Parigi non sa cosa fare della sua vecchia ferrovia urbana
La "petite ceinture", che passa attorno al centro, è in disuso da anni: qualcuno vorrebbe riaprirla, altri farci un parco
di Viola Stefanello
Porte de Clignancourt è uno dei ventiquattro svincoli che collegano i venti arrondissement in cui è divisa Parigi al boulevard périphérique, la tangenziale che circonda la capitale francese e la separa geograficamente dalle sue periferie. Fino a una decina di anni fa era un posto dove i turisti si avventuravano soltanto per lo storico e caotico mercato delle pulci di Saint-Ouen. Dal 2014, però, ha cominciato a essere inserita negli itinerari di molta gente, sia turisti che residenti, per via dell’apertura di uno spazio polifunzionale dove fare brunch o farsi aggiustare la bicicletta, seguire conferenze o studiare per qualche ora. Si chiama La Recyclerie, ha un’insegna molto riconoscibile, verde e gialla e un po’ sbilenca, e mentre alcuni la adorano altri la ritengono un simbolo molto chiaro della gentrificazione in corso in una zona storicamente popolare della città.
La Recyclerie è stata aperta in una vecchia stazione ferroviaria dismessa. Dalle grandi finestre si vedono ancora i binari, circondati da erbacce e arbusti, accessibili al pubblico quando c’è bel tempo. Sono quelli della petite ceinture, l’antica linea ferroviaria che, prima dell’inaugurazione della metropolitana, trasportava passeggeri da una parte all’altra della città, percorrendo 32 chilometri in un’ora e un quarto circa. Chiusa al traffico passeggeri dal 1934 e a quello merci nel 1993, la petite ceinture era in stato d’abbandono fino a una ventina d’anni fa, quando varie associazioni cominciarono a lavorare per aprire al pubblico alcuni tratti dell’antica ferrovia ormai ricoperti di vegetazione, facendone dei piccoli parchi pubblici.
Oggi circa metà del tracciato è aperto al pubblico, ma la SNCF – principale società pubblica francese dedicata ai trasporti ferroviari, a cui la petite ceinture appartiene – la considera soltanto una “linea inutilizzata”, e ha sempre vietato interventi che comprometterebbero l’ipotetico riutilizzo per il passaggio dei treni.
Così la petite ceinture è al centro di un dibattito tra chi vorrebbe trasformarla nel più grande parco di Parigi – contando sul fatto che offra refrigerio ai cittadini nelle giornate più calde – e chi spinge per riaprirla, usando il percorso già esistente per far passare un nuovo sistema di trasporti pubblici all’avanguardia in una città dove continuano a concentrarsi tantissimi posti di lavoro.
La petite ceinture fu sviluppata tra il 1852 e il 1869. Era un periodo di forte industrializzazione, la città cominciava a inglobare i villaggi limitrofi, e l’amministrazione locale doveva affrontare due grossi problemi logistici. Fino ad allora, la costruzione di linee ferroviarie in Francia era stata affidata a varie aziende private, e ognuna di loro aveva costruito una propria stazione nel centro di Parigi. Finirono per esserci dieci ferrovie diverse, radiali rispetto alla città, che finivano in altrettanti capolinea: è il motivo per cui ancora oggi ci sono così tante grosse stazioni in città, tra Gare du Nord, Gare de l’Est, Gare de Lyon, Gare Montparnasse e Gare Saint-Lazare.
Queste stazioni non erano però collegate tra loro in alcun modo: quando una merce doveva essere trasportata da una città francese all’altra passando per Parigi, succedeva spesso che dovesse essere tirata giù dal primo treno, trasportata con un carretto da un’altra parte della città e poi caricata su un altro treno, facendo perdere molto tempo e soldi.
In secondo luogo, mancava un modo veloce di trasportare truppe e armamenti lungo la cinta muraria di Thiers, le fortificazioni attorno alla città volute da re Luigi Filippo nella speranza di rendere la città inespugnabile in caso di attacco di potenze straniere. Di fronte a questi problemi, nel 1851 il governo definì prioritaria la costruzione di una linea ferroviaria che collegasse tra loro i vari capolinea di Parigi, che fu costruita in varie fasi nel corso del resto del secolo e ampliata per l’ultima volta in vista dell’esposizione universale del 1900.
