Come si appende un quadro
Consigli tecnici e soprattutto teorici da arredatrici ed esperti di design, per chi cerca ordine e chi invece vuole scompaginare
Appendere un quadro in casa è un’operazione apparentemente semplice ma piena di insidie, come raccontano decine di film e serie tv dove si finisce con pareti scrostate, martellate sulle dita, opere d’arte storte o, nei casi estremi, appese sottosopra. Le difficoltà sono sia tecniche – quali strumenti utilizzare, qual è l’altezza migliore o la distanza da tenere tra un quadro e l’altro – sia estetiche: quadri con dimensioni, stili e cornici diverse stanno bene tra loro? Che tipo di quadro è meglio appendere in soggiorno? E in corridoio?
Gli esperti di arredamento e interior designer hanno comunque dei consigli, per orientarsi e prendere decisioni in modo più consapevole. Va comunque ricordato che ogni regola può essere sovvertita se lo si fa intenzionalmente e soprattutto che la casa è lo spazio per eccellenza da arredare come più piace e come fa stare meglio.
Piccola guida agli strumenti da usare
Andando con ordine, oltre a martello, chiodi, metro e una matita per segnare il punto da forare, può essere utile avere sottomano del nastro adesivo di carta, che può essere incollato e rimosso dal muro senza danni, e una livella a bolla, uno strumento che serve a indicare se il quadro è stato attaccato dritto o storto (esistono anche delle app per il telefono con la stessa funzione). Può servire anche un filo da tirare per marcare fisicamente la stessa altezza a cui appendere un gruppo di quadri, come suggeriscono Elena Amati e Giorgio Pescatori dello studio Amati & Pescatori Architetti Associati.
Per le opere poco pesanti si utilizzano i chiodini, per i pezzi medi da oltre mezzo chilo sono meglio i chiodi in acciaio muniti di ganci mentre per gli specchi più pesanti è bene servirsi di chiodi grossi, tasselli a muro, viti e cacciaviti. Amati & Pescatori consigliano i chiodini con la protezione in plastica e un bastoncino per proteggere le dita da eventuali martellate (poi la plastica viene rimossa e resta soltanto il chiodino). Un’ultima idea è decidere di non forare il muro e servirsi di binari da cui partono i cavi che sostengono le opere: è utile se le pareti sono delicate o se si preferisce variare spesso la disposizione dei quadri.
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L’altezza giusta
Su Internet ci sono tantissimi articoli con regole puntigliose sulle misure da rispettare calcolate al centimetro: per esempio su quale distanza lasciare tra un quadro e il mobile sottostante (tra i 20 e i 25 centimetri) o tra un quadro e l’altro (circa 10). Sono tutte misure da valutare caso per caso e l’unica regola generale a cui attenersi riguarda l’altezza: un quadro dovrebbe essere appeso in modo che il suo baricentro si trovi dove cade lo sguardo, quindi attorno ai 160 centimetri da terra. Ovviamente ci sono delle variazioni: se un quadro è verticale e il soffitto è alto può essere appeso un po’ più su, e lo stesso vale per i quadri nelle stanze in cui si sta prevalentemente in piedi; i quadri che verranno guardati soprattutto da seduti, invece, possono essere appesi qualche centimetro più in basso. I quadretti e le serie di fotografie vanno invece all’altezza degli occhi, perché sono piccoli e li si osserva da vicino.
L’altezza a cui appendere i quadri può cambiare anche se i padroni di casa sono molto più alti o molto più bassi della media: in fondo sono loro che devono guardarli la maggior parte del tempo.
Una volta individuata l’altezza scelta sul muro, la si può segnare con una matita o stendendo un filo (se le opere da appendere sono più di una). Se il quadro da appendere è uno solo, si misura la lunghezza della parete, si trova il centro e lo si segna con una matita: quel punto deve combaciare con il baricentro del quadro, il punto in cui si incontrano le due diagonali. A quel punto si misura l’altezza del quadro, se non la si conosce già, e si riporta la metà sul muro verticalmente a partire dal punto già segnato: il nuovo punto è quello in cui va piantato il chiodo. Ci si può fare un’idea del risultato finale applicando sul muro del nastro adesivo nel punto in cui si troverebbe il bordo superiore della cornice. Infine, per controllare se è stato appeso correttamente, si usa una livella a bolla.
La funzione dei quadri nello spazio
Chiara Lionello, architetta che si occupa di interior design con un dottorato di ricerca al Politecnico di Milano, dice che i quadri non sono solo «elementi decorativi da inserire nello spazio, ma sono capaci di cambiare l’identità e l’esperienza che ne facciamo e di definire delle aree funzionali che oggi spesso convivono nello stesso ambiente. Le case contemporanee, soprattutto in città, sono più piccole di un tempo e spesso nascono da ristrutturazioni che tendono ad “aprire” lo spazio, eliminando le compartimentazioni tipiche del passato dove era facile trovare spazi divisi (il salotto, la sala da pranzo, la cucina, lo studio)». Per questo suggerisce di distribuire i quadri «accompagnandoli a specifiche aree funzionali e facendoli interagire con gli arredi».
