I molti fronti del conflitto a Gaza
L'esercito israeliano sta intensificando gli attacchi sulla Striscia, compiendo al tempo stesso operazioni militari in Cisgiordania e in Libano
A più di due mesi dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas, nella notte fra sabato e domenica sono proseguiti gli attacchi e i bombardamenti israeliani in diverse zone della Striscia di Gaza, dove secondo le autorità sanitarie locali, controllate da Hamas, il numero dei morti ha superato i 17.700. Domenica mattina Israele ha detto di aver intensificato ulteriormente l’offensiva nel sud della Striscia, dove da settimane si sono rifugiate centinaia di migliaia di persone e dove è ormai in corso una crisi umanitaria sempre più grave. Ma il conflitto sembra continuare ad allargarsi anche su altri fronti.
L’esercito israeliano ha avvisato la popolazione palestinese di abbandonare con urgenza il centro di Khan Yunis, la più grande città nel sud di Gaza, indicando in una mappa i luoghi che intenderebbe attaccare. Ha inoltre sostenuto che alcuni combattenti di Hamas si sarebbero arresi nei dintorni della città di Gaza, a Shejaiya e Jabalia, nel nord della Striscia, senza tuttavia specificare quanti siano o quando si sarebbero arresi.
La dichiarazione dell’esercito segue di due giorni le discusse immagini di centinaia di uomini palestinesi fermati dai soldati israeliani perché sospettati di essere terroristi, che nei video e nelle fotografie circolate sui social network venivano mostrati bendati, seminudi e con le mani dietro la schiena, vicino ai soldati.
Secondo alcune testimonianze citate già nei giorni scorsi, tra le persone fermate dall’esercito israeliano ci sarebbero numerosi civili. Hamas sostiene che quelli visti nelle fotografie non siano membri delle brigate al Qassam, cioè l’ala militare del gruppo, bensì «cittadini indifesi». Secondo Hamas, mostrare le loro foto in quelle condizioni e accanto alle armi dei soldati israeliani servirebbe a Israele «per dare un senso fittizio di vittoria contro la resistenza».
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Anche se la gran parte dei civili morti nella Striscia è stata uccisa dai bombardamenti aerei di Israele, in queste settimane alcuni giornalisti palestinesi hanno ripreso video che sembrano mostrare soldati israeliani sparare contro i civili, cosa che l’esercito israeliano nega di fare.
Dall’inizio della guerra tra le altre cose a causa degli attacchi nella Striscia di Gaza e nelle zone al confine tra Israele e Libano sono stati uccisi 63 giornalisti e lavoratori del settore dei media: 56 palestinesi, 4 israeliani e 3 libanesi. Sono numeri molto alti, considerando per esempio che in quasi due anni di guerra in Ucraina sono stati uccisi 17 giornalisti. In entrambi i casi i dati sono stati raccolti dal Comitato per la protezione dei giornalisti, un’associazione nata con lo scopo di difendere la libertà di stampa e i diritti dei giornalisti in tutto il mondo.
Sia Amnesty International che Human Rights Watch, che ha condotto una propria indagine, hanno definito un crimine di guerra l’attacco israeliano compiuto lo scorso 13 ottobre in Libano in cui è stato ucciso il giornalista di Reuters Issam Abdallah e sono stati feriti altri sei reporter.
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Sempre domenica mattina l’esercito israeliano ha fatto sapere di aver arrestato diverse persone e confiscato numerose armi in Cisgiordania, dove dal feroce attacco di Hamas del 7 ottobre sono aumentate in modo sensibile le operazioni militari. Ha detto inoltre di aver compiuto un’ampia operazione militare contro basi e infrastrutture legate al gruppo radicale libanese Hezbollah nel sud del Libano: poche ore prima Hezbollah, che è l’organizzazione paramilitare più potente del Medio Oriente, aveva rivendicato un lancio di razzi diretti contro Israele.
Gli Houthi, un gruppo sciita sostenuto dall’Iran che controlla buona parte dello Yemen, ha invece minacciato di bloccare tutte le navi che transitano dal mar Rosso e sono dirette verso Israele, a fronte di quelli che un comunicato delle sue forze militari ha definito «i ripetuti e terrificanti massacri» compiuti a Gaza. Il gruppo fa parte di quello che il regime iraniano definisce il «fronte della resistenza», o l’«asse della resistenza» nei confronti di Israele e degli Stati Uniti, suoi storici nemici; dall’inizio della guerra ha compiuto diversi attacchi nella zona del mar Rosso con l’obiettivo di indebolire Israele.
In tutto questo gli Stati Uniti sostengono di aver chiesto a Israele di fare di più per proteggere i civili, specialmente nel sud della Striscia. Tuttavia il dipartimento di Stato ha approvato un provvedimento di emergenza, sorpassando l’approvazione del Congresso, per fornire munizioni a Israele. Gli Stati Uniti inoltre venerdì avevano posto il veto su una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco umanitario, immediato e permanente, nella Striscia di Gaza: gli Stati Uniti si sono sempre opposti all’uso dell’espressione “cessate il fuoco” sostenendo che questa non rispetti il diritto di Israele a difendersi.