È morto l’intellettuale e attivista Toni Negri
È stato lo storico leader del gruppo della sinistra extraparlamentare Autonomia Operaia: aveva 90 anni
Nella notte tra venerdì e sabato è morto a Parigi Toni Negri, intellettuale, attivista e storico leader dei gruppi di sinistra extraparlamentare Potere Operaio e Autonomia Operaia. Aveva 90 anni: a dare la notizia della sua morte è stata la moglie, la filosofa Judith Revel.
Negri è stato una delle figure più notevoli e controverse dei movimenti della sinistra extraparlamentare negli anni Settanta: docente alla facolà di Scienze Politiche di Padova, fu tra i leader del gruppo Potere Operaio, da cui uscì nel 1973 per fondare Autonomia Operaia, uno dei più importanti movimenti extraparlamentari di quegli anni, che portò avanti istanze di lotta rivoluzionaria con comizi, pubblicazioni e proteste. Autonomia Operaia sviluppò al suo interno anche frange favorevoli a uno scontro violento con le istituzioni: alcuni militanti nel corso del tempo si unirono a gruppi armati come Prima Linea o i Nuclei Armati Proletari.
Negri fu arrestato assieme ad altri compagni e intellettuali il 7 aprile del 1979 nell’ambito del cosiddetto “processo del 7 aprile”, con l’accusa di aver sostenuto, ispirato e in parte coordinato vari atti di eversione e terrorismo di sinistra di quegli anni.
Il contesto degli arresti del 7 aprile era quello dei cosiddetti “anni di piombo”, delle stragi fasciste e del rapimento di Aldo Moro, l’importante dirigente della Democrazia Cristiana rapito e ucciso l’anno prima dalle Brigate Rosse in uno degli episodi più traumatici della storia repubblicana. Sull’omicidio si svilupparono vaste indagini e inchieste giudiziarie, e vennero adottate “leggi speciali” tra cui quella che permetteva di applicare il reato di associazione a delinquere alle organizzazioni politiche, e non solo a quelle mafiose.
Fu su queste premesse che il magistrato siciliano Pietro Calogero, della procura di Padova, sviluppò quello che la stampa chiamò “teorema Calogero”: cioè che una serie di intellettuali, docenti universitari, giornalisti e militanti dell’area riconducibile ad Autonomia Operaia avesse diretto le operazioni delle Brigate Rosse, portando avanti un progetto di eversione armata. Alla base della tesi di Calogero c’era la dibattuta questione dei rapporti tra la propaganda e gli scritti dei molti e influenti intellettuali di estrema sinistra dell’epoca e le azioni di terrorismo politico che proliferavano in quegli anni.
Dopo un processo lunghissimo e molto seguito dai media, in primo grado Negri fu condannato a 30 anni di carcere per associazione sovversiva, banda armata e diversi altri reati, ma fu prosciolto dall’accusa di insurrezione armata.
Prima dell’appello, Negri accettò la proposta del politico radicale Marco Pannella di candidarsi alla Camera: fu eletto e uscì dal carcere grazie all’immunità parlamentare. Nel settembre del 1983 fuggì in nave in Francia: inizialmente parlò di un gesto politico assicurando che sarebbe rientrato in Italia, ma dopo qualche anno cambiò idea e decise di approfittare della cosiddetta “dottrina Mitterrand” – con cui la Francia dava ospitalità e sicurezza, rifiutando le estradizioni, a chi lasciasse la lotta armata e la violenza – rimanendo latitante.
Durante il processo d’appello Negri fu assolto dal grosso delle accuse, ma fu condannato a 12 anni di carcere per associazione sovversiva nella cosiddetta “rapina di Argelato”, un paese vicino a Bologna dove alcuni ex esponenti di Potere Operaio rapinarono una banca per autofinanziarsi e uccisero un carabiniere. Negri fu ritenuto il mandante dell’operazione con la formula del «concorso morale».
Negri rimase in Francia fino al 1997, quando rientrò in Italia dopo un patteggiamento: scontò la sua pena, in parte in carcere e in parte in semilibertà, fino al 2003. Successivamente ha continuato a vivere tra Roma e Parigi, e ha scritto vari saggi politici che tra le altre cose si concentravano sulla critica alla globalizzazione.
– Ascolta il podcast: Il grande vecchio