzo di mercato (intorno agli 80 dollari al barile), che costringe quindi la Russia a venderlo riducendo molto i propri guadagni. Già da tempo però la Russia aveva cominciato a trasferire il proprio petrolio utilizzando navi in alto mare, con operazioni che avvenivano in acque internazionali e pertanto fuori dalla giurisdizione di un paese specifico.
Con le nuove sanzioni il tetto del prezzo resterà a 60 dollari al barile, ma saranno introdotti controlli per fare in modo che la Russia rispetti i limiti previsti. Tra le altre cose ci sarà l’obbligo di notificare la vendita delle navi cisterna prodotte nei paesi dell’Unione a qualsiasi paese, per evitare che sia quelle, sia le navi di seconda mano possano essere rivendute alla Russia.
In più 29 nuove aziende sono state inserite nell’elenco delle organizzazioni che sostengono il settore militare e industriale russo nella guerra in Ucraina. Tra queste ci sono società che sono registrate in altri paesi, come Uzbekistan e Singapore, e sono sospettate di aver aiutato la Russia a ottenere microprocessori, software e altre tecnologie che in base alle sanzioni già applicate il paese non potrebbe importare. La decisione di lunedì comporta anche che le aziende europee produttrici di beni considerati ad alto rischio, come quelle dei settori dell’aviazione e delle armi da fuoco, stabiliscano per contratto il divieto di esportare i loro prodotti in Russia attraverso paesi terzi, con limitate eccezioni.
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