La Corte suprema dell’India ha confermato la legittimità della decisione del governo indiano di revocare lo “status speciale” al Kashmir
Lunedì la Corte suprema indiana ha confermato la legittimità della decisione del governo dell’India di revocare lo “status speciale” al Kashmir, stato indiano a maggioranza musulmana rivendicato dal Pakistan e oggetto di un’antica disputa territoriale. Diverse persone, gruppi e partiti politici avevano presentato decine di ricorsi alla Corte suprema, accusando la decisione del governo di incostituzionalità. La Corte ha respinto i ricorsi, sostenendo che il Kashmir non possa avere una “sovranità locale” differente da quella degli altri stati, e che lo “status speciale” che gli era stato concesso aveva solo valore temporaneo.
Il Kashmir, il cui nome formale è Jammu e Kashmir, aveva avuto per anni uno “status speciale” sulla base dell’articolo 370 della Costituzione indiana, che tra le altre cose attribuiva allo stato un altissimo grado di autonomia. Nell’agosto del 2019 il governo del primo ministro Narendra Modi – del partito conservatore, nazionalista e induista Bharatiya Janata (BJP) – aveva deciso di togliere lo “status speciale” al Kashmir. La decisione faceva parte di un progetto politico più ampio del governo di Modi, che dalla sua prima elezione, nel 2014, aveva sempre mostrato di considerare il Kashmir un problema: nell’unico stato indiano a maggioranza musulmana e non induista, infatti, operavano da decenni gruppi separatisti appoggiati e finanziati dal Pakistan, paese con cui l’India ha combattuto diverse guerre.
Due mesi dopo aveva poi diviso lo stato in due diversi territori: uno che continuava ad avere lo stesso nome e un altro, al confine con la Cina, chiamato Ladakh. Diversamente dagli altri stati federati indiani, che hanno governi propri, questi due sono governati direttamente dal governo centrale. La decisione aveva provocato diffuse proteste nella regione.
L’articolo 370 era stato molto importante per lo stato del Kashmir, perché è la base giuridica con la quale all’inizio degli anni Cinquanta, dopo la rinuncia dei britannici all’India come loro colonia, si stabilì l’inclusione dello stato principesco del Jammu e Kashmir nello stato indiano.
Il Kashmir infatti era diverso dal resto dei territori che sarebbero finiti sotto il controllo del nuovo governo dell’India: era a maggioranza musulmana, mentre il resto del paese era induista. L’articolo 370 fu scritto per permettere al Kashmir di avere una propria Costituzione e una propria bandiera, e di mantenere competenze su tutte le materie ad eccezione della politica estera, della difesa e delle comunicazioni. Venne specificato inoltre che era vietato per persone provenienti dall’esterno comprare territori nel Kashmir, una garanzia per evitare grandi cambiamenti demografici.