La mobilitazione contro lo sgombero di un consultorio autogestito a Catania
Oltre 3mila persone hanno manifestato per sostenere “Mi cuerpo es mio”, che aveva sede in un palazzo inutilizzato occupato dal 2018
Giovedì sera a Catania oltre tremila persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata per protestare contro lo sgombero del consultorio autogestito “Mi cuerpo es mio” e dello studentato 95100. Nella mattinata di martedì 5 dicembre i locali del consultorio e dello studentato erano stati sgomberati dalla polizia su richiesta della procura di Catania perché occupati dal 2018. Nei giorni scorsi associazioni, sindacati, comitati e partiti di centrosinistra hanno sostenuto l’importanza dei due servizi, da tempo integrati nella rete associativa della città siciliana.
Il consultorio Mi cuerpo es mio e lo studentato 95100 si trovavano in un palazzo all’incrocio tra via Gallo e via Sant’Elena. L’edificio è di proprietà dell’Ente Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero”: del consiglio di amministrazione dell’ente fanno parte il comune di Catania, l’università, un erede del barone Ursino Recupero e la soprintendenza.
Dal 2018 il palazzo è occupato da un gruppo di universitari e universitarie che dovevano far fronte a un problema notevole: a causa della mancanza di fondi, la Regione Siciliana non riusciva a garantire un contributo economico per borse di studio e posti letto agli studenti che erano risultati idonei a riceverlo. Da tempo inoltre gli studenti protestavano per la pessima gestione delle residenze universitarie di Catania, alcune delle quali abbandonate da anni come “Hotel Costa”, chiusa dal 2009. Il numero di posti decisamente inferiore rispetto alle richieste convinse il gruppo di studenti a occupare e recuperare lo stabile di via Sant’Elena che era stato sede degli uffici dell’università di Giurisprudenza, chiuso da decenni.
Alle attività dello Studentato 95100 si affiancò anche il consultorio autogestito con servizi di primo ascolto psicologico, consulenze su educazione, sessualità, reindirizzamento a ospedali e servizi pubblici, e con la funzione di sportello antiviolenza. Negli anni è stata creata una rete di mediche, avvocate, psicologhe, doule, neonatologhe, assistenti sociali, educatrici per aiutare donne vittime di violenza. Oltre allo studentato e al consultorio, nell’edificio c’era anche la sede catanese del movimento femminista Non una di meno.
Dal 5 dicembre, giorno dello sgombero da parte della polizia, è stato organizzato un presidio permanente in via Sant’Elena. Negli ultimi giorni gli attivisti e le attiviste hanno ricevuto sostegno e solidarietà da molte associazioni e organizzazioni di altre regioni.
I segretari della CGIL Carmelo De Caudo e Rosaria Leonardi hanno criticato l’iniziativa del comune. «In una città dove gli spazi pubblici dedicati alla condivisione di attività sociali è ridotta al lumicino e dove tutte le donne sono impegnate ad informare su diritti e azioni che possano prevenire la violenza di genere, servono più i dialoghi che gli spiegamenti di forze della polizia», hanno scritto. Anche i partiti d’opposizione PD, Sinistra Italiana e Movimento 5 Stelle hanno sostenuto la mobilitazione degli attivisti.
Elena Cecchettin, sorella di Giulia Cecchettin, uccisa a novembre dall’ex fidanzato Filippo Turetta, ha rilanciato su Instagram un post diffuso per protestare contro lo sgombero: «E poi letteralmente il giorno stesso dei funerali di Giulia Cecchettin lo Stato sgombera a Catania il consultorio autogestito “Mi cuerpo es mio”, un presidio contro la violenza di genere in cui si fa tra le altre cose letteralmente quell’educazione sessuale dietro cui ci si nasconde per non ammettere di essere il problema». Il fumettista Zerocalcare ha incontrato gli attivisti al presidio permanente e ha dedicato un’illustrazione alla protesta contro lo sgombero.
Visualizza questo post su Instagram
Il sindaco di Catania Enrico Trantino, esponente di Fratelli d’Italia, ha difeso la polizia: «Si tratta di un provvedimento dell’autorità giudiziaria e la legalità è da considerarsi sempre come un valore assoluto», ha detto. «La nostra città vanta associazioni che costantemente si prendono cura della violenza di genere e non mi risulta che in questo caso si trattasse realmente di un consultorio. Sulla destinazione degli immobili bisogna considerare le varie alternative proposte dal consiglio di amministrazione: senz’altro il mio pensiero è comunque di destinarli ad associazioni che si occupano di attività sociali».