Cosa manca a Javier Milei per governare
Il presidente argentino ha poca esperienza e pochi collaboratori, e per questo sta cercando alleanze nei partiti tradizionali
Javier Milei, il politico di estrema destra che ha vinto le elezioni in Argentina la scorsa settimana, assumerà l’incarico come presidente il 10 dicembre. Per allora dovrà aver formato il proprio governo e selezionato decine di cariche governative e istituzionali, con cui portare avanti il proprio ambizioso e controverso programma economico. Il governo di Milei dovrà affrontare questioni piuttosto urgenti, come l’approvazione del budget dello stato per il 2024. Inoltre Milei stesso, nel discorso tenuto subito dopo la vittoria, ha detto di voler mettere in atto il prima possibile e senza compromessi il suo programma: «Non c’è spazio per il gradualismo».
Il problema è che, per come è stata la sua carriera politica finora, formare un governo efficace e creare le giuste alleanze politiche sarà estremamente complicato, per due ragioni: anzitutto non ha sufficiente sostegno politico nel parlamento argentino, e dovrà crearsi una coalizione che gli consenta di governare. In secondo luogo, il movimento politico di Milei ha assunto una rilevanza nazionale in Argentina soltanto negli ultimi mesi, ed è composto da pochissime persone, al punto che il nuovo presidente rischia di faticare a trovarne abbastanza per il suo nuovo governo, ed è stato costretto a chiedere aiuto a tecnici e politici esterni.
L’ascesa politica di Milei è stata rapidissima. Milei diventò deputato nel dicembre del 2021, dopo una lunga carriera da economista e da ospite dei talk show televisivi, e meno di due anni dopo è stato eletto presidente del paese, grazie a una retorica aggressiva e violenta che ha attratto un gran numero di cittadini colpiti dalla crisi economica argentina. Il suo partito, La Libertad Avanza, non ha una seria organizzazione territoriale e non ha abbastanza dirigenti per riempire tutti gli incarichi che un governo complesso come quello dell’Argentina richiede.
Milei, che ha idee libertarie estremiste, ha detto di voler ridurre il numero dei ministeri di più del 50 per cento, lasciandone soltanto otto: tra questi, intende creare un unico ministero del Capitale umano che tenga insieme sanità e istruzione, tra le altre. Ma anche dopo questa grossa riduzione, Milei avrà bisogno di assoldare tecnici e politici esterni per riempire tutti i ruoli.
In questo senso, la vittoria di Milei non è tanto dissimile da quella di altri due populisti di destra del continente americano, l’ex presidente statunitense Donald Trump e l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro: entrambi non facevano parte dell’establishment politico del loro paese e quando furono eletti dovettero appoggiarsi a tecnici esterni per riempire tutte le posizioni nei loro governi, spesso con risultati contraddittori. La situazione di Milei, se possibile, è ancora più complicata, perché la sua campagna elettorale è stata gestita con un’organizzazione estremamente scarna: la principale consigliera del presidente è sua sorella, e i collaboratori fidati sono davvero pochi.
Inoltre, nella sua brevissima carriera da deputato, Milei non è riuscito a farsi quasi nessun alleato e ha presentato in tutto un solo disegno di legge, peraltro simbolico. Milei e il suo team, oltre a essere pochi, sono estremamente inesperti.
L’ultimo problema riguarda il fatto che Milei non ha una maggioranza in parlamento. Al primo turno delle elezioni, che si è celebrato a ottobre, il suo partito La Libertad Avanza ha ottenuto soltanto sette seggi su 72 in Senato e 38 su 257 alla Camera. La Libertad Avanza inoltre non ha nessun governatore nelle 23 province argentine, che sono molto importanti perché l’Argentina è uno stato federale, dove le province hanno ampi poteri su sanità, istruzione e altro.
Per questo, Milei sta cercando alleati tra le altre forze politiche.
Fin dalla campagna elettorale è stato sostenuto da Mauricio Macri (si pronuncia Màcri), un politico di centrodestra che è stato presidente dell’Argentina tra il 2015 e il 2019 e che è tuttora il leader della coalizione politica Insieme per il cambiamento. Macri è a capo di un buon numero di deputati e senatori (anche se nemmeno lui arriva alla maggioranza assoluta dei seggi) e dal giorno della vittoria elettorale sta trattando con Milei per aiutarlo a formare il suo governo.
Per esempio, secondo i giornali argentini i due candidati più vicini a ottenere l’importante carica di ministro dell’Economia (Milei stesso è un economista e la gran parte del suo programma è incentrata su misure che dovrebbero risolvere la crisi economica argentina) sono entrambi persone fedeli a Macri: Federico Sturzenegger, governatore della Banca centrale sotto Macri, e Luis Caputo, ministro delle Finanze di Macri (che per un breve tempo è stato anche lui governatore della Banca centrale: in questo c’è una certa ironia, perché una delle proposte più celebri di Milei è quella di «far esplodere» la Banca centrale).
Nel team economico di Milei ci sono anche alcuni esponenti di vecchi governi di destra, come il ministro e il viceministro dell’Economia di Carlos Saúl Menem, che fu presidente tra il 1989 e il 1999 e che è generalmente accusato di aver portato l’Argentina alla grande crisi del 2001, che provocò un collasso dell’economia.
Molti sperano che l’influenza su Milei di Macri e di altri politici dell’establishment di centrodestra contribuirà a temperare l’estremismo del nuovo presidente, e a moderare alcune delle sue proposte economiche più radicali e irrealistiche. Al momento, sembra che Milei non abbia altra scelta che assecondare Macri e i suoi alleati più moderati, ma non è possibile sapere cosa succederà in futuro.
Dalla parte di Milei c’è il fatto che la sua vittoria alle elezioni di domenica è stata molto netta: ha vinto in quasi tutte le province argentine e ha ottenuto più voti di qualunque altro presidente argentino da quando il paese è tornato alla democrazia nel 1983. Con questo mandato così forte, non è da escludere che Milei riuscirà a trovare gli appoggi necessari per portare avanti il suo programma politico.