La petite ceinture fu raramente utilizzata a scopi militari – se non nella guerra franco-prussiana tra 1870 e 1871 e poi dai nazisti durante l’occupazione di Parigi nella Seconda guerra mondiale – ma ebbe per vari decenni un enorme successo commerciale. Durante la settimana serviva a trasportare gli operai che vivevano nei paesini attorno a Parigi fino alle grandi fabbriche costruite ai margini della città; nel weekend era utilizzata da un pubblico più borghese, interessato a visitare il grosso bosco alle porte della città, il bois de Vincennes, che esiste ancora. Nel 1900, anno dell’esposizione universale a Parigi, trasportò 39 milioni di passeggeri: un numero enorme, soprattutto per il periodo storico. Un anno dopo aprì la prima linea della metropolitana.
«Nel 1870 la petite ceinture era veramente il massimo esempio di modernità. Ma soffrì moltissimo la concorrenza con la metropolitana, che era più economica, elettrica, percepita come molto più moderna: da un momento all’altro, i treni sono diventati fuori moda», spiega Antoine Sander, presidente dell’Association des promeneurs de la petite ceinture, che organizza passeggiate lungo il tracciato originario della linea ferroviaria e spinge per l’apertura della maggior parte del percorso al pubblico. Il gruppo di aziende ferroviarie che l’aveva creata non riuscì ad accordarsi con i gestori del sistema di trasporto metropolitano per integrare i due sistemi, e la petite ceinture smise di trasportare passeggeri nel 1934.
Continuò a spostare merci per un’altra sessantina d’anni, fino al 1993, quando la deindustrializzazione del centro città rese meno necessaria la presenza di una linea che collegasse le zone dove c’erano state le fabbriche. «A quel punto, la petite ceinture divenne una sorta di landa desolata», dice Sander. «C’è stato un momento in cui si è discusso molto seriamente e concretamente della possibilità di farci passare i tram, ma per ragioni politiche alla fine si decise di farli passare sui boulevard des Maréchaux. E la vecchia ferrovia è rimasta lì, coperta sempre più di vegetazione spontanea, abitata da persone senza fissa dimora, visitata al massimo da chi voleva fare esplorazione urbana o usarla per accedere alle Catacombe».
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Oggi la petite ceinture è un’accozzaglia di cose diverse: alcuni tratti sono stati messi in sicurezza, ripuliti e attrezzati con panchine e tavolini per permettere a chiunque di passeggiarci, correrci o fare dei picnic; altri sono completamente inaccessibili e piuttosto pericolosi da raggiungere; altri sono stati integrati nel servizio di trasporto metropolitano; altri ancora sono accessibili da una delle varie stazioni che, come nel caso della Recyclerie o dell’Hasard Ludique, sono state trasformate in locali e spazi culturali, e possono ospitare serate di cinema o concerti, oltre che uno stuolo di sedie sdraio nelle giornate estive.
Le persone senza fissa dimora che ci vivevano si sono per la maggior parte spostate altrove. Un paio di tratti di alcuni chilometri sono stati smantellati: per il resto, i binari corrono ancora attorno alla città, ininterrotti anche se un po’ malandati.
Dopo l’interruzione del servizio ferroviario, il primo tratto è stato aperto al pubblico nel 1998 grazie agli sforzi di un gruppo di cittadini di una strada del 18esimo arrondissement (nel centro-nord della città) e che erano stanchi di vedere i binari chiusi coperti di immondizia o utilizzati come luoghi di spaccio e prostituzione. La maggior parte però è stata aperta i tra il 2016 e il 2017, grazie a un flusso di investimenti, poi tra il 2019 e 2020 e ancora nel 2022. Secondo le previsioni, entro il 2026 dovrebbe essere possibile percorrere 15 chilometri lungo le rotaie della petite ceinture, anche se si tratterà sempre di tratti sconnessi tra loro.
La linea nella sua interezza è anche considerata un “santuario di biodiversità” per via delle tantissime specie di animali, anche in via d’estinzione, che vi si sono rapidamente stabilite dopo la chiusura, approfittando della vegetazione incolta: volpi, martore, lucertole muraiole, porcospini e la più grande colonia di pipistrelli nani dell’Europa continentale. Attorno ai binari sono cresciuti non solo gli alberi piantati nell’Ottocento per stabilizzare il terreno attorno alla linea ferroviaria, ma anche ciliegi e pruni nati dai noccioli lanciati dai passeggeri dei treni, oltre ad allori e altre piante domestiche che si sono allargate dai giardini privati vicini alle ferrovie o che in alcuni casi sono state piantate clandestinamente dai dipendenti stessi delle ferrovie.
