I Forconi, dieci anni fa
Il 9 dicembre del 2013 il movimento populista legato all'estrema destra organizzò diversi presidi in molte città italiane per poi scomparire dal dibattito in pochi giorni
Dieci anni fa, il 9 dicembre del 2013, in diverse piazze italiane furono organizzati blocchi del traffico e presidi come forma di protesta generale contro lo Stato, le tasse e la crisi economica. In diverse regioni vennero bloccati i caselli autostradali e le strade statali, limitando la circolazione del traffico pesante e causando diversi disagi. Ci furono anche scontri con la polizia. “Rivoluzione 9 dicembre” era la scritta che si leggeva su striscioni e cartelli esposti durante le proteste solo all’apparenza spontanee, ma in realtà organizzate dal cosiddetto movimento dei Forconi.
Il movimento dei Forconi era molto eterogeneo e difficile da definire con precisione. Venne fondato tra il 2011 e il 2012 in Sicilia ed era principalmente un movimento populista legato all’estrema destra: inizialmente era costituito da autotrasportatori, a cui nel tempo si aggiunsero gruppi più o meno organizzati di agricoltori, operai, ambulanti e ultras delle tifoserie di calcio.
La maggior parte di loro faceva riferimento a partiti e movimenti politici di estrema destra, a partire da Forza Nuova, che sostenne le iniziative di protesta. In alcune città alle manifestazioni parteciparono anche alcune organizzazioni sindacali e militanti della cosiddetta sinistra antagonista.
La composizione eterogenea del movimento dei Forconi si rifletteva anche sulla natura delle richieste rivolte alle istituzioni. I motivi della protesta e ciò che veniva chiesto alla politica e alle amministrazioni non erano del tutto chiari. C’era un generico “basta” applicato praticamente a tutto: ai politici veniva chiesto indistintamente di lasciare i loro incarichi, al governo di dimettersi (all’epoca il presidente del Consiglio era Enrico Letta), alle amministrazioni locali di non pagare più consiglieri e assessori, a Equitalia di non effettuare più riscossioni e allo Stato in generale di non tassare più la popolazione.
Le proteste furono organizzate «contro la classe dirigente che ancora una volta vuole farci pagare il conto» e «l’ipocrisia dei nostri politici», ma avevano anche rivendicazioni più concrete, relative perlopiù all’aumento del costo del carburante e delle assicurazioni.
La situazione più critica fu a Torino, città scelta dal movimento come centro della protesta del 9 dicembre del 2013. I manifestanti si scontrarono con la polizia davanti alla sede della Regione. Per le vie del centro furono danneggiate vetrine e palazzi, e circa una decina tra agenti di polizia e carabinieri furono lievemente feriti. Diversi esponenti politici, cittadini e i sindaci delle città interessate criticarono il ministero dell’Interno per non avere disposto una migliore organizzazione delle forze dell’ordine per rispondere ai blocchi stradali.
Nei giorni successivi alle proteste tuttavia emersero le prime divisioni all’interno dell’organizzazione. Sul sito del “Comitato 9 dicembre”, promotore delle proteste, fu pubblicato un comunicato per prendere le distanze da Danilo Calvani e Gabriele Baldarelli, due leader del movimento nel Lazio, di fatto esautorandoli. Calvani era stato ripreso mentre raggiungeva un presidio in Jaguar: le foto e i video circolarono moltissimo. Le proteste si esauriranno nel giro di qualche giorno e la rivoluzione minacciata non avvenne mai.
Per tre anni i Forconi vennero ignorati dal dibattito politico e dai mezzi di informazione, pur continuando a farsi propaganda su internet e sui social network con regolari post e comunicati spesso aggressivi contro i politici, più o meno senza distinzioni e con argomentazioni populiste e razziste. Si tornò a parlare del movimento quando, nel dicembre del 2016, un gruppo di suoi esponenti provò ad arrestare il consigliere comunale di Torino ed ex deputato di Forza Italia Osvaldo Napoli, mentre era a Roma. Il gruppo di esponenti dei Forconi fu bloccato da alcuni poliziotti che erano sul posto.
Nel marzo del 2017 la procura di Latina ordinò alla polizia di perquisire le case di 18 esponenti del movimento: il motivo delle indagini era il “mandato di cattura popolare” inventato dai Forconi e promosso nel dicembre del 2016. Il mandato consisteva in un appello all’arresto sommario da parte di comuni cittadini di una serie di politici, compresi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’ex presidente Giorgio Napolitano, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il suo predecessore Matteo Renzi, tutti i ministri e tutti i parlamentari.