I paesi più ricchi si sono impegnati a versare oltre 380 milioni di euro nel fondo per compensare i danni causati dal cambiamento climatico nei paesi più vulnerabili
Nella prima giornata della COP28 di Dubai, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima cominciata giovedì, i paesi con economie sviluppate del mondo si sono impegnati a versare più di 380 milioni di euro in un fondo di compensazione per i danni e le perdite causate dal cambiamento climatico nei paesi in via di sviluppo più esposti ai suoi effetti negativi, come gravi tempeste e siccità. L’accordo per istituire il fondo era stato trovato l’anno scorso durante la COP27 di Sharm el-Sheikh, in Egitto, dopo anni di discussioni.
Si parla di compensazione perché la responsabilità del riscaldamento globale non è condivisa equamente da tutta l’umanità ma è principalmente dei paesi con economie più sviluppate, come gli Stati Uniti e alcuni paesi europei, che storicamente hanno prodotto maggiori emissioni di gas serra e continuano a farlo. Tuttavia nei documenti e nelle comunicazioni ufficiali sul tema i paesi ricchi non hanno mai riconosciuto tale responsabilità per evitare dispute legali. Nel gergo delle conferenze sul clima il fondo in questione viene chiamato “loss and damage”, che in inglese significa “perdite e danni”.
Finora non era mai successo che i paesi ricchi promettessero denaro a quelli in via di sviluppo per rimediare a danni e perdite legati al cambiamenti climatico: tutti i finanziamenti decisi finora servivano per aiutarli a ridurre le proprie emissioni di gas serra o a realizzare iniziative di adattamento all’aumento delle temperature.
Complessivamente l’Unione Europea ha promesso 224 milioni di euro, di cui 92 milioni della sola Germania. Gli Emirati Arabi Uniti hanno promesso una somma analoga a quella tedesca, il Regno Unito 47 milioni di euro, il Giappone 9 e gli Stati Uniti 16. John Kerry, l’inviato speciale per il clima del governo statunitense, ha fatto capire che per poter mettere più soldi nel fondo gli Stati Uniti avranno bisogno dell’approvazione del Congresso che in passato è stato restio ad appoggiare finanziamenti di questo tipo.
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