Meloni non ha ancora nominato il suo nuovo consigliere diplomatico

Da un mese l'incarico è vacante: il governo cerca di sopperire in vari modi, mentre ci sono due guerre in corso e un G7 da organizzare

Giorgia Meloni con la sua storica segretaria Patrizia Scurti (Roberto Monaldo/LaPresse)
Giorgia Meloni con la sua storica segretaria Patrizia Scurti (Roberto Monaldo/LaPresse)

Il 3 novembre scorso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato le dimissioni del suo consigliere diplomatico, Francesco Maria Talò. Il motivo era lo scherzo telefonico subìto il 18 settembre da Meloni stessa, in cui uno dei due comici russi Vovan & Lexus si era spacciato per il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki, e lei gli aveva creduto parlandoci mezz’ora. La registrazione era stata poi pubblicata il primo novembre, e due giorni dopo Talò – che in quanto consigliere diplomatico aveva responsabilità nell’organizzazione della telefonata – si era dimesso.

Un mese dopo non è stato ancora nominato un suo sostituto, e non è una questione di poco conto, specialmente con due guerre in corso, in Ucraina e in Medio Oriente, e con varie incombenze diplomatiche in cui l’Italia è coinvolta: a novembre c’è stata la firma dell’accordo con la Germania per la definizione di un Piano d’azione comune, di recente c’è stata la votazione finale sull’Expo 2030, a cui era candidata Roma ma che è stato assegnato all’Arabia Saudita. Inoltre a gennaio inizierà la presidenza di turno italiana del G7, il gruppo informale dei più importanti paesi democratici e industrializzati al mondo.

La carica del consigliere diplomatico è di tipo fiduciario: è il presidente del Consiglio che lo sceglie, di solito tra ambasciatori importanti o diplomatici di lungo corso. I collaboratori di Meloni dicono che non ci sono novità in vista, e che le priorità per Meloni al momento sono altre. Nelle analisi e nell’organizzazione della sua agenda internazionale, Meloni continua comunque ad affidarsi alle persone a cui è legata da molti anni: la sua segretaria particolare Patrizia Scurti e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, uno dei collaboratori più fidati di Meloni (Roberto Monaldo/LaPresse)

Meloni in ogni caso non è priva in assoluto di consiglieri diplomatici: Talò era il capo di un ufficio al cui interno c’è in totale una decina di persone che lavorano alle faccende di politica internazionale di interesse per la presidente del Consiglio, e che ne curano le relazioni con altri leader o capi di Stato e di governo. In quella squadra di diplomatici, che ha il suo ufficio al terzo piano di Palazzo Chigi, la sede della presidenza del Consiglio, le deleghe e la competenza sono ripartite sostanzialmente per aree territoriali: c’è chi si occupa di America, chi di Asia, chi di Africa, e così via. C’è anche una divisione che si dedica alle faccende che riguardano le grandi riunioni internazionali, come il G7 e il G20.

Tutta questa struttura è rimasta operativa. Tuttavia, la mancanza di un responsabile effettivo per un ufficio così importante è significativa. Il consigliere diplomatico svolge infatti un ruolo delicatissimo, che è decisivo anche se spesso può passare inosservato. Prepara gli incontri tra il presidente del Consiglio e altri capi di stato o di governo, realizzando dei fascicoli in cui riassume i principali temi che verranno trattati e suggerendo talvolta anche come trattarli. Spesso partecipa a questi incontri in prima persona, assistendo il presidente del Consiglio più o meno direttamente. Ha accesso diretto all’agenda del presidente del Consiglio, e provvede a incastrare gli appuntamenti diplomatici tra i vari impegni già presi. Organizza le telefonate con altri leader internazionali e poi ascolta le conversazioni da una linea collegata, prendendo appunti e stilando alla fine un resoconto che servirà per il futuro. Coordina spesso le attività tra il ministero degli Esteri e la presidenza del Consiglio, e riferisce al presidente eventuali sviluppi nelle varie regioni del mondo dove l’Italia ha o può avere degli interessi.

Nel recente viaggio a Dubai per la COP28, cioè la riunione annuale in cui i leader di decine di Paesi di tutto il mondo discutono delle soluzioni da adottare per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, Meloni ha incontrato nel giro di due giorni il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il presidente israeliano Isaac Herzog, il primo ministro libanese Najib Mikati, il presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed Al Nahyan, il presidente egiziano al-Sisi, il primo ministro giapponese Fumio Kishida: tutti incontri bilaterali, cioè riunioni a tu per tu, nelle quali sono state affrontate varie questioni specifiche, anche se ovviamente la guerra tra Israele e Hamas è stato il tema più ricorrente. Di ritorno da Dubai Meloni ha fatto sosta a Belgrado per un incontro col presidente serbo Aleksandar Vucić. Solo questa sequenza di incontri lascia intendere quanto intensa possa essere l’agenda diplomatica del presidente del Consiglio: in situazioni come queste il lavoro del consigliere diplomatico è prezioso, e il buon coordinamento dell’ufficio da lui diretto è fondamentale per preparare al meglio i vari appuntamenti.

Durante la missione a Dubai, la squadra dei diplomatici che ha accompagnato Meloni è stata guidata da Alessandro Cattaneo, che è rimasto seduto alle spalle di Meloni mentre lei interveniva in una delle assemblee previste. Negli scorsi mesi Cattaneo era stato il vice di Talò con la carica di consigliere diplomatico aggiunto. È normale che in questa fase di transizione svolga un ruolo di supplenza del suo superiore.

