Temu ha fatto causa a Shein
Per «intimidazioni di tipo mafioso» e «pratiche anticoncorrenziali», dopo mesi di espansione estremamente aggressiva da parte dei due siti di e-commerce cinesi
Mercoledì l’azienda cinese di fast fashion Shein, da tempo molto contestata perché il suo modello di produzione superveloce e i suoi prezzi bassi secondo varie inchieste comporterebbero pratiche di sfruttamento dei lavoratori e un impatto ambientale insostenibile, è stata denunciata negli Stati Uniti per condotta anticompetitiva. A farle causa è stata Temu, altra piattaforma di e-commerce cinese che negli ultimi mesi ha cominciato a puntare sul mercato occidentale, a sua volta contando su prezzi bassissimi e pubblicità molto aggressive.
Secondo Temu, Shein utilizzerebbe tattiche aggressive e illegali, arrivando a «intimidazioni di tipo mafioso» nei confronti dei fornitori di Temu, per limitarne la concorrenza. L’azienda aveva già fatto causa a Shein per comportamento anticoncorrenziale a luglio, ma le parti avevano poi scelto di archiviare volontariamente il caso. Ora Temu sostiene che il comportamento anticoncorrenziale di Shein sia diventato intollerabile, mentre Shein dice che la causa «è priva di merito».
Temu e Shein non sono, in teoria, concorrenti dirette: Shein vende esclusivamente prodotti legati al mondo della moda – come vestiti, accessori, scarpe e trucchi – mentre Temu offre un catalogo ricchissimo che include anche vestiti, ma soprattutto dispositivi tecnologici, giochi, mobili, prodotti per la casa. Entrambe sono però note per la loro comunicazione sui prezzi molto bassi e le pratiche commerciali estremamente aggressive, relative sia al modello di business ritenuto insostenibile dal punto di vista ambientale, sia per l’approccio alla raccolta e all’uso dei dati degli utenti.
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Entrambe le aziende stanno godendo di grosso successo soprattutto negli Stati Uniti e in Europa negli ultimi mesi. In questo contesto, però, la competizione tra le due è diventata particolarmente forte: qualche settimana fa Shein aveva accusato Temu di aver pagato vari influencer per denigrare la piattaforma e di aver creato account finti in cui cercava di indurre i consumatori a pensare che Shein e Temu fossero lo stesso marchio. Secondo la causa intentata da Temu a luglio e poi accantonata, invece Shein «costringerebbe i produttori a firmare giuramenti di fedeltà, certificando che non faranno affari con Temu».
Nel documento di 100 pagine che è stato depositato mercoledì presso il tribunale distrettuale di Washington dalla società madre di Temu, WhaleCo, che ha sede negli Stati Uniti, l’azienda fa una lunga lista dei comportamenti che Shein avrebbe adottato, «sovvertendo il processo legale statunitense per interrompere le operazioni di Temu e del suo prezioso brand». Temu ritiene che Shein abbia intensificato le proprie tattiche intimidatorie perché nel febbraio 2024 Temu lancerà una grande campagna pubblicitaria durante il Super Bowl, l’evento sportivo più seguito negli Stati Uniti, che «senza dubbio aumenterà il traffico verso l’app e il sito di Temu».
Tra le varie cose, Temu dice che Shein avrebbe mentito sul fatto di detenere il brevetto o il copyright su prodotti venduti da Temu e ha utilizzato tattiche coercitive per convincere i fornitori di Temu a interrompere i propri rapporti con l’azienda. Secondo Temu, alcuni dipendenti di Shein sarebbero arrivati a «imprigionare per molte ore» i fornitori che collaboravano con Temu nei propri uffici. In un’intervista a CNN, un portavoce di Temu ha detto che «le loro azioni erano troppo esagerate, non avevamo altra scelta che denunciarli».
La causa di Temu arriva in un momento piuttosto delicato per Shein: secondo alcune indiscrezioni pubblicate dai media statunitensi l’azienda, che è valutata 100 miliardi di dollari, l’anno prossimo potrebbe quotarsi a Wall Street, la borsa statunitense.
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