Non sappiamo ancora dove si farà la COP29, per colpa della Russia
La conferenza sul clima del 2024 dovrebbe svolgersi nell'Europa orientale, ma non si trova un accordo per scegliere il paese
La scelta di tenere a Dubai la conferenza sul cambiamento climatico dell’ONU di quest’anno (COP28), cominciata giovedì, è stata molto criticata da scienziati, attivisti e politici per il fatto che gli Emirati Arabi Uniti sono il settimo paese al mondo per produzione di petrolio e il quinto per emissioni di gas serra pro capite. Nonostante questo esiste la possibilità che anche la COP del prossimo anno debba essere organizzata con la collaborazione degli Emirati. La colpa è principalmente della Russia.
Le COP sono organizzate a rotazione nei cinque gruppi regionali in cui sono suddivisi i paesi delle Nazioni Unite: il Gruppo africano, il Gruppo Asia-Pacifico, il Gruppo Europa orientale, il Gruppo America latina e Caraibi e il Gruppo Europa occidentale e altri stati. Per ogni COP i paesi del gruppo di turno devono mettersi d’accordo su quale ospiterà l’evento tra quelli che si candidano a farlo. Di solito la cosa non crea grossi problemi, e poi l’ONU dà la sua approvazione alla decisione presa tra i paesi del gruppo. Per il 2024 toccherebbe al Gruppo Europa orientale, che comprende 23 paesi, e la Bulgaria si è offerta di occuparsene. Il problema è che la Russia, che appartiene allo stesso gruppo, si sta opponendo alle candidature di paesi che fanno parte dell’Unione Europea, e quindi anche a quella della Bulgaria.
Per questo a oggi non si sa ancora dove sarà organizzata la COP29 del 2024, e la questione verrà discussa in questi giorni a Dubai a margine delle più rilevanti discussioni sul futuro del pianeta e dell’umanità. Per contro, già da maggio è noto che la COP30 del 2025 si svolgerà a Belem, in Brasile.
Julian Popov, ministro dell’Ambiente bulgaro, ha parlato della questione con Politico spiegando che la posizione ufficiale russa è che i paesi dell’Unione Europea non sarebbero imparziali nella gestione della COP e avrebbero osteggiato i candidati appoggiati dalla Russia «per varie questioni legate alla guerra in Ucraina». Ma in sostanza, ha detto sempre Popov, stanno portando avanti una forma di «ritorsione» per il sostegno europeo all’Ucraina.
L’anno scorso oltre alla Bulgaria si erano candidate a ospitare la COP29 anche la Bielorussia, che è il principale paese alleato della Russia, e l’Armenia. Poi a giugno anche l’Azerbaijan si era candidato, due mesi prima di prendere il controllo militare del Nagorno Karabakh, lo stato separatista nel proprio territorio abitato principalmente da persone di etnia armena. L’Armenia e l’Azerbaijan si bloccano a vicenda le candidature.
Il fatto che ancora non si sappia dove si terrà la prossima COP è un problema pratico oltre che diplomatico. Dal 2015 in poi le COP sono diventate grandi eventi che durano quasi due settimane, coinvolgono capi di stato e di governo di tutto il mondo e radunano decine di migliaia di persone: due anni fa a Glasgow erano state più di 40mila, per quella di Dubai ne sono previste 70mila complessivamente. Dunque organizzarle non è semplice e le città scelte come sede cominciano a prepararsi per tempo.
In aggiunta, i paesi che ospitano le COP sono solitamente incaricati anche di gestire la presidenza delle conferenze stesse, che ha un ruolo importante per il processo dei negoziati in cui i paesi del mondo trattano sulle iniziative da prendere per contrastare il riscaldamento globale e per il loro successo. Secondo Popov il comportamento della Russia «sta danneggiando l’intero meccanismo delle COP e avrà inevitabilmente un impatto negativo sulla qualità dei negoziati».
Se non si dovesse trovare un accordo tra i paesi dell’Europa orientale, ci sarebbero diverse possibilità alternative di cui si sta parlando. Una è che gli Emirati organizzino anche la COP del prossimo anno. Il mese scorso il direttore generale della COP28 Majid al Suwaidi aveva detto che il suo paese non avrebbe ospitato nuovamente la conferenza sul clima, ma non ha commentato la possibilità che ne mantenga la presidenza. La COP29 potrebbe svolgersi fisicamente nella città tedesca di Bonn, che è la sede dell’UNFCCC, l’organo delle Nazioni Unite che si occupa del contrasto al cambiamento climatico ed è la parte dell’ONU che si occupa delle COP, ma essere gestita nuovamente dagli Emirati. Secondo le linee guida delle COP è infatti a Bonn che dovrebbero tenersi le conferenze in mancanza di un accordo tra i paesi del gruppo di turno.
Perché si possa fare servirebbe però il beneplacito della Germania, e secondo varie fonti diplomatiche di Politico non è detto che ci sarà.
Un’altra possibilità è che il Gruppo Europa orientale scambi il turno con un altro gruppo di paesi dell’ONU, come era successo nel 2019 quando la Spagna aveva ospitato la COP25 al posto del Cile, che in quel periodo era occupato da grosse proteste antigovernative. Oppure si potrebbe fare come proposto di recente dalla Bulgaria come soluzione di compromesso: una COP «distribuita», cioè con sede in un paese e presidenza di un altro, e ulteriori eventi collaterali altrove.
Ma per entrambe queste soluzioni alternative servirebbe l’unanimità tra i paesi del Gruppo Europa orientale, nonché il ritiro di tutte le candidature esistenti, quindi non è detto che siano davvero fattibili. In assenza di un accordo l’unica possibilità resterebbe Bonn, con la contestata presidenza emiratina.
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