Alcune associazioni ambientaliste sono preoccupate del fatto che l’aumento di attività umana sui binari danneggi la biodiversità, allontanando soprattutto gli animali che vi si erano insediati. Gran parte del dibattito pubblico al riguardo – per il momento animato soprattutto dalle varie associazioni dedicate alla petite ceinture e qualche politico locale – si concentra però su ciò che la petite ceinture potrebbe diventare in futuro, nel contesto di una città densamente abitata e cementificata che nelle ultime estati ha già raggiunto temperature molto più alte della media storica, e che sta investendo molto sulla sostenibilità.
Nonostante contenga vari parchi molto conosciuti, dai Jardins du Luxembourg su cui si affaccia il Senato francese al Jardin des Tuileries di fronte al museo del Louvre, Parigi è una città con meno alberi rispetto ad altre capitali europee, e soffre molto l’effetto “isola di calore”, che comporta un microclima più caldo nelle aree cittadine rispetto alle zone circostanti delle periferie e delle campagne.
Il centro della città è in genere due o tre gradi più caldo rispetto alle periferie circostanti, e la differenza di temperatura può arrivare anche a 10 gradi durante le ondate di calore, per via delle tante superfici scure che assorbono molta più radiazione solare rispetto al suolo e agli alberi, scaldandosi quindi di più. La scarsa presenza di suolo non ricoperto da asfalto e di alberi in città comporta inoltre una minore evapotraspirazione, cioè il passaggio dell’acqua dal terreno all’aria allo stato di vapore, reso possibile dalla traspirazione delle piante e dalla diretta evaporazione della parte umida del suolo. Questo processo consente di assorbire calore dall’ambiente e contribuisce quindi alle variazioni della temperatura.
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Ci sono alcune foreste vicine – il bois de Vincennes e il bois de Boulogne, per esempio – ma sono comunque lontane dal centro e ci vuole un po’ di tempo per arrivarci: anche per questo motivo, trovare un po’ di refrigerio nelle giornate calde può diventare complesso. Sui vecchi binari della petite ceinture, soprattutto vicino alle entrate dei tunnel e nei tratti costruiti diversi metri sotto al livello della strada, fa però molto più fresco: secondo un’analisi dell’agenzia di urbanistica di Parigi, d’estate in alcuni punti ci sono fino a una quindicina di gradi di differenza tra la strada principale e i binari vicino ai tunnel.
Proprio per creare uno spazio fresco nel centro della città, un gruppo di attivisti vorrebbe che la petite ceinture diventasse « il più grande parco della capitale e la passeggiata urbana più lunga del mondo», per un totale di più di 60 ettari di verde. Oltre ad aprire e mettere in sicurezza tutte le parti all’aperto ancora chiuse al pubblico, l’Association des promeneurs de la petite ceinture vorrebbe che il comune di Parigi costruisse dei percorsi piantumati da affiancare ai tratti di rotaia che non si possono aprire, come per esempio i tunnel o i vecchi ponti ormai molto costosi da ristrutturare.
L’idea sarebbe quella di poter girare attorno alla città a piedi o in bicicletta seguendo un lungo percorso ininterrotto di una trentina di chilometri. Lo slogan dell’associazione dice: «il più grande parco di Parigi si nasconde sotto ai vostri occhi». Qualcosa di simile a quanto fatto dalla città di New York con la Highline, la linea ferroviaria sopraelevata trasformata nel 2009 in un apprezzato percorso pedonale con molto verde, anche se nelle intenzioni delle associazioni parigine dovrebbe essere meno sofisticata e più “popolare” nell’aspetto.
«Il problema principale non è di natura tecnica, ma semplicemente economica», spiega Sander. «Non c’è niente di impossibile a livello tecnico, ma è un progetto che effettivamente costerebbe più o meno 60 milioni di euro, e il rapporto costi-benefici non è sempre a nostro favore». Consapevoli di aver bisogno di molto più supporto del pubblico per convincere i politici locali dell’importanza del progetto, i Promeneurs si concentrano soprattutto su eventi di sensibilizzazione, organizzando pic nic e lunghe camminate di gruppo lungo la petite ceinture per far conoscere l’esistenza di questi spazi e la loro storia al maggior numero di persone possibile.
