Ai civili della Striscia di Gaza è rimasta solo Rafah
Decine di migliaia di palestinesi sono scappati lì, dopo che l'esercito israeliano ha invaso anche Khan Yunis, la più grande città del sud
Da martedì l’esercito israeliano ha iniziato a invadere Khan Yunis, la principale città nel sud della Striscia di Gaza, invitando la popolazione civile ad andarsene, seppur in modo decisamente confuso. A Khan Yunis nell’ultimo mese e mezzo si erano rifugiate centinaia di migliaia di palestinesi provenienti dal nord della Striscia, la prima zona che era stata invasa dall’esercito israeliano a fine ottobre, e quella che in generale è stata più pesantemente bombardata.
L’ultima grande città rimasta ai civili della Striscia di Gaza per rifugiarsi è Rafah, ancora più a sud di Khan Yunis, al confine con l’Egitto: è più sicura perché non è ancora stata invasa via terra, ma anche lì di fatto i bombardamenti israeliani in queste settimane non si sono mai interrotti.
Secondo fonti mediche palestinesi di Reuters in città, mercoledì a Rafah nove persone sono state uccise in un bombardamento israeliano. Il responsabile degli Affari umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, ha detto che «non è più rimasto alcun posto sicuro per i civili nel sud della Striscia di Gaza»: si teme che dopo Khan Yunis l’esercito israeliano possa invadere anche Rafah.
Le operazioni militari di Israele a Gaza sono una risposta al feroce attacco compiuto dal gruppo radicale palestinese Hamas in territorio israeliano lo scorso 7 ottobre: da allora l’esercito israeliano ha prima messo sotto assedio e bombardato la Striscia, poi ha iniziato l’invasione di terra, limitandola inizialmente alla parte nord, fino ad arrivare negli ultimi giorni a invadere anche il sud. L’invasione sta complicando molto la possibilità di avere notizie dalle aree attaccate: non è chiaro quante persone siano ancora a Khan Yunis, dove proseguono gli intensi combattimenti fra l’esercito israeliano e Hamas, ma secondo le Nazioni Unite quelle che sono già scappate verso Rafah sarebbero decine di migliaia.
Rafah è anche l’unico posto in cui in queste settimane è stato possibile far entrare aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e far uscire civili. Il varco al confine con l’Egitto è l’unico che è stato aperto, anche se in modo irregolare e solo con l’approvazione di Israele: tutti i varchi di frontiera tra la Striscia e Israele invece sono rimasti chiusi dal 7 ottobre.
Nei prossimi giorni potrebbe tuttavia essere aperto il varco di Kerem Shalom, a sud est della Striscia, vicino a Rafah: giovedì sera fonti israeliane e statunitensi hanno confermato che Israele avrebbe accettato di farlo, dopo settimane di mediazione degli Stati Uniti.
Inizialmente il varco di Kerem Shalom dovrebbe essere aperto solo per facilitare i processi di ispezione che Israele svolge su tutti i camion di aiuti umanitari che entrano nella Striscia da Rafah. La decisione però potrebbe almeno agevolare e velocizzare l’ingresso di aiuti umanitari per i civili palestinesi.
La situazione per i civili è comunque drammatica. Gli operatori umanitari nella Striscia sono sempre meno, la maggior parte degli ospedali ha smesso di funzionare e anche le Nazioni Unite hanno detto che le loro operazioni umanitarie si sono interrotte praticamente del tutto per via dell’invasione israeliana.
Nel frattempo i combattimenti fra Israele e Hamas vanno avanti sia al nord, concentrati soprattutto intorno al campo profughi di Jabalia, sia al sud, a Khan Yunis. Venerdì mattina le brigate al Qassam, l’ala armata di Hamas, hanno detto di aver bloccato un tentativo di Israele di liberare un ostaggio, e che quest’ultimo sarebbe stato ucciso negli scontri. Negli attacchi in Israele del 7 ottobre Hamas aveva rapito oltre 240 ostaggi israeliani e stranieri, 105 dei quali sono stati liberati durante la tregua dai combattimenti finita una settimana fa.
– Leggi anche: Cos’ha ottenuto Israele finora