Le incredibili elezioni presidenziali statunitensi del 2000
Il 13 dicembre di 23 anni fa Al Gore riconobbe la vittoria dell'avversario repubblicano George W. Bush, dopo molte contese legali
«Questa sera, per il bene della nostra unità come popolo e della forza della nostra democrazia, riconosco la sconfitta». Il 13 dicembre del 2000 il candidato democratico Albert Arnold Gore, noto come Al Gore, riconobbe la vittoria dell’avversario repubblicano George W. Bush con un discorso che mise fine a un lungo e convulso confronto sul risultato delle elezioni presidenziali. Il voto si era tenuto il 7 novembre, ma per oltre un mese i cittadini statunitensi erano rimasti senza sapere chi sarebbe stato il loro prossimo presidente.
Ancora oggi le elezioni statunitensi del 2000 sono ricordate come tra le più caotiche nella storia del paese, e vengono spesso citate quando si parla di problemi legati alle procedure di voto o di campagne elettorali molto combattute. I risultati di Bush e Gore erano vicinissimi e per stabilire un vincitore furono intentate decine di cause legali riguardo a quali schede elettorali potessero essere considerate valide e a come effettuare i conteggi. Terminarono solo grazie a una sentenza della Corte Suprema. L’attenzione si concentrò fin da subito sullo stato della Florida, dove i due candidati erano separati da poche centinaia di voti. Alla fine Bush vinse nello stato con un margine di soli 537 voti, su oltre 6 milioni di voti espressi.
Dopo le elezioni presidenziali del 2020, nelle quali Donald Trump fu sconfitto dal democratico Joe Biden, i sostenitori di Trump parlarono di frodi e brogli citando ampiamente il voto di 20 anni prima. Tuttora Trump sostiene che l’ultima elezione sia stata truccata per favorire il suo avversario, senza però avere mai fornito alcuna prova concreta a sostegno della sua tesi. Nel 2020 le accuse di Trump e dei suoi sostenitori furono considerate poco credibili da praticamente tutte le autorità giudiziarie statunitensi e dalla comunità internazionale, e Biden fu indicato subito come il presidente eletto. Nel 2000, invece, per settimane l’esito del voto rimase davvero incerto.
Bush si era candidato come governatore del Texas. Proveniva da una famiglia con una lunga tradizione politica: il padre era George H. W. Bush, vicepresidente nelle due amministrazioni di Ronald Reagan, tra il 1981 e il 1989, e poi presidente fino al 1993, suo fratello Jeb Bush era governatore della Florida. George W. Bush fu il primo governatore del Texas a essere rieletto per un secondo mandato, ma oggi viene ricordato soprattutto per i suoi turbolenti anni da presidente, caratterizzati da un forte impegno militare degli Stati Uniti in Medio Oriente dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 e segnati dal catastrofico uragano Katrina e dall’inizio della crisi finanziaria del 2008.
Gore invece era stato deputato per il Tennessee, e dal 1993 era vicepresidente nell’amministrazione di Bill Clinton, che stava terminando il secondo mandato. L’amministrazione di Clinton e Gore aveva raggiunto risultati economici molto positivi: nel 2000 il governo annunciò un surplus di bilancio – semplificando, una situazione in cui il governo “incassa” più di quello che spende – di 230 miliardi di dollari, un risultato davvero notevole. Clinton però era uscito molto indebolito dalla procedura di impeachment avviata a suo carico nel 1998 a causa della sua relazione extraconiugale con la stagista della Casa Bianca Monica Lewinsky, al tempo ventiduenne. L’impeachment è la procedura prevista dalla Costituzione americana per rimuovere un presidente in carica colpevole di gravi reati.
Alla fine Clinton non fu rimosso dall’incarico, ma la storia creò un grosso scandalo politico e occupò il dibattito pubblico per mesi.
Gore aveva una personalità poco carismatica e a volte goffa. Durante la campagna elettorale fu spesso citata una sua intervista con la rete televisiva CNN del 1999, in cui aveva detto: «Durante i miei anni da senatore, presi l’iniziativa di creare internet». I sostenitori di Bush sfruttarono la frase, mal formulata (Gore era stato un precoce esperto di computer e di innovazioni digitali, e aveva lavorato molto alla loro introduzione e promozione da parte delle istituzioni e della politica) per presentare Gore come un megalomane che sosteneva di avere «inventato internet».
Nel corso della sua carriera politica Gore fu molto attento ai temi ambientali e curò varie iniziative di sensibilizzazione sia prima che dopo le elezioni del 2000. Il suo vicepresidente sarebbe stato Joe Lieberman, senatore e procuratore generale del Connecticut noto per essere stato particolarmente critico con il presidente Clinton.
