Fra Spagna e Israele è in corso una crisi diplomatica
Dopo critiche molto dure di Pedro Sánchez contro le operazioni militari a Gaza, il governo israeliano ha richiamato la sua ambasciatrice
Giovedì il governo israeliano di Benjamin Netanyahu ha deciso di richiamare nel paese la propria ambasciatrice in Spagna, amplificando così una crisi diplomatica che era cominciata una settimana fa, in occasione della visita in Medio Oriente del primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, e si è aggravata giovedì, quando Sánchez ha ribadito la sua condanna agli intensi bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza.
Il richiamo degli ambasciatori è una delle forme di protesta più gravi in ambito diplomatico: presuppone che il paese che richiama il proprio ambasciatore rimanga senza una rappresentanza formale e che le funzioni normalmente svolte dall’ambasciatore siano sospese. Israele ha deciso questa misura al termine di una settimana in cui i rapporti sono stati molto tesi.
Una settimana fa Sánchez e il primo ministro belga Alexander De Croo avevano incontrato il primo ministro israeliano Netanyahu, il presidente Isaac Herzog, il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas a Ramallah, in Cisgiordania, e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi al Cairo. Il giro di incontri ufficiali di Sánchez e De Croo era iniziato venerdì con la proiezione da parte delle autorità israeliane di un video di venti minuti sulle atrocità commesse dai miliziani di Hamas durante gli attacchi del 7 ottobre. Poi erano stati al kibbutz di Be’eri dove oltre 100 civili israeliani sono stati uccisi.
In seguito parlando con i giornalisti Sánchez aveva definito l’incontro con Netanyahu «molto duro» e nelle dichiarazioni ufficiali aveva detto: «Ribadisco il diritto di Israele a difendersi ma all’interno dei parametri e dei limiti definiti dal diritto internazionale, cosa che non è avvenuta. L’uccisione indiscriminata di civili innocenti, comprese migliaia di bambini, è totalmente inaccettabile. La violenza porterà solo ad altra violenza». Sánchez aveva anche ribadito sia nell’incontro privato che poi nelle dichiarazioni pubbliche che il «terrorismo non si può sradicare solo con la forza», citando l’esempio di quanto accaduto in Spagna con i terroristi baschi dell’ETA.
Qualche ora dopo il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen aveva convocato gli ambasciatori spagnolo e belga (un’altra misura diplomatica, meno radicale del richiamo dei propri ambasciatori) con una nota ufficiale: «Condanniamo le dichiarazioni false dei capi dei governi di Spagna e Belgio che sostengono il terrorismo». Anche il primo ministro Netanyahu aveva detto di «condannare con durezza» quelle dichiarazioni che non attribuirebbero ad Hamas la «piena responsabilità dei crimini contro l’umanità di cui è colpevole». Il governo spagnolo aveva respinto le accuse, mentre le opposizioni e in particolare il Partito Popolare avevano accusato Sánchez di essere «imprudente in politica estera».
Nella stessa visita Sánchez aveva anche invitato la comunità internazionale e «l’Unione Europea in particolare» a prendere una decisione sul riconoscimento ufficiale dello stato palestinese. Sánchez aveva invitato a farlo in modo collettivo, specificando che altrimenti la Spagna in futuro prenderà una decisione al riguardo autonomamente. Finora i paesi europei ad aver riconosciuto lo Stato palestinese sono Svezia, Islanda, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Malta, Polonia e Romania.
La crisi era sembrata rientrare dopo un incontro fra i ministri degli Esteri dei due paesi durante una riunione a Skopje dell’OCSE, organizzazione che raggruppa 35 dei paesi più sviluppati al mondo, avvenuto giovedì.
Poche ore dopo però Sánchez ha fatto un’intervista con la televisione spagnola TVE, in cui ha detto di avere «molti dubbi sul fatto che Israele stia seguendo le leggi del diritto internazionale» nella guerra in corso contro Hamas. Ha così difeso la posizione espressa durante la visita in Medio Oriente. Il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen ha definito «oltraggiose e senza fondamento» le parole di Sánchez e ha annunciato il richiamo dell’ambasciatrice Rodica Radian-Gordon per consultazioni.
Il richiamo degli ambasciatori è di solito una misura temporanea, ma ha una durata non definita: viene utilizzata per mettere pressione su un governo perché cambi la sua posizione ufficiale e nei casi più gravi precede l’interruzione dei rapporti diplomatici.
Nel 2019, ad esempio, la Francia richiamò il proprio ambasciatore a Roma al termine di una lunga serie di polemiche con il primo governo di Giuseppe Conte (sostenuto da Lega e Movimento Cinque Stelle) e in particolare dopo l’incontro dell’allora vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio con la fazione più estremista del movimento dei “gilet gialli”, protagonista in quei mesi di una serie di proteste contro il governo, anche molto violente. L’Italia invece richiamò l’ambasciatore in Egitto nel 2016 in seguito all’omicidio del ricercatore Giulio Regeni.
Non è chiaro al momento cosa possa far rientrare la crisi. Le posizioni della Spagna sono fra le meno accondiscendenti in Europa con il governo di Netanyahu. Il nuovo governo Sánchez era stato presentato martedì 21 novembre dopo il raggiungimento di un accordo fra il Partito Socialista, Sumar (una coalizione di piccoli partiti della sinistra radicale), e diversi partiti regionali, tra cui gli indipendentisti catalani. Le posizioni di molti esponenti del governo Sánchez sono particolarmente critiche nei confronti di Israele, che già un mese fa aveva accusato parti dell’attuale maggioranza di essere «allineate alle posizioni di Hamas».