La mappa dei luoghi adatti a costruire il deposito di scorie nucleari si è ristretta
Se ne dovrà scegliere uno tra 51 siti in Piemonte, Lazio, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia: le resistenze però sono molte
Mercoledì il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha pubblicato l’elenco delle aree idonee per costruire un deposito nazionale delle scorie nucleari, un unico grande deposito che sostituirebbe i venti siti sparsi sul territorio che ci sono attualmente. La costruzione di questo deposito è importante perché, nonostante in Italia non ci siano centrali per via delle decisioni prese dai governi in seguito al referendum del 1987, molte attività continuano a produrre rifiuti radioattivi che al momento vengono stoccati in venti depositi: è una gestione inefficiente e costosissima per lo Stato.
L’elenco pubblicato si chiama CNAI (Carta Nazionale delle Aree Idonee). È un documento tecnico atteso da tempo, la cui pubblicazione ha subito vari ritardi, e restringe ulteriormente il campo rispetto a un precedente elenco di aree solo “potenzialmente idonee” per costruire il deposito: entro la fine dell’anno dovrebbe essere scelto il luogo dove costruirlo tra i 51 indicati nella lista come idonei, nonostante le molte resistenze di chi li abita e gli incentivi promessi. Non è un processo facile e il governo recentemente ha introdotto la possibilità per i comuni di autocandidarsi: solo un comune l’ha fatto, Trino Vercellese in Piemonte, ma non è in questa lista.
I 51 luoghi reputati idonei si trovano in sei regioni: Lazio, Piemonte, Sardegna, Puglia, Basilicata e Sicilia. Il Lazio è la regione dove ne sono stati individuati di più. Sono 21 e tutti nella zona di Viterbo, e in particolare nei comuni di Montalto di Castro, Canino, Cellere, Ischia di Castro, Soriano nel Cimino, Vasanello, Vignanello, Corchiano, Gallese, Tarquinia, Tuscania, Arlena di Castro, Piansano, Tessennano.
Altri 15 luoghi idonei sono stati scelti tra la Puglia e la Basilicata: in provincia di Matera nei comuni di Montalbano Jonico, Matera, Bernalda, Montescaglioso, Irsina, e in provincia di Potenza a Genzano di Lucania; poi in provincia di Bari, nei comuni di Altamura e Gravina in Puglia, e in provincia di Taranto, a Laterza. In Piemonte ne sono stati individuati 5 e tutti nella zona di Alessandria, nei comuni di Bosco Marengo, Novi Ligure, Alessandria, Oviglio, Quargnento, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, Fubine Monferrato.
I restanti luoghi sono nelle isole maggiori. In Sardegna ce ne sono 8 e sono concentrati fra la provincia di Oristano, nei comuni di Albagiara, Assolo e Usellus, e la provincia del Sud Sardegna, nei comuni di Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus, Guasila. In Sicilia ci sono due luoghi idonei e sono in provincia di Trapani, nei comuni di Calatafimi, Segesta e Trapani.
La procedura di selezione è stata molto lunga e se n’è occupata un’azienda statale, la Sogin, che è stata incaricata proprio del cosiddetto decommissioning, ossia dello smantellamento delle vecchie centrali nucleari. I tecnici di Sogin hanno scelto le aree idonee per esclusione, incrociando dati morfologici per escludere luoghi in cui potrebbero esserci situazioni critiche come l’alta densità abitativa, il rischio sismico e idrogeologico, la presenza di siti UNESCO o aree protette. Tra i criteri sono stati considerati l’altitudine, che deve essere inferiore a 700 metri sul livello del mare, e l’esclusione di tutte le aree caratterizzate da versanti con pendenza superiore al 10%. Con questi criteri hanno individuato le aree “potenzialmente idonee”, che erano in origine 67 ed erano state elencate in un documento del 2021, la CNAPI, la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico.
A partire da questa prima lista è stata poi fatta una consultazione pubblica con gli enti locali e i cittadini coinvolti, al termine della quale è arrivato l’elenco attuale dei 51 luoghi considerati idonei alla costruzione del deposito nazionale.
Il problema non è tanto costruire il deposito, perché i fondi sono garantiti dallo Stato, ma scegliere il luogo adatto a farlo. Finora gli incentivi promessi – tra cui un fondo di compensazione da 15 milioni di euro – non sono stati sufficienti a suscitare l’interesse degli enti locali. Anzi, sono tutti contrari e si oppongono alla costruzione del deposito nel proprio territorio e per questo, in realtà, la lista non è da considerarsi completamente chiusa. Tra i tanti provvedimenti inseriti nel decreto-legge “Energia” approvato a fine novembre dal Consiglio dei ministri, il governo ha dato la possibilità anche ai comuni non presenti tra i luoghi idonei di autocandidarsi per la costruzione del deposito. È stata una decisione che ha di fatto sconfessato il lungo lavoro di selezione delle aree idonee fatto finora da Sogin.
Per ora l’unico sindaco favorevole è Daniele Pane di Trino Vercellese, in provincia di Vercelli: la nuova regola introdotta dal governo sembra pensata apposta per il suo comune. Potrebbero comunque essercene altri. Secondo il decreto-legge “Energia” ci sono 30 giorni dalla pubblicazione dell’elenco delle aree idonee per presentare le autocandidature, quindi a partire da mercoledì. Gli enti locali non indicati tra gli idonei possono chiedere a Sogin di rivalutare il loro territorio.
Tra i benefici del deposito nazionale, Sogin ha stimato anche una ricaduta occupazionale di oltre 4.000 persone (di cui 2.000 diretti fra interni ed esterni, 1.200 indiretti e mille di indotto) all’anno per i quattro anni di costruzione. Nella fase di esercizio, della durata di 40 anni, l’occupazione diretta è stimata mediamente in circa 700 addetti, fra interni ed esterni, con un indotto che può incrementare l’occupazione fino a circa mille persone. Insieme al deposito, inoltre, verrà realizzato anche un parco tecnologico con un centro di ricerca per studiare nuove tecniche di smantellamento delle centrali nucleari, gestione dei rifiuti radioattivi e salvaguardia ambientale.
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