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La campagna elettorale fu in gran parte basata su temi interni, come le pensioni, le tasse o il sistema sanitario, mentre la politica estera rimase sullo sfondo. Gore puntò sui risultati economici positivi dell’amministrazione Clinton, ma fu messo in difficoltà dall’ancora recentissimo impeachment del presidente. Bush invece fu accusato di non avere abbastanza esperienza politica per guidare il paese. Per mesi i sondaggi furono altalenanti, e nessuno dei due candidati riuscì a guadagnare un vantaggio stabile: il giorno prima del voto il New York Times definì l’elezione come «una delle più combattute dell’ultimo secolo».
Il 7 novembre Bush seguì lo spoglio dei voti da Austin, in Texas, mentre Gore era a Nashville, in Tennessee. Divenne subito chiaro che lo stato più importante da tenere d’occhio era la Florida, i cui 25 grandi elettori sarebbero stati fondamentali per entrambi i candidati.
Per capire perché la Florida fosse tanto importante è necessario ricordare come funziona il sistema elettorale negli Stati Uniti, piuttosto articolato. Non per forza il candidato che ottiene più voti a livello nazionale vince l’elezione: semplificando, ogni stato federale attribuisce al candidato che vince in quello stato un certo numero di grandi elettori, e alla fine viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta di questi grandi elettori, ossia almeno 270. Lo stato con il maggior numero di grandi elettori è la California, che ne esprime 54 e negli ultimi trent’anni è sempre stata vinta dai democratici. Altri stati meno popolosi, come il Vermont o il Delaware, esprimono solo 3 grandi elettori.
Inoltre negli Stati Uniti i risultati delle elezioni sono annunciati dai media, quindi dai giornali e soprattutto dalle reti televisive sulla base delle proprie proiezioni, creando in alcuni casi un po’ di confusione (quelli ufficiali si possono far attendere alcuni giorni o anche alcune settimane).
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Verso le 20 del 7 novembre, subito dopo la chiusura dei seggi, i principali network televisivi annunciarono che Gore aveva vinto in Florida, sulla base degli exit poll. Poco dopo fu annunciata la vittoria di Gore anche in altri stati molto popolosi, come la Pennsylvania e il Michigan, rendendo praticamente certa la sua elezione. Nelle sedi del Partito Democratico si iniziò a festeggiare.
Alcuni membri del comitato elettorale di Bush chiamarono però i propri contatti nelle redazioni televisive, sostenendo che il risultato in Florida fosse molto più incerto di come era stato presentato. Verso le 21 la Florida fu riportata tra gli stati ancora in bilico e poco dopo l’1 di notte la vittoria fu attribuita a Bush, anche se i voti di alcune contee tradizionalmente democratiche non erano ancora stati scrutinati. Gore, convinto di essere stato sconfitto, chiamò Bush per congratularsi.
Poco dopo però ci fu un’altra sorpresa: con il proseguire dei conteggi il vantaggio di Bush in Florida si ridusse moltissimo, tanto che le tv furono costrette a ritrattare di nuovo il risultato finale dell’elezione. Alle 2:30 Gore richiamò Bush per dirgli che la sua vittoria non era più sicura. «Mi state dicendo che ritirate le vostre congratulazioni?», disse Bush, incredulo, spiegando che suo fratello Jeb, governatore della Florida, gli aveva confermato la sua vittoria. «Ti spiego una cosa, non decide tuo fratello», rispose Gore.
L’8 novembre al termine degli scrutini Bush risultò il vincitore in Florida, ma con un vantaggio così piccolo da rendere necessario per legge un riconteggio elettronico, in seguito al quale Bush risultò di nuovo vincitore per poche centinaia di voti, troppo pochi per non implicare uno strascico legale. La situazione entrò in stallo, dato che il conteggio dei voti era sostanzialmente finito senza un vincitore: Gore aveva vinto il voto popolare, ossia aveva ottenuto più voti in termini assoluti rispetto a Bush, ma in mancanza di un verdetto sulla Florida nessuno dei due aveva raggiunto la soglia dei 270 grandi elettori necessari per essere eletto.
Gore chiese quindi che ci fosse un riconteggio manuale dei voti in quattro contee, dando inizio a una disputa giudiziaria tra le squadre dei due candidati che si sviluppò tra numerose sentenze e ricorsi. Si discusse anche delle modalità con cui valutare le schede, dato che non esistevano standard univoci per contare manualmente i voti.
In alcune contee per votare era necessario perforare uno spazio apposito posto vicino al nome del candidato scelto: durante i riconteggi questo causò molti problemi, dato che alcune schede non erano state completamente perforate (il pezzetto di carta che avrebbe dovuto essere rimosso era rimasto parzialmente attaccato alla scheda) e altre erano solo segnate, ma non perforate.
Si discusse molto anche delle “schede farfalla” usate nella contea di Palm Beach, dove è probabile che un difetto nell’impaginazione abbia portato molti elettori democratici a votare per il candidato indipendente conservatore Pat Buchanan invece che per Gore.
