Sono stati votati alcuni importanti emendamenti alla legge di bilancio
Li aveva presentati il governo e riguardano soprattutto le pensioni e i fondi per il ponte sullo Stretto
Nella notte tra domenica e lunedì si è tenuto un voto importante alla commissione Bilancio del Senato, che ha approvato quattro emendamenti rilevanti al disegno di legge di bilancio, tra gli altri. Li ha presentati il governo e riguardano le pensioni di medici, personale sanitario, alcuni insegnanti, dipendenti degli enti locali e della giustizia amministrativa; un aggiustamento sullo stanziamento dei fondi per il progetto del ponte sullo Stretto di Messina; alcune risorse aggiuntive per gli stipendi di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza; i fondi per gli enti locali. Tra gli emendamenti presentati dalle opposizioni la commissione ne ha anche approvato uno che stanzia 40 milioni al contrasto della violenza di genere.
Era un voto importante perché sblocca uno stallo politico in cui si trovavano governo e maggioranza parlamentare, ma anche perché riguardava due questioni su cui c’erano state molte discussioni, le pensioni del personale sanitario e i fondi per il ponte sullo Stretto, appunto. L’articolo 33 della versione originaria della manovra prevedeva un taglio fra il 5 e il 25 per cento per medici, personale sanitario, insegnanti di asilo e scuole elementari parificate che sarebbero andati in pensione dopo il primo gennaio.
C’era stata molta discussione su questi tagli, introdotti dal governo per rendere più sostenibile il sistema pensionistico ma di fatto rinnegati da subito perché molto impopolari: c’era proprio questa misura tra i motivi dello sciopero del personale sanitario del 5 dicembre. Con uno degli emendamenti votati stanotte il governo ha sostanzialmente cancellato questi tagli, rimarranno in parte per chi sceglierà il pensionamento anticipato. Per compensare l’eliminazione dei tagli c’era stata anche l’ipotesi che il governo presentasse un emendamento per alzare l’età pensionabile dei dottori a 72 anni, ma dopo molte proteste ha infine rinunciato anche a questa misura.
L’emendamento sui finanziamenti al ponte sullo Stretto prevede un alleggerimento del contributo dello Stato, grazie alla rimodulazione di alcuni fondi. Lo Stato metterà 2,3 miliardi di euro in meno rispetto al previsto sui quasi 12 miliardi che serviranno per la costruzione. Ma non sarà un vero risparmio: 1,3 miliardi di euro dovranno essere garantiti dalla Sicilia, 300 milioni di euro dalla Calabria e 718 milioni dal Fondo di sviluppo e coesione, ossia il fondo dello Stato che serve a ridurre gli squilibri economici, sociali e infrastrutturali. L’emendamento è stato presentato all’improvviso, senza trattative o comunicazioni con le due regioni, modalità che ha indispettito soprattutto la Sicilia, peraltro governata dagli stessi partiti che sono al governo.
Con la votazione di tutti gli emendamenti il testo passa dalla commissione Bilancio al voto nell’aula del Senato, previsto per venerdì 22 dicembre. Quel giorno i senatori voteranno la fiducia posta dal governo sul disegno di legge di bilancio, significa che dovranno votarla così com’è. A quel punto il provvedimento passerà alla Camera, dove tra Natale e Capodanno ci sarà un esame in commissione che dovrà necessariamente essere molto rapido e infine la votazione finale in aula.
La legge di bilancio deve essere approvata entro il 31 dicembre di ogni anno: senza l’approvazione si entra in quello che si chiama esercizio provvisorio, una condizione per cui lo Stato può spendere solo una parte dei soldi che dovrebbe. Ogni anno si parla del rischio che il parlamento non riesca ad approvarla in tempo, ma da anni ormai in qualche modo ci riesce sempre, seppur con molte polemiche dei parlamentari che devono spesso votare di notte o di fretta, senza il tempo di discutere davvero le materie di cui la legge si occupa.
E questo nonostante la legge di bilancio sia il provvedimento più importante per il governo, perché stabilisce come si potranno spendere i soldi a disposizione nell’anno successivo. Per questo il suo percorso è definito per legge: il governo deve approvare il disegno di legge e inviarlo al parlamento entro il 20 ottobre, confrontandosi poi anche con la Commissione Europea. A quel punto i gruppi parlamentari, sia di maggioranza che di opposizione, possono presentare emendamenti entro una determinata scadenza, che quest’anno era il 21 novembre. Anche il governo stesso può presentare emendamenti, senza però dover rispettare scadenze: di solito li presenta perché magari in qualche ministero ci si rende conto di cose che non vanno o errori commessi durante la scrittura del disegno di legge. Infine Camera e Senato devono procedere nell’analisi finale, approvando la legge entro la fine dell’anno.
Da molti anni ormai ricorrono però sempre le stesse complicazioni: il governo arriva in ritardo a presentare la versione definitiva della manovra, i margini di intervento da parte dei parlamentari sono assai ridotti e solo una delle due camere riesce davvero a discutere nel merito il disegno di legge, mentre l’altra è di fatto costretta a ratificarlo senza alcuna possibilità di intervento nei giorni tra Natale e Capodanno, in tutta fretta e senza un reale dibattito (a questo giro il ruolo più passivo è toccato alla Camera).
Per ovviare a questo problema ormai strutturale, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva concordato con gli alleati di governo una soluzione insolita: i gruppi di maggioranza – cioè Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – non dovevano presentare alcun emendamento, lasciando che fosse il ministero dell’Economia a presentare eventuali modifiche condivise, così da agevolare i lavori di approvazione. Si era dunque parlato di un disegno di legge di bilancio “inemendabile”. L’imposizione di Meloni però non è piaciuta ai parlamentari di maggioranza, e dopo animate discussioni in Senato alla fine il governo ha dovuto cambiare idea.
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