Secondo l’attivista, infatti, tantissimi parigini ancora oggi non sanno bene cosa siano quelle rotaie dismesse che vedono di tanto in tanto camminando per la città, nonostante il comune abbia aggiunto dei pannelli informativi per raccontare la storia della petite ceinture in vari angoli della capitale. «Per dire, la prima volta che io sono stato alla Recyclerie qualche anno fa mi sono domandato cosa fossero quelle rotaie là, ma ci ho messo un altro bel po’ a scoprirne la storia», dice.
I Promeneurs, che hanno assunto la forma di un’associazione formale nel 2020, non sono però il principale gruppo impegnato per trasformare la petite ceinture: quello più storico, che esiste dal 1992 e nel tempo ha stretto rapporti sia con l’SNCF che con il governo locale e nazionale, è l’Association pour la sauvegarde de la petite ceinture. Il fotografo Jean-Nicolas Lehec ne fa parte: spiega che vogliono preservare la petite ceinture come patrimonio culturale e architettonico, ma che senza dubbio il loro obiettivo principale è quello di far passare nuovamente i treni sulla vecchia linea ferroviaria.
«Pensiamo che sarebbe una maniera molto speciale di far scoprire nuovamente Parigi ai parigini, ma soprattutto che potrebbe avere un ruolo di primo piano nel progetto di transizione energetica della capitale», dice Lehec. Già oggi alcune linee del sistema di trasporti pubblici di Parigi hanno troppi passeggeri rispetto a quelli che per cui sono state progettate, e ci sarà bisogno di ampliare ulteriormente il sistema sia per disincentivare l’uso di automobili (uno dei grandi obiettivi che la capitale si è fissata negli ultimi anni) sia per servire alcuni nuovi quartieri in via di costruzione.
Lehec sostiene che sarebbe piuttosto facile ristrutturare le infrastrutture esistenti per farci circolare dei treni leggeri, più silenziosi di quelli di un tempo, magari a idrogeno, sia per trasportare passeggeri sia per rendere più sostenibile la logistica urbana, dato che i camion invece inquinano tantissimo. Il fatto che la linea sia già situata in mezzo all’Île-de-France – la regione in cui si trova Parigi, nonché la più densamente popolata del paese – e quindi vicina a dove vivono o lavorano milioni di persone, a suo avviso la renderebbe ancora più strategica.
«A breve verrà aperta la nuova sede della BNP a nord, sul confine con Aubervilliers: ci sarà bisogno di più mezzi per trasportare le migliaia di persone che ci lavoreranno. C’è il nuovo quartiere di Bercy-Charenton che tra poco sarà completato. E ci sono ancora interi quartieri del centro che sono serviti molto male dalla metro, come le Buttes-Chaumont o la zona del cimitero di Père-Lachaise: la petite ceinture passa già per tutte queste zone».
«Se vogliamo veramente parlare di ecologia non possiamo evitare il discorso dei trasporti, e i treni sono senza dubbio uno dei mezzi di trasporto meno inquinanti che esistono. Non possiamo parlare solo di biciclette e passeggiate, anche se si potrebbe pensare a un uso ibrido, adibendo una parte dello spazio a piccoli parchi», dice Lehec. A ciò si aggiunge il fatto che la petite ceinture, essendo già stata costruita, non richiede di espropriare alcuna proprietà per essere ampliata, anche se ci sarebbe comunque bisogno di investire milioni di euro per rimettere in sesto i binari, costruire nuove stazioni e adeguare il sistema ai mezzi moderni.
Secondo i calcoli dell’associazione, ci si metterebbe più o meno cinque anni a trasformare la petite ceinture in una linea moderna e funzionale: per farlo c’è prima bisogno di un allineamento della volontà del governo nazionale, di quello metropolitano e di quello dei vari arrondissement, oltre che della SNCF, per farlo succedere. «Ci sono tanti interessi contrastanti», spiega Lehec. «Per dirne soltanto uno: certa gente ha comprato casa sulla petite ceinture anche per la vista sulla vegetazione, ma non apprezzerebbe per niente se all’improvviso avesse una casa su una linea del treno, anche se fosse molto leggera e poco rumorosa».
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