La situazione al varco di Rafah è sempre più critica
Decine di migliaia di civili palestinesi sono al confine con l'Egitto per sfuggire all'invasione israeliana, ma non sanno più dove andare
Moltissimi civili palestinesi si stanno ammassando nei pressi del varco di Rafah, l’unico passaggio via terra attivo tra la Striscia di Gaza e l’estero, che si trova nel sud della Striscia, al confine con l’Egitto. La situazione umanitaria dei civili è sempre più grave: ne arrivano migliaia ogni giorno, obbedendo agli ordini di evacuazione dell’esercito israeliano, ma in molti casi non hanno cibo, acqua e rifugi in cui ripararsi, e tanti dormono in strada.
Domenica António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha avvertito che presto la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente se Israele e Hamas non si accordano per un cessate il fuoco. Guterres ha detto di aspettarsi che «presto l’ordine pubblico a Gaza si spezzi completamente a causa delle condizioni disperate, rendendo impossibile anche una minima assistenza umanitaria». Secondo Guterres, senza una pausa dei combattimenti il rischio è che nella Striscia di Gaza si assista a «un collasso dell’intero sistema umanitario».
Molti degli sfollati arrivano a Rafah da Khan Yunis, la principale città nel sud della Striscia, che l’esercito israeliano aveva cominciato a invadere il 4 dicembre dopo che a fine ottobre aveva già invaso il nord. La città di Rafah è al momento il posto più sicuro per i civili palestinesi, anche se non del tutto: non è ancora stata invasa via terra, ma è stata molto bombardata da Israele.
Non si sa il numero esatto dei civili palestinesi che si trovano attualmente a Rafah, anche se diverse stime parlano di decine se non centinaia di migliaia di persone. In tutto, secondo le Nazioni Unite, quasi l’85 per cento dei 2,3 milioni di abitanti della Striscia di Gaza ha dovuto lasciare le proprie abitazioni dall’inizio dell’invasione israeliana e al momento è sfollato in varie zone della Striscia.
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Riguardo alla drammatica situazione dei civili palestinesi, sabato il capo dell’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA) Philippe Lazzarini ha scritto un editoriale molto critico nei confronti di Israele sul giornale statunitense Los Angeles Times. Ha detto che quello a cui si sta assistendo è un tentativo del governo israeliano di spostare con la forza i palestinesi verso l’Egitto contro la loro volontà.
Secondo Lazzarini se Israele continua così, quello che succederà è che si arriverà a «una seconda Nakba, e che Gaza non sarà più una terra per i palestinesi». Lazzarini ha usato il termine arabo che vuol dire “catastrofe”, con cui i palestinesi si riferiscono a quanto successe prima e durante la guerra che Israele combatté nel 1948 con diversi paesi arabi, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case. La guerra fu poi vinta da Israele.
La “Nakba” è ricordata dai palestinesi ogni anno il 15 maggio, un giorno dopo la fondazione dello stato di Israele, avvenuta il 14 maggio del 1948. In seguito alla vittoria di Israele, centinaia di cittadine palestinesi vennero distrutti e circa 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case e diventare profughi di guerra.
Praticamente ogni sopravvissuto alla Nakba ha una storia o un aneddoto legato a quei giorni, e in genere si fa risalire a quella data l’origine dei problemi del popolo palestinese. Diversi profughi palestinesi scappati dalle loro case fra il 1948 e il 1949 conservano ancora la chiave della loro vecchia abitazione, e se la passano di padre in figlio.
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