Le manifestazioni contro le armi hanno già cambiato la politica serba
Alle elezioni parlamentari di domenica i partiti di opposizione si presentano uniti e con lo stesso slogan delle proteste di questa estate
Domenica 17 dicembre in Serbia si tengono le elezioni anticipate per rinnovare il parlamento. Sono state indette a novembre dopo che il presidente Aleksandar Vučić aveva sciolto il parlamento uscente. È una strategia che il suo partito, il Partito Progressista Serbo, di centrodestra, usa spesso per massimizzare i consensi in momenti di difficoltà: dal 2012 a oggi si è votato in Serbia più o meno una volta ogni due anni.
A queste elezioni però c’è una novità: tutte le opposizioni a Vučić e al governo guidato dal Partito Progressista si presentano unite in una coalizione che ha lo stesso nome delle enormi proteste organizzate in estate dopo due sparatorie di massa nel giro di pochi giorni: Srbija protiv nasilja, “Serbia contro la violenza”.
La coalizione comprende 14 partiti, di cui 11 già rappresentati in parlamento, e nei temi e nei toni cerca di riprendere le manifestazioni organizzate in estate. Sulle prime i manifestanti chiesero norme più stringenti sulla vendita delle armi, che in Serbia sono piuttosto rilassate. Presto, anche grazie a una partecipazione trasversale e senza grossi precedenti, le proteste si sono allargate diventando un contenitore per le frustrazioni di vari pezzi della società serba contro Vučić e il Partito Progressista, che dominano la politica serba ormai da una decina d’anni.
In questi anni Vučić è riuscito a consolidare enormemente il controllo esercitato dal suo partito sulla politica e sulla società serba. Le tv e i giornali, sia pubblici sia privati, sono pieni di persone vicine a Vučić, che usa una retorica simile a quella di altri governi autoritari dell’Europa orientale sui diritti dei migranti e della comunità LGBT+. L’anno scorso il governo serbo cancellò l’Europride, la manifestazione internazionale per i diritti delle persone appartenenti alla comunità LGBT+, citando pressioni da partiti di destra e dalla potentissima Chiesa ortodossa locale. Alcuni membri dell’opposizione accusano inoltre il governo di avere legami con le gang criminali responsabili di violenze, estorsioni e traffici illegali in varie zone del paese.
Gli abitanti delle città, tendenzialmente più progressisti rispetto a quelli delle aree interne, rimproverano inoltre a Vučić di non avere fatto sostanziali passi in avanti sull’ingresso della Serbia nell’Unione Europea. Nominalmente il Partito Progressista è a favore di un avvicinamento all’Unione, di fatto però la Serbia è anche uno dei più stretti alleati europei della Russia, a cui la legano solidi legami culturali ed economici. A oggi la Serbia è l’unico paese dell’Europa geografica a non essersi unito alle sanzioni contro la Russia decise dall’Unione Europea dopo l’invasione dell’Ucraina.
Dopo le proteste estive Vučić aveva avviato una riforma sulla vendita delle armi, oltre a un programma per consegnare le armi detenute irregolarmente, e come gesto simbolico si era anche dimesso da segretario del Partito Progressista, per cercare di depotenziare le proteste.
La frustrazione nei suoi confronti in certe categorie è rimasta, ma Vučić continua ad avere una base elettorale piuttosto solida fra i pensionati e gli abitanti delle aree interne. Queste persone spesso sono anche assai allineate alle posizioni molto nazionaliste del Partito Progressista sul Kosovo, il paese che si è dichiarato indipendente dalla Serbia nel 2008. Il governo serbo non ha mai riconosciuto la separazione e in questi anni Vučić ha coltivato molti legami con i leader kosovari di etnia serba. Questa estate la tensione fra Serbia e Kosovo è tornata molto alta, e secondo alcuni analisti Vučić ha indetto elezioni anticipate anche per sfruttare il consenso per la causa nazionalista serba.
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Al momento il Partito Progressista rimane in vantaggio nei sondaggi: secondo l’istituto CRTA (Center for Research, Transparency and Accountability) è dato intorno al 49 per cento, contro il 40 di Serbia contro la violenza.
È difficile però sostenere che la campagna elettorale fin qui sia stata libera. Secondo una stima del think tank serbo Bureau for Social Research (BIRODI) circa il 70 per cento del tempo dedicato alle notizie sui canali tv nazionali riguarda il Partito Progressista o Vučić. Politico ha notato che nelle ultime settimane Vučić ha dato lunghissime interviste quasi ogni giorno, e ogni sua trovata viene ripresa e celebrata dalle tv: come la volta in cui si è preparato un panino al prosciutto per lui e due suoi ministri dopo essersi vantato di avere speso soltanto 585 dinari serbi, cioè circa 5 euro, per via dei sussidi ai beni essenziali stanziati dal suo governo. O quella in cui si è presentato nello studio di una tv privata promettendo stipendi più alti scrivendolo su una lavagna bianca.
A queste elezioni Vučić non è nemmeno candidato ma rimane onnipresente in tv, nel dibattito pubblico, e ovviamente anche negli spot elettorali del Partito Progressista. In uno lo si vede emergere fuori dal frigorifero di una giovane coppia, con una tazza in mano.
Nelle ultime settimane poi Vučić ha approvato una serie di misure che sembrano rivolte a raccogliere il consenso di alcune specifiche categorie della popolazione. A ottobre il governo ha aumentato le pensioni del 5,5 per cento, e promesso un nuovo aumento nel 2024. A fine novembre poi ogni pensionato serbo ha ricevuto un bonus una tantum da 20.000 dinari serbi, cioè da circa 170 euro (in media un pensionato prende circa 320 euro di pensione). Un bonus simile da 10.000 dinari è stato promesso a tutti gli studenti delle scuole superiori.
L’opposizione si è molto lamentata dello scarso spazio che le viene garantito sui media e dei bonus promossi da Vučić e dal governo in carica, guidato dalla prima ministra Ana Brnabić, una sua stretta collaboratrice.
Nonostante i sondaggi diano Serbia contro la violenza molto vicina al Partito Progressista, una vittoria rimane comunque piuttosto improbabile: anche per questo diversi membri dell’opposizione stanno concentrando i propri sforzi sulle elezioni per rinnovare il sindaco a Belgrado, la capitale del paese, che si terranno nello stesso giorno delle elezioni parlamentari.
Il candidato sindaco di Serbia contro la violenza è Vladimir Obradović, ex consulente di un ministro del governo guidato da Brnabić che da qualche anno è passato all’opposizione. A livello nazionale invece i leader della coalizione sono Marinika Tepić, vicepresidente del Partito della Libertà e della Giustizia, di centrosinistra, e Miroslav Aleksić, presidente del Movimento della Gente, di centrodestra. Il capolista invece sarà Radomir Lazović, co-segretario dei Verdi.
L’altra segretaria dei Verdi, Biljana Djordjevic, ha ammesso a BBC che una vittoria alle elezioni parlamentari sembra piuttosto remota: «Non saremo mai preparati quanto loro», ha spiegato, «ma a Belgrado sappiamo di poter vincere».