Lionello suddivide i quadri tra quelli più adatti alle zone di sosta (soggiorno e sala da pranzo) o di passaggio (corridoio, disimpegno, ingresso, antibagno). Per le zone di sosta consiglia «quadri protagonisti» – cioè grandi, con un lato maggiore di almeno un metro – o gruppi di quadri compatti, perché «creano delle scenografie e dei punti di vista». «Se non sapete da dove partire», suggerisce, «iniziate con pezzi che inquadrino i punti di vista: per esempio quando entrate in casa individuate un luogo in cui cade lo sguardo». Inoltre, «se avete un quadro grande e con colori prevalenti», Lionello consiglia di utilizzarlo per equilibrare lo spazio: «per esempio in una stanza con il pavimento a parquet, i muri rosa chiaro e il divano di pelle sarebbe meglio un quadro con colori freddi, per bilanciare la prevalenza di toni caldi».
Per le zone di passaggio invece Lionello consiglia «gruppi di quadri piccoli ed eterogenei che si possono disporre in vario modo, privilegiando l’altezza dello sguardo di una persona in piedi» e che aiutano a «scandire i ritmi nella casa e a collegare gli spazi». Le piccole opere in luoghi di passaggio «fanno anche un effetto Wunderkammer», le cosiddette “camere delle meraviglie” nate nel Cinquecento dove i collezionisti raccoglievano oggetti rari e sorprendenti.
Come appendere gruppi di quadri
Appendere un gruppo di quadri è più complesso che appenderne uno solo ma probabilmente più stimolante. Se i quadri fanno parte di una serie, spiegano Amati & Pescatori, «è più facile valorizzarli appendendoli insieme in modo geometrico, simmetrico e ordinato».
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Volendo appendere un gruppo di quadri, bisogna chiedersi per prima cosa se si ricerchi un effetto simmetrico e forse più convenzionale o se si preferisca un risultato più eclettico e scomposto. Nel primo caso è meglio scegliere quadri dello stesso peso e grandezza, o un pezzo più grande affiancato da due più piccoli lateralmente oppure verticalmente, ma che occupino complessivamente lo stesso spazio. Nel secondo caso si possono mescolare opere diverse tra loro ma ricercando comunque un equilibrio complessivo, per esempio scegliendo almeno un elemento in comune: cornici con lo stesso colore, opere della stessa tipologia (per esempio fotografie in bianco e nero, o cartoline) oppure la predominanza cromatica o stilistica (per esempio quadri dove prevalga il blu o disegni astratti).
L’idea è considerare i pezzi come «elementi solitari che costruiscono relazioni tra di loro, anche a contrasto, per esempio affiancando cornici minimaliste e antiche. La modalità allestitiva non punta a generare ordine ma disordine: è più artistica», spiega Lionello. Inoltre del gruppo possono far parte anche altri elementi decorativi, come specchi o vasi.
Amati & Pescatori ricordano che anche all’interno di una composizione irregolare è utile seguire uno schema, per esempio «seguire uno o due assi principali da cui far partire i quadri e poi avere degli elementi che rompono questi assi man mano che ci si allontana, magari mettendo un quadro più in alto e uno più in basso, ma mantenendo comunque un certo ordine, per esempio la stessa distanza tra i quadri».
Un altro aspetto da non sottovalutare è l’impatto visivo del gruppo, cioè quanto un’opera attiri lo sguardo: un quadro molto brillante ha un impatto visivo chiaramente maggiore di un disegno a matita. Appendere un quadro con un forte impatto visivo può caricare molto uno spazio o, viceversa, può aiutare a smorzarlo; per questo può aver senso scegliere una sola opera di questo tipo e affiancarla ad altre con colori più delicati o con un disegno più intricato e sottile; oppure ancora circondare un’opera protagonista con quadretti più piccoli.
In questo caso è meglio non improvvisare sul momento ma appendere i quadri secondo un modello prestabilito: si può disegnare su un foglio la composizione da replicare sul muro, riportarla sulla parete con il nastro da imbianchino o disporre prima i quadri a terra, misurando così le distanze tra le cornici prima di bucare il muro. Quest’ultimo metodo consente di visualizzare chiaramente l’effetto complessivo finale e verificare che i colori si accordino, che le cornici non cozzino tra loro e che il risultato sia quello che si desidera.
L’altezza a cui appendere le opere va calcolata considerando il gruppo nella sua interezza. In questi casi, rispetto all’opera singola, è più facile rompere le regole e, spiega Lionello, «non considerare solo la tradizionale fascia utile della parete ma farlo per tutta la sua altezza, disponendo i quadri in modo un po’ più libero, come fanno alcuni designer contemporanei».
