Alimentare il riscaldamento con l’acqua delle fognature
Alla sede dell'Agenzia del Demanio di Milano sarà installato un sistema che recupera calore dalle acque reflue: ma come funziona?
La società di ingegneria MM Spa, di proprietà del Comune di Milano, ha fatto un accordo con la sede lombarda dell’Agenzia del Demanio per realizzare un nuovo impianto che sfrutta le acque reflue, ossia quelle che scorrono nella rete fognaria, per riscaldare e raffreddare gli ambienti. È una tecnologia molto più sostenibile rispetto ai combustibili fossili, che si è diffusa in altre parti d’Europa ma che in Italia non ha ancora attecchito: dopo il completamento del progetto pilota con l’Agenzia del Demanio, MM punta ad applicare il modello anche ad altri edifici di Milano.
MM è un’azienda pubblica che tra le altre cose gestisce l’intero servizio idrico del comune di Milano. La sede regionale dell’Agenzia del Demanio si trova in Corso Monforte, tra i quartieri di Porta Venezia e Guastalla, in un palazzo storico che verrà riqualificato.
Questo genere di sistemi parte da un’idea piuttosto semplice: come spiega un report preparato dall’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e dall’Università di Bologna, l’acqua calda utilizzata tutti i giorni in casa o nelle industrie e convogliata poi nel sistema fognario può essere sfruttata per recuperare energia termica, dato che generalmente ha una temperatura più alta rispetto all’aria esterna, in media di 14 °C in inverno e 24 °C gradi in estate.
«L’acqua che utilizziamo in casa per fare la doccia, la lavatrice o la lavastoviglie ha temperatura elevate, e viene scaricata nelle fogne con tutta la sua energia termica» dice Francesco Mascolo, ingegnere e amministratore delegato di MM. L’energia prodotta scambiando calore in questo modo può essere sfruttata per realizzare gli obiettivi nazionali ed europei legati alla transizione energetica.
Il processo si basa su due strumenti fondamentali: uno scambiatore e una pompa di calore. Nel caso del progetto realizzato da MM per l’Agenzia del Demanio, «lo scambiatore avrà una forma concava e verrà depositato sul fondo del collettore fognario, in modo che sia sempre ricoperto dall’acqua», spiega Mascolo. Lo scambiatore è attraversato da un fluido “termovettore”, ossia in grado di assorbire calore e scaldarsi facilmente. Semplificando, funziona in questo modo: l’acqua fognaria, che è a una determinata temperatura, scambia calore con il fluido più freddo “termovettore” dello scambiatore, che a sua volta lo cede a una pompa di calore. Questa, alimentata a energia elettrica, ne alza ulteriormente la temperatura e lo restituisce infine al sistema di riscaldamento vero e proprio dell’edificio in questione. Già oggi molte case sono riscaldate con pompe di calore elettriche, ma in questo caso parte dell’energia termica viene ricavata direttamente dalle acque reflue.
Secondo MM, quello in programma all’Agenzia del Demanio sarebbe il primo sistema di questo tipo in Italia, ma è difficile confermare questo dato che la rete idrica nazionale è affidata a molte società private che si muovono in modo autonomo. Già da anni, però, MM gestisce un sistema simile al depuratore di Nosedo, nella periferia sudest di Milano: in questo caso però non c’è lo scambiatore ma l’acqua, depurata, alimenta direttamente due pompe di calore da 200 kW di potenza, usate per riscaldare o rinfrescare gli uffici del depuratore.
Generalmente è preferibile installare lo scambiatore nei collettori o vicino agli edifici, in modo da sfruttare il più possibile la temperatura dell’acqua di scarico. In questo modo però l’acqua delle fognature arriva più fredda di qualche grado all’impianto di depurazione, e potrebbe creare problemi ai processi biologici di depurazione. Il recupero di energia termica può avvenire anche dopo la depurazione, ma la temperatura sarà già più bassa (perché l’acqua ha già percorso la rete fognaria, raffreddandosi con il tempo) e quindi il processo diventa meno efficiente. «In entrambi i casi ci sono vantaggi e svantaggi», dice Davide Mattioli, ricercatore dell’ENEA.
Il teleriscaldamento tramite acque reflue è già diffuso in altri paesi europei: i primi esperimenti sono di oltre trent’anni fa, e secondo il report dell’ENEA oggi sono in funzione oltre 500 pompe di calore per acque di scarico in tutto il mondo. È considerata una tecnologia efficiente con cui è possibile ridurre l’impatto ambientale, i consumi energetici e quindi anche i costi. Non sempre però è possibile utilizzarla: è necessario che la rete fognaria abbia una certa portata, e soprattutto che l’utenza (ossia l’edificio in cui verrà sfruttata l’energia prodotta) sia sufficientemente vicina al punto da cui l’energia termica viene estratta, per ridurre al minimo le perdite nel trasporto. Per questo il modello è più adatto alle città, dove le case e le infrastrutture sono molto vicine.
In Svizzera sono già in funzione diversi sistemi di questo tipo, tutti basati sulla presenza di uno scambiatore e di pompe di calore. Per esempio, dal 2012 una casa di riposo nel comune di Münchenstein con 165 posti letto utilizza le acque di scarico domestiche come fonte per il riscaldamento e la produzione di acqua calda. Le acque di scarico hanno una temperatura di circa 20° C e provengono dagli alloggi, dalle cucine e dai bagni: vengono raccolte in un pozzo, filtrate e poi convogliate verso lo scambiatore posto nella cantina dell’edificio, vicino alla pompa di calore.
Il sistema è utilizzato anche in Francia, dove da anni alcuni edifici e piscine sono riscaldati tramite le acque reflue. Nel 2020, per esempio, il sistema è stato installato anche in una scuola elementare e nel municipio dell’undicesimo arrondissement di Parigi (il quartiere in cui si trova anche piazza della Bastiglia). Ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, una società immobiliare sta lavorando a un progetto per riscaldare tramite le acque reflue 1.600 unità abitative entro il 2025.