L’accordo alla COP28 per triplicare la produzione di energia nucleare
Lo hanno raggiunto 22 paesi, tra cui Francia e Stati Uniti, che lo hanno definito una tappa fondamentale per ridurre le emissioni di gas serra
Sabato alla COP28 di Dubai, la grande riunione internazionale in cui si discute di contrasto al cambiamento climatico, 22 paesi hanno aderito alla Declaration to Triple Nuclear Energy, un accordo che li impegna a triplicare la capacità di produzione di energia nucleare globale entro il 2050. Un rilancio dell’energia nucleare è ritenuto da questi paesi fondamentale per ridurre nei prossimi decenni le emissioni di gas serra, quelle che causano il cambiamento climatico. I paesi aderenti sono: Stati Uniti, Bulgaria, Canada, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Ghana, Ungheria, Giappone, Corea del Sud, Moldavia, Mongolia, Marocco, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ucraina, Emirati Arabi Uniti e Regno Unito.
La dichiarazione dice che questi paesi si impegneranno a sviluppare o incrementare la produzione di energia nucleare globale, e che per farlo investiranno sulla costruzione di nuove centrali nucleari, oltre a migliorare quelle già esistenti. L’energia nucleare, dice la dichiarazione, è il modo più rapido ed efficace per smettere di usare i combustibili fossili, facilitando così la transizione energetica, come sostenuto di recente anche dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA).
Tra i 22 paesi in questione ci sono gli Stati Uniti, che ricavano il 18 per cento della propria elettricità dall’energia nucleare, e la Francia, che è il più grande produttore europeo di energia nucleare: ricava il 70 per cento della propria elettricità dell’energia nucleare. Il presidente francese Emmanuel Macron ha definito l’energia nucleare una «soluzione indispensabile» per il contrasto al cambiamento climatico.
Inoltre l’incremento della produzione di energia nucleare permetterebbe ai paesi europei anche una maggiore indipendenza dal petrolio e dal gas della Russia. Su queste basi l’anno scorso, nel pieno della crisi energetica, il governo francese aveva sostenuto fortemente il ricorso all’energia nucleare e annunciato la costruzione di nuovi reattori.
Il principale ostacolo ai propositi della dichiarazione rimangono comunque i costi e i tempi: per varie ragioni, tra cui l’inflazione, costruire nuovi reattori è diventato ancora più oneroso di un tempo, e i lavori per questi impianti richiedono tempi lunghi. Per questo motivo Macron e altri leader, come il primo ministro svedese Ulf Kristersson, hanno invitato la Banca mondiale e altre istituzioni finanziarie internazionali a contribuire
L’Italia non ha aderito alla dichiarazione, la presidente Giorgia Meloni per il momento ha preferito tenere una posizione interlocutoria. Sabato, intervistata dai giornalisti a Dubai tra un incontro e l’altro, Meloni ha detto: «Bisogna essere sempre molto pragmatici e non ideologici, io non ho preclusioni su nessuna tecnologia che possa essere sicura. Non sono certa che l’Italia oggi ricominciando da capo sul tema del nucleare non si troverebbe indietro». Poi ha aggiunto che la «vera sfida» per l’Italia è la «fusione nucleare», una tecnologia su cui l’Italia «è più avanti degli altri», e non la più tradizionale fissione.
– Leggi anche: La fine del nucleare in Germania