Talò, nel frattempo, è rimasto in buoni rapporti con Meloni e la gran parte del suo staff. Nelle due settimane seguenti al giorno dell’annuncio delle sue dimissioni è stato visto entrare più volte a Palazzo Chigi, dove c’è tradizionalmente l’ufficio del consigliere diplomatico. Secondo i collaboratori di Meloni c’era la necessità di concludere alcune pratiche rimaste in sospeso e di provvedere a portare via il materiale personale di Talò, che da venerdì ha iniziato a lavorare presso il ministero della Difesa guidato da Guido Crosetto. Farà il Defence Policy Director, cioè uno dei coordinatori della politica militare del ministero, un incarico che finora era quasi sempre stato assegnato a militari.

Crosetto ha voluto peraltro riportare sotto il diretto controllo del ministero questo ufficio: nel passato dipendeva dal capo di stato maggiore della Difesa, il generale che è responsabile più alto delle forze armate sul piano operativo. Insomma, un riconoscimento di un certo peso: Talò si è assunto la responsabilità dell’errore commesso in occasione dello scherzo telefonico dei comici russi, ma gode ancora della stima del governo e dei dirigenti di Fratelli d’Italia, il partito sia di Meloni che di Crosetto.

Francesco Maria Talò, ex consigliere diplomatico di Meloni dimessosi dopo il caso dello scherzo telefonico dei comici russi (CLAUDIO PERI/ANSA)

Nell’ufficio del consigliere diplomatico di Palazzo Chigi c’è un responsabile di primo livello che in parte può sopperire alla mancanza. È l’ambasciatore Luca Ferrari, lo “sherpa” di Meloni per il G7 e il G20. Viene chiamato così il capo della struttura di assistenza alla presidente del Consiglio per le questioni relative al G7 e al G20. Dopo il suo arrivo a Palazzo Chigi, Meloni aveva preferito dare a Ferrari questa delega, mentre nella maggior parte dei casi è il capo dell’ufficio diplomatico a gestire in prima persona anche l’organizzazione degli incontri multilaterali: era così nel governo di Mario Draghi, quando il consigliere era Luigi Mattiolo, e in quasi tutti i governi precedenti, con l’eccezione del governo di Paolo Gentiloni tra il 2017 e il 2018.

Quindi l’organizzazione dell’imminente G7 è affidata a Ferrari, come prevedeva già l’organigramma dell’ufficio, e dunque la mancata sostituzione di Talò non inficia il lavoro necessario per allestire questo grande evento che sarà ospitato in Italia a partire da gennaio, con varie riunioni a cui prenderanno parte ministri, funzionari e leader degli alleati storici che fanno parte del G7. Sui giornali si è addirittura parlato di una promozione di Ferrari, che avrebbe potuto assumere anche le deleghe di Talò. Finora non è successo e l’ipotesi sembra sempre meno probabile.

Meloni e il suo staff stanno valutando anche altre soluzioni: per esempio Vincenzo Celeste, ambasciatore esperto che a marzo scorso è stato nominato Rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione Europea, ossia il capo della nostra diplomazia a Bruxelles. Celeste è stimato trasversalmente, e forse al momento è proprio questo il suo problema, si sta rivelando prezioso su molte faccende delicate e importanti, come le trattative con la Commissione Europea sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), con cui l’Italia intende spendere i finanziamenti europei del Recovery Fund. Il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto collabora molto bene con lui, essendo entrato in carica da meno di un anno sarebbe un po’ complicato rimuoverlo.

Alcuni quotidiani hanno parlato anche dell’ipotesi di dare l’incarico di consigliere diplomatico a Elisabetta Belloni, ambasciatrice che dal maggio del 2021 è direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), la struttura di massimo coordinamento dei servizi segreti italiani. Tra Belloni e Meloni c’è un buon rapporto: quando Matteo Salvini e Giuseppe Conte nel gennaio del 2022 la proposero come candidata per la presidenza della Repubblica, Meloni si disse favorevole. Ma lasciare la guida dell’intelligence per andare a fare il consigliere diplomatico della presidente del Consiglio sarebbe uno strano cambio di ruolo, comporterebbe una parziale riduzione del prestigio personale. Anche per questo si è parlato dell’istituzione di un nuovo incarico di sottosegretaria alla presidenza del Consiglio con deleghe alla diplomazia: ma è un’ipotesi senza precedenti che richiederebbe del tempo, e che lo staff di Meloni non ha confermato.

Poi c’è Fabrizio Bucci, ambasciatore italiano in Albania dal 2020. L’apprezzamento di Meloni nei suoi confronti è noto, anche perché Bucci si è speso molto per definire il recente accordo con il primo ministro albanese Edi Rama per costruire in due città albanesi due strutture di ricezione dei migranti.

La calma con cui Meloni e il suo staff stanno valutando sostituti di Talò è legata anche al fatto che alcuni importanti ambasciatori nei prossimi mesi dovranno lasciare i propri incarichi, quindi la scelta potrebbe essere influenzata da diversi avvicendamenti. L’ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, Mariangela Zappia, decadrà per il raggiungimento del limite dei 65 anni, età massima in cui un ambasciatore può restare in servizio; lo stesso vale per Giorgio Starace, che è a Mosca. Nonostante vari partiti abbiano tentato in parlamento di alzare il limite a 67 anni, la legge non è stata modificata. Inoltre alcuni ambasciatori raggiungeranno il limite dei quattro anni, oltre i quali devono cambiare sede: è il caso, tra gli altri, di Vincenzo De Luca, ambasciatore in India.