Quando Kissinger vinse il Nobel per la Pace
Il comitato norvegese prese una decisione molto contestata dopo gli accordi di Parigi del 1973, che dovevano mettere fine alla guerra in Vietnam
Henry Kissinger, morto giovedì a 100 anni, fu per tutti gli anni Settanta uno fra i politici più influenti a livello internazionale. Il suo approccio, definito “realista” e focalizzato solo sugli interessi degli Stati Uniti, condizionò la storia di una serie di paesi stranieri in vari continenti e lo rese uno degli uomini di potere più controversi e contestati del ventesimo secolo. Il ruolo degli Stati Uniti nel golpe cileno del 1973 è ormai un fatto storicamente consolidato e nel periodo in cui Kissinger guidava la politica estera il governo statunitense sostenne colpi di stato e azioni militari in Sudamerica, Africa e Asia. I critici lo accusarono apertamente di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Nonostante questa reputazione, già condivisa fra i suoi contemporanei, nel 1973 Kissinger vinse con il rivoluzionario vietnamita Le Duc Tho il premio Nobel per la Pace per aver «messo fine alla guerra in Vietnam e ristabilito la pace». I due erano i firmatari degli accordi di pace di Parigi che dovevano sancire il ritiro americano, e che poi invece furono disattesi. Le Duc Tho rifiutò il premio e la notizia dell’assegnazione del Nobel a Kissinger fu accolta dal comico statunitense Tom Leher con la famosa frase: «La satira politica è obsoleta». La guerra finì solo due anni dopo, con la presa di Saigon da parte del Fronte di Liberazione Nazionale, l’esercito nordvietnamita filocomunista: quel Nobel già enormemente criticato divenne imbarazzante.
Kissinger fu segretario di stato (un ruolo simile al nostro ministro del Esteri) fra il 1973 e il 1977, con i presidenti Richard Nixon e Gerald Ford, e dal 1969 era stato consigliere per la Sicurezza nazionale sempre per Nixon. Il coinvolgimento statunitense nella guerra in supporto del Vietnam del Sud contro il Nord comunista era iniziato nel 1961 e cresciuto nel corso degli anni, fino a superare i 500mila uomini impiegati nel 1967, con Lyndon Johnson presidente. Kissinger in quegli anni fu critico con l’intervento statunitense, essendosi reso conto in due viaggi in Vietnam – come scrisse nelle sue memorie – che gli «Stati Uniti non sapevano né come vincere la guerra, né come uscirne».
Nixon fu eletto presidente nel 1969 con la promessa di una «pace con onore» in Vietnam e Kissinger condivise questa linea, anche nella convinzione che nemmeno le eventuali vittorie dell’esercito statunitense avrebbero potuto dare vita a un regime vietnamita filo-occidentale stabile, in grado di «sopravvivere a un ritiro delle truppe americane».
Dagli ultimi mesi del 1969 l’amministrazione Nixon, e Kissinger in particolare, iniziarono quindi trattative di pace segrete a Parigi con il governo nordvietnamita, rappresentato dal generale Le Duc Tho. Proseguirono per oltre tre anni, con ripetuti incontri e altrettanti mancati accordi: i nordvietnamiti chiedevano di fatto il ritiro totale dell’esercito statunitense dalle zone di guerra in cambio della consegna di tutti i prigionieri. Kissinger in varie occasioni fece controproposte meno vincolanti per gli Stati Uniti che furono sempre rifiutate da Tho. Nell’incontro di inizio gennaio del 1973 le due parti trovarono infine un accordo, di fatto simile a quello rifiutato da Kissinger alcuni mesi prima: gli Stati Uniti si impegnarono a ritirare le truppe entro marzo, in cambio della liberazione di tutti i prigionieri di guerra.
L’applicazione dell’accordo ne mostrò subito i grandi limiti: gli eserciti del Vietnam del Nord e del Sud continuarono le operazioni militari, con una decisa avanzata dei primi. Al tempo stesso Kissinger decise e ordinò una serie di intensi bombardamenti non ufficialmente dichiarati della Cambogia, nell’intento di tagliare i rifornimenti di armi e di truppe ai nordvietnamiti. È stato stimato che causarono la morte di oltre 50mila civili, oltre a favorire la crescita e la successiva ascesa al potere in Cambogia dei Khmer rossi e di Pol Pot.
Tho e Kissinger erano però stati candidati al Nobel per la Pace e in seguito furono comunque scelti per il premio. La decisione è sempre stata definita fra le più complesse prese dal comitato norvegese che assegna i premi: due dei cinque membri, allora composto da parlamentari del paese (oggi sono ex parlamentari), si dimisero in segno di protesta. Le comunicazioni e discussioni relative a ogni premio Nobel vengono desecretate dopo 50 anni: il primo gennaio 2023 sono stati quindi resi pubblici i documenti relativi al premio del 1973. Da questi si deduce che la proposta arrivò due giorni dopo la firma degli accordi di Parigi e che fu mantenuta in seguito nonostante fosse diventato chiaro che gli stessi accordi non avrebbero retto. Fra i documenti c’è anche il telegramma con cui Le Duc Tho rifiutò il premio: «Quando gli accordi di Parigi saranno rispettati, quando le armi taceranno e la pace tornerà davvero nel Vietnam del Sud, allora potrei considerare di accettare il premio».
Kissinger invece rispose di «accettarlo con umiltà», non si presentò personalmente alla cerimonia, ma fece leggere un discorso di accettazione che fra le altre cose diceva: «L’obiettivo dell’America è la costruzione di una struttura di pace, una pace per cui tutte le nazioni abbiano un interesse e verso la quale tutte le nazioni si impegnino. Cerchiamo un mondo stabile, non come fine ultimo, ma come un ponte verso la realizzazione delle nobili aspirazioni dell’uomo alla tranquillità e allo stare insieme».
Kissinger donò l’intera cifra del premio a una fondazione che aiutava i figli dei militari caduti in Vietnam e la guerra continuò fino alla caduta della capitale sudvietnamita Saigon, il 30 aprile 1975, con la precipitosa fuga degli ultimi statunitensi presenti. Il giorno dopo quella conclusione Kissinger provò a restituire il premio Nobel, comunicando in una nota: «La pace che abbiamo ricercato attraverso le negoziazioni è stata rovesciata dalla forza». Il comitato per il Nobel rifiutò di riprendersi il premio, come avrebbe fatto in seguito in altre occasioni di scelte sconfessate da accadimenti successivi.