Spazi insoliti
Gli spazi insoliti e meno visti potrebbero essere più interessanti da arredare delle grandi pareti del salotto o quelle sopra la testata del letto. Lo spazio tra due porte o tra la parete e la finestra può ospitare quadretti, illustrazioni e fotografie, singole o messe in verticale. Sempre Lionello ricorda che Carlo Mollino, uno dei più importanti designer di interni del Novecento, attaccava i quadri anche alle tende che rivestono e dividono gli spazi, attraverso un sistema di aggancio invisibile.
Si possono appendere stampe, foto e quadretti anche nello sgabuzzino, in bagno, magari sopra la cassetta di scarico del water, e in generale nei luoghi di servizio: anche se sono riservati a chi abita in casa non vuol dire che non debbano essere belli, anzi. Sarebbe meglio, però, evitare di appendere opere delicate in bagno, in cucina, in cantina, nell’attico e in generale nelle stanze dove l’umidità è alta, dov’è preferibile scegliere stampe, fotografie o poster laminati.
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Illuminazione, vetri e cornici
Un aspetto da non trascurare è l’illuminazione: i quadri devono essere illuminati e visibili, possibilmente con una luce calda e non una fredda. Per le opere più importanti si possono scegliere applique centrali, ma è meglio non abusarne per evitare l’effetto da galleria espositiva (a meno che non sia voluto); un’alternativa è utilizzare faretti dal soffitto oppure lampade da indirizzare.
La cornice è un elemento fondamentale: se si tiene particolarmente a un’opera sarebbe meglio farla incorniciare (oltre che ai corniciai ci si può rivolgere ad alcuni siti internet che realizzano cornici più economiche, ma sempre su misura) perché spesso quelle prefabbricate non hanno delle proporzioni corrette e non valorizzano il quadro. Inoltre stampe, disegni e illustrazioni meno pregiate possono restare anche senza cornice ed essere appese con calamite, clip o puntine per un risultato più informale.
Sempre per le opere più importanti è meglio scegliere vetri trasparenti antiriflesso, quelli utilizzati anche nei musei e nelle gallerie d’arte, che consentono di osservare sempre l’opera evitando i fastidiosi riflessi delle luci artificiali. Per le fotografie è meglio comprare dei vetri anti UV 99 per cento per proteggerle dai raggi del sole; quelle d’autore e più preziose non dovrebbero essere esposte sotto la luce diretta del sole ma in angoli più riparati.
Come non appendere un quadro
Una soluzione più contemporanea è non appendere i quadri ma semplicemente appoggiarli a una parete a terra, su un ripiano della libreria, in una nicchia o a una mensola. L’effetto è rilassato, dà un’idea di casa più viva e stratificata e consente di ruotare spesso la disposizione delle opere. Si può anche appoggiare un quadro su un altro quadro appeso, giocando sulla somiglianza o sui contrasti di stile. Amati & Pescatori spiegano che le mensole, che sono piccole e di solito sporgono circa 8 centimetri, danno già un senso di ordine alle opere che così possono associate molto liberamente; inoltre consentono di evitare la cornice perché i quadri appoggiati stanno ugualmente bene.
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Trovare un equilibrio, personale
Come regola generale, spiega Lionello, «in casa tutto si può usare ma bisogna sempre ragionare per insiemi di colori e di stili: si devono parlare tra loro, devono parlare di noi e devono costruire una sensazione di benessere. Dalla mia esperienza questo senso di benessere si raggiunge spesso inserendo una nota discorde e rifuggendo dal coordinato». Per esempio un quadro o una mappa antica andrebbero un «po’ smorzati e affiancati a un divano moderno o a una poltroncina asciutta» per evitare l’effetto casa-della-nonnna. Invece una casa con molti pezzi di modernariato può essere riequilibrata con dei quadri astratti un po’ come faceva, dice sempre Lionello, l’architetto messicano Luis Barragán, «che arredava i suoi interni con molti pezzi dall’estetica scarna e apparentemente anonimi e poi inseriva delle grandi superfici colorate, che riportavano subito alla contemporaneità»; una cucina molto moderna in acciaio inox, invece, «può essere resa meno fredda con un quadro barocco».
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Per finire può essere utile non seguire troppo le tendenze, che rendono una casa molto databile, evitando di replicare automaticamente quello che si vede sulle riviste di design, su Instagram e su Pinterest. È sconsigliabile anche non acquistare in blocco mobili e decorazioni coordinate in negozi e siti di arredamento, per esempio cedendo ai suggerimenti di acquisti che compaiono appena si infila qualcosa nel carrello quando si compra online. È anche una buona idea smarcarsi un po’ dallo stile dominante, che è ancora influenzato dalla cosiddetta estetica AirSpace, quella scelta per molti appartamenti in affitto su Airbnb, con pareti bianche e pochi mobili scandinavi: una nuova forma di minimalismo ammorbidito da lucine a neon, vasetti di piantine sulle mensole e quadretti comprati da Ikea e appesi con le mollette.
Può servire darsi del tempo per pensare a cosa piace e a cosa si vuole che la casa racconti di sé: «anche semplici disegni – dice per esempio Lionello – possono diventare strumenti potenti e in grado di valorizzare gli spazi se li si compone e incornicia degnamente».
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