La questione dei tre ostaggi uccisi è un problema per il governo israeliano
Secondo i parenti degli ostaggi è la dimostrazione che Israele non sta facendo abbastanza, e molti chiedono una nuova tregua
Dopo che venerdì l’esercito di Israele ha ucciso per sbaglio tre ostaggi disarmati e con una bandiera bianca nella città di Gaza, vari gruppi stanno facendo pressione sul governo perché trovi il modo di liberare gli ostaggi che ancora si trovano nella Striscia di Gaza, e sull’esercito perché cambi i suoi metodi di combattimento ed eviti di mettere in pericolo altri ostaggi. Attualmente, secondo le autorità israeliane, ci sono 129 ostaggi nella Striscia di Gaza.
In un messaggio alla nazione il primo ministro israeliano Benjamin Netanuyahu ha detto sabato che l’uccisione dei tre ostaggi «mi spezza il cuore», ma ha aggiunto che «siamo più decisi che mai ad andare avanti fino alla fine» con la guerra a Gaza. Nonostante questo, nelle ultime ore è aumentata la pressione su Netanyahu e sul governo per rinnovare la tregua che alla fine del mese scorso aveva portato alla liberazione di 105 ostaggi israeliani in cambio di 240 prigionieri palestinesi.
I tre ostaggi israeliani (Yotam Haim di 28 anni, Alon Shamriz di 26 anni e Samer Fuad El-Talalka, di 24) sono stati uccisi venerdì dall’esercito israeliano, che li ha scambiati per miliziani di Hamas. Secondo i resoconti fatti dall’esercito stesso sabato, i tre sono usciti da un edificio disarmati, a torso nudo e con un panno bianco attaccato a un bastone, come una bandiera. Nonostante questo, vedendoli a diverse decine di metri di distanza e temendo che fossero uomini di Hamas, i soldati gli hanno sparato contro, uccidendoli.
L’esercito stesso ha riconosciuto che l’uccisione dei tre ostaggi è avvenuta in violazione delle sue regole d’ingaggio, che prevedono che una persona sia riconosciuta prima di essere attaccata, soprattutto se è in abiti civili.
Vari critici hanno detto peraltro che quest’uccisione è una dimostrazione della maniera indiscriminata con cui gli israeliani combattono nella Striscia di Gaza, senza troppa cura di distinguere i civili dai miliziani. Secondo il diritto umanitario internazionale quando un esercito approccia una persona che sembra un civile deve accertarsi oltre ogni ragionevole dubbio che non lo sia prima di attaccarla. E se l’esercito israeliano non l’ha fatto con i propri ostaggi, è decisamente probabile che non lo faccia nemmeno con i civili palestinesi.
«L’esercito israeliano fa bene a investigare sull’uccisione di questi tre uomini, ma dovrebbe fare lo stesso anche quando sono uccisi civili palestinesi», ha detto al New York Times Sari Bashi, una dirigente della organizzazione non governativa Human Rights Watch. Dall’inizio della guerra sono stati uccisi circa 19 mila palestinesi, la maggior parte dei quali civili.
In ogni caso, l’uccisione dei tre israeliani ha fatto sì che negli ultimi giorni aumentasse la pressione sul governo per trovare una soluzione alla questione degli ostaggi. Nella serata di venerdì e in quella di sabato centinaia di persone hanno manifestato a Tel Aviv per chiedere la liberazione degli ostaggi. Le proteste sono animate dai parenti delle vittime, che si sono organizzati in associazioni sempre più influenti.
Ruby Chen è un cittadino israelo-statunitense e padre di uno degli ostaggi ancora nella Striscia di Gaza. Assieme ad altri parenti degli ostaggi era presente a una manifestazione sabato a Tel Aviv e rivolgendosi al governo ha detto: «Mettete sul tavolo la vostra migliore offerta per riportare gli ostaggi vivi a casa. Non vogliamo che tornino indietro dentro ai sacchi [per i cadaveri]».
Sempre sabato il governo israeliano ha confermato informalmente che sono in corso trattative in Qatar che potrebbero portare a nuovi scambi tra ostaggi e prigionieri. Queste trattative sono cominciate prima dell’uccisione dei tre ostaggi, ma è probabile che il loro caso possa aumentare la pressione sui negoziatori.
Secondo varie fonti giornalistiche David Barnea, il capo del Mossad, l’intelligence israeliana per l’estero, ha incontrato il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani per parlare di una nuova possibile tregua e di accordi per il rilascio degli ostaggi. Il Qatar è un paese alleato degli Stati Uniti ma che ha solidi rapporti con Hamas, cosa che in questi ultimi mesi lo ha reso centrale in tutti i negoziati.