A un anno dalla frana di Ischia molte persone sono ancora sfollate
La ricostruzione è stata associata a quella per il sisma del 2017: i lavori urgenti sono cominciati, per quelli strutturali bisognerà aspettare
È passato un anno dal nubifragio che il 26 novembre del 2022 colpì molte zone di Casamicciola Terme, un comune di 7mila abitanti sull’isola di Ischia, causando la morte di 12 persone ed enormi danni a edifici e infrastrutture. Le piogge iniziarono verso le 5 di mattina, e in poco tempo generarono una frana che portò con sé un’ampia colata di fango e massi. Parte dei detriti si riversò in mare, trascinando via alberi e automobili. Le conseguenze del nubifragio furono molto gravi anche per via dell’eccessiva edificazione del territorio dell’isola e in particolare del comune di Casamicciola, dove una casa su due è abusiva, ossia è stata costruita dove non era permesso oppure è stata aggiunta una volumetria senza le necessarie autorizzazioni.
Nonostante gli enormi disagi, in un anno sono stati avviati solo i lavori considerati urgenti, e circa cento persone sfollate non sono ancora potute tornare nelle proprie case.
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In seguito alla frana oltre 400 abitanti di Casamicciola furono evacuati e poterono rientrare a casa solo mesi dopo, a partire da fine dicembre. Oltre 350 persone furono ospitate negli alberghi dell’isola, tenuti aperti per l’emergenza, mentre altri abitanti lasciarono temporaneamente Ischia e trovarono ospitalità a casa di amici o parenti. Circa 350 persone decisero di rimanere nelle proprie abitazioni nonostante i decreti di allontanamento.
Come spesso accade, il governo di Giorgia Meloni – che si insediò il 22 ottobre del 2022, circa un mese prima della frana – nominò subito un commissario delegato alla gestione dell’emergenza: l’avvocato Giovanni Legnini, che già ricopriva l’incarico di commissario straordinario per il terremoto di Ischia del 2017. Gli interventi relativi alla frana furono quindi strettamente legati ai piani di ricostruzione per il sisma. Il 3 dicembre fu approvato il primo decreto Ischia, che tra le altre cose stanziava 40 milioni di euro per sostenere gli interventi di ricostruzione tra il 2023 e il 2026 nel comune di Casamicciola. Il piano fu poi integrato da molti altri progetti, istanze, delibere e ordinanze locali o della protezione civile.
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Sempre lo scorso dicembre fu predisposto un sistema che monitora costantemente i movimenti del terreno attraverso uno strumento chiamato radar interferometrico, che invia microonde ad alcuni sensori posizionati nelle zone più critiche e ne rileva eventuali spostamenti. Furono installati anche quattro pluviometri, cioè strumenti che misurano quanta acqua è piovuta.
Secondo il rapporto annuale sulla ricostruzione dell’isola di Ischia, presentato dall’ufficio della presidenza del Consiglio a fine agosto, l’alluvione ha danneggiato 241 edifici, di cui 55 in modo grave, quasi tutti a Casamicciola Terme. Considerando anche quelli danneggiati dal sisma del 2017, al momento sull’isola ci sono 1.015 edifici da ricostruire. È stato calcolato che gli interventi di ricostruzione privata legati sia al terremoto che alla frana richiedono 668 milioni di euro, a cui si aggiungono 215 milioni necessari per la ricostruzione di edifici o infrastrutture pubbliche e circa 354 milioni per interventi legati al dissesto idrogeologico: secondo il rapporto, per ricostruire l’isola servirebbero 1,26 miliardi di euro.
Nei mesi successivi alla frana gli abitanti di Ischia e di Casamicciola hanno cercato di tornare, per quanto possibile, alla normalità. Anche le attività commerciali cominciarono a riaprire, a partire da quelle del turismo: da tempo l’isola, vicina a Napoli e alla costiera amalfitana, è una delle mete più apprezzate dai visitatori stranieri. La frana portò però una notevole pubblicità negativa al territorio, soprattutto a causa delle tante foto che mostravano strade ricoperte di fango e delle polemiche sorte in merito all’abusivismo edilizio.
Nella settimana di Pasqua del 2023 i turisti furono decisamente inferiori rispetto agli anni precedenti, ma con con la graduale riapertura degli alberghi le prenotazioni cominciarono ad aumentare. Nel ponte del 25 aprile quasi 40mila turisti visitarono Ischia: un successo, secondo gli operatori del settore. A luglio ha riaperto il porto di Casamicciola, un importante scalo per i turisti che era rimasto inagibile per oltre sette mesi a causa del fango e dei danni dell’alluvione. Il sindaco Giuseppe Ferrandino, esponente di Azione, ha detto che per quanto riguarda il turismo la stagione estiva è stata tutto sommato positiva.
Intanto i lavori di ricostruzione più urgenti sono partiti, anche se sono ancora nella fase iniziale. Il 7 novembre, per esempio, il commissario Legnini ha inaugurato l’inizio delle attività scolastiche in aule provvisorie realizzate nel comune di Forio, nella parte ovest dell’isola, mentre la scuola Leonardo D’Abundo aspetta ancora di essere ricostruita. «Ci sono dei borghi fantasma, dove i danni dell’alluvione si sono sommati a quelli del terremoto», dice Ida Trofa, giornalista che abita a Casamicciola.
Un reportage del quotidiano Il Mattino ha raccontato che nel piccolo comune i danni dell’alluvione sono ancora evidenti, nonostante l’avvio dei primi lavori: molte attività commerciali come negozi, supermercati e hotel non hanno mai riaperto e oltre 100 persone sono ancora sfollate e vivono in albergo. «La ricostruzione è lontana, se non impossibile», dice Trofa.
Secondo il Corriere del Mezzogiorno finora sono stati completati circa 60 interventi, tra cui la pulizia degli alvei (i letti dei fiumi), e aperti più o meno 30 cantieri, mentre altri 60 sono in fase di progettazione e 27 in fase istruttoria. Gli interventi strutturali, invece, non sono ancora cominciati.
Secondo Legnini, un passaggio importante per la ricostruzione dell’isola è il sistema delle «delocalizzazioni», ossia il trasferimento in zone sicure degli abitanti dell’isola che risiedevano in edifici danneggiati dal sisma o dall’alluvione, e di quelli che tuttora si trovano in zone considerate a rischio. A luglio il commissario ha firmato un’ordinanza per avviare il percorso delle delocalizzazioni volontarie, introducendo anche dei contributi economici per le persone che decidono di spostarsi. Dal 15 settembre al 24 novembre sono arrivate «una ventina di richieste», ha detto Legnini al Corriere, anticipando che in futuro il trasferimento degli edifici che si trovano in zone non idonee diventerà obbligatorio. Secondo Trofa però sarà difficile trovare aree “sicure” sufficienti a ospitare tutti gli abitanti che ne avrebbero bisogno: «In un fazzoletto di terra come il nostro, quale territorio non è a rischio?», si chiede.