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  • Venerdì 15 dicembre 2023

Venezuela e Guyana si sono impegnati a non farsi la guerra per la Guayana Esequiba

Ma i presidenti dei due paesi non hanno trovato un accordo su cosa fare del territorio conteso, che il Venezuela vuole annettere

Mohamed Irfaan Ali, presidente della Guyana, insieme a Nicolás Maduro, presidente del Venezuela (Mohamed Irfaan Ali/Twitter)
Mohamed Irfaan Ali, presidente della Guyana, insieme a Nicolás Maduro, presidente del Venezuela (Mohamed Irfaan Ali/Twitter)
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Giovedì il presidente del Venezuela Nicolás Maduro e il presidente della Guyana Mohamed Irfaan Ali si sono incontrati per discutere della situazione della Guayana Esequiba, un territorio ricco di petrolio e risorse naturali che fa parte della Guyana ma che il Venezuela rivendica come proprio da circa due secoli. È stato il primo incontro tra i due da quando il 3 dicembre in Venezuela si era tenuto un discusso referendum sull’annessione della Guayana Esequiba al territorio nazionale, in cui avevano vinto nettamente i voti a favore.

Al termine dell’incontro, durato circa due ore, i due presidente hanno pubblicato un comunicato congiunto in cui hanno detto che entrambe le parti si impegneranno a non usare la forza «in nessuna circostanza» per rivendicare la Guayana Esequiba, e che si «adegueranno al diritto internazionale» per dirimere la questione.

L’incontro tra Maduro e Irfaan Ali si è svolto all’aeroporto di Kingstown, capitale della nazione caraibica di Saint Vincent e Grenadine. È stato mediato da Ralph Gonsalves, che oltre a essere primo ministro di Saint Vincent e Grenadine è anche presidente pro tempore della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC), un organismo internazionale di cui fanno parte i 33 stati dell’America centrale e del Sud America.

Il documento congiunto prodotto alla fine della riunione è però piuttosto vago su cosa nei fatti succederà nel territorio conteso, e né il Venezuela né la Guyana hanno concordato su come risolvere la controversia riguardante la giurisdizione della Guayana Esequiba. Il presidente della Guyana ha detto di avere piena fiducia nei procedimenti della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite (CIG), che dal 2018 sta esaminando la richiesta della Guyana di considerare i confini attuali legittimi e vincolanti. Maduro ha però affermato di non riconoscere la giurisdizione della Corte su questa materia.

I due presidenti hanno comunque detto che tra tre mesi si incontreranno di nuovo in Brasile per discutere della questione, e che nel frattempo verrà formata una commissione congiunta di ministri degli Esteri e tecnici che opereranno insieme per trovare una soluzione.

La Guayana Esequiba, o Territorio Esequibo, è una zona un po’ più grande della Grecia, ricca di petrolio e risorse. È internazionalmente riconosciuta come parte della Guyana, ma il Venezuela sostiene che faccia parte del proprio territorio perché ne faceva parte ai tempi in cui gran parte della regione era una colonia della Spagna, e ne rivendica il possesso dal 1811, l’anno della propria indipendenza. Nel 1899 una sentenza di arbitrato internazionale stabilì che la Guayana Esequiba apparteneva al Regno Unito, che la integrò nella Guyana britannica. Nel 1966, quando la Guyana ottenne l’indipendenza dal Regno Unito, la regione continuò a far parte del paese.

Maduro sostiene che la rivendicazione dell’Esequibo abbia a che fare con una questione di identità nazionale, ma c’entrano anche le risorse naturali di cui la regione è ricca.

Il referendum del 3 dicembre, approvato con oltre il 90 per cento dei “sì”, era stato promosso dal governo autoritario di Maduro, che lo aveva pubblicizzato con una massiccia campagna di comunicazione. Era stato organizzato con l’obiettivo di creare nella regione di Esequibo uno stato venezuelano, da incorporare nel territorio del paese, e di estendere la cittadinanza venezuelana agli abitanti dell’area: il tutto senza il permesso della Guyana. Proponeva anche di opporsi con tutti i mezzi alla «pretesa» del paese vicino di «disporre unilateralmente di un mare ancora da delimitare, illegalmente e in violazione del diritto internazionale» e di togliere alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) la giurisdizione sulle dispute territoriali alla Guayana Esequiba.

La Guyana aveva presentato un ricorso contro il referendum, chiedendo alla CIG, il principale organo giudiziario dell’ONU, di intervenire per bloccarlo. La Corte non aveva bloccato il referendum, ma aveva avvertito il governo del Venezuela che non avrebbe potuto cambiare lo status quo del territorio conteso.

Due giorni dopo il referendum Maduro aveva inoltre presentato una nuova mappa del Venezuela che incorporava l’Esequibo, e aveva annunciato una legge speciale con lo scopo di creare una nuova provincia venezuelana nel territorio. Aveva anche già inviato un contingente dell’esercito vicino al confine con il territorio conteso, chiesto alla compagnia petrolifera statale PDVSA di tracciare una mappa dei giacimenti e delle risorse da esplorare, e ordinato all’Assemblea nazionale di preparare una proposta di legge per delimitare la porzione di mare territoriale alla quale, a suo dire, la Guyana non avrà più diritto di accesso.

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