La stampa si occupò a lungo di questi problemi, e improvvisamente molte persone divennero esperte di questioni tecniche legate alle schede elettorali. Il termine “chad”, ossia il pezzettino di carta che doveva staccarsi dalle schede, entrò nell’uso comune e si diffusero espressioni come “hanging chad” (quando solo un angolo rimane attaccato), “swinging door chad” (quando due angoli rimangono attaccati) e “pregnant chad” (quando il pezzo non si è staccato ma è solo rimasto segnato con una piccola escrescenza).
Oltre alle numerosissime cause legali ci furono molte proteste. Il 22 novembre centinaia di persone, in gran parte uomini bianchi in giacca e cravatta, si riunirono a Miami fuori dall’edificio in cui era in corso il riconteggio manuale dei voti. Chiedevano di fermare le operazioni, sostenendo che fossero illegittime, e ci riuscirono: il giorno successivo i funzionari annunciarono che avrebbero smesso di contare, anche a causa di problemi pratici e della mancanza di tempo.
La protesta è nota come “Brooks Brothers Riot”, dal nome di un noto marchio di abbigliamento elegante da uomo. In seguito si scoprì che molti manifestanti erano dipendenti del partito Repubblicano che erano stati pagati appositamente per partecipare.
Il 26 novembre la segretaria di Stato della Florida, Katherine Harris – che nel frattempo era diventata molto nota al pubblico statunitense, ed era un’aperta sostenitrice di Bush – dichiarò che Bush aveva vinto con un margine di 537 voti, sugli oltre sei milioni di voti espressi dagli abitanti dello stato.
Le dispute però andarono avanti. L’8 dicembre la Corte Suprema della Florida decise che sarebbe stato necessario ricontare almeno parte dei voti in tutte le contee dello stato, ma la decisione fu ritenuta incostituzionale dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, nel controverso caso Bush v. Gore. Si avvicinava intanto il termine ultimo consentito per stabilire il risultato finale dell’elezione, fissato per il 12 dicembre.
La decisione della Corte Suprema di fermare il riconteggio mise fine alle contese e di fatto decise il risultato delle elezioni presidenziali. Venne confermata la vittoria di Bush per 537 voti: il 13 dicembre del 2000, oltre un mese dopo il giorno del voto, Gore telefonò a Bush e riconobbe la sconfitta. « Gli ho promesso che stavolta non l’avrei richiamato», disse nel suo discorso.
Negli anni successivi furono fatti molti studi e indagini giornalistiche per cercare di capire chi avesse davvero vinto in Florida: alcuni sostengono che se fosse stato fatto un riconteggio completo di tutti voti espressi nello stato, Gore avrebbe vinto. Ma un eventuale rovesciamento del risultato stabilito dalla Corte Suprema non è mai stato davvero preso in considerazione.
Il primo mandato di Bush, iniziato con un’elezione a dir poco anomala, si rivelò molto turbolento. L’11 settembre del 2001 la sua presidenza dovette affrontare gli attacchi terroristici compiuti da al Qaida contro le Torri Gemelle di New York e il Pentagono, la sede del dipartimento della Difesa, a Washington. Negli attentati rimasero uccise quasi 3mila persone: fu un evento che segnò profondamente l’opinione pubblica americana e internazionale e che ebbe conseguenze enormi e durature sulle scelte di politica estera degli Stati Uniti.
Nel giro di pochi mesi Bush iniziò la “guerra al terrore”: a ottobre del 2001 l’esercito avviò un’operazione militare in Afghanistan per combattere al Qaida e il suo capo Osama bin Laden, e nel 2003 invase l’Iraq per deporre il presidente Saddam Hussein, accusato di possedere un arsenale di armi chimiche, biologiche e forse nucleari che avrebbe potuto essere usato contro gli Stati Uniti (accuse che furono in gran parte smontate).
Il vicepresidente di Bush fu Dick Cheney, noto per il suo atteggiamento interventista: entrambe le guerre proseguirono per decenni e fallirono nell’instaurare dei regimi democratici solidi. Nel suo secondo mandato, tra il 2004 e il 2008, Bush dovette invece gestire le conseguenze dell’uragano Katrina, che nel 2005 travolse la parte sud orientale degli Stati Uniti e causò oltre 1.800 morti e danni per decine di miliardi di dollari, e l’inizio della grave crisi finanziaria del 2008.
Dopo la fine dell’incredibile elezione del 2000 Bush e Gore mantennero le distanze e non si fecero vedere insieme per un po’. Furono fotografati nuovamente insieme nel 2007 alla Casa Bianca, quando Gore ricevette il premio Nobel per la Pace insieme all’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite, il principale organismo scientifico internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici.