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  • Sabato 25 novembre 2023

È un grande momento per la letteratura irlandese

Gli scrittori di un paese che conta solo l'1% delle persone di madrelingua inglese del mondo affollano i premi letterari e le classifiche, e c'è qualche spiegazione

I candidati al Booker Prize: l'irlandese Paul Lynch, la britannica Chetna Maroo, lo statunitense Jonathan Escoffery, la canadese Sarah Bernstein, l'irlandese Paul Murray e lo statunitense Paul Harding, Londra, 23 novembre 2023 
(AP Photo/Kin Cheung)
I candidati al Booker Prize: l'irlandese Paul Lynch, la britannica Chetna Maroo, lo statunitense Jonathan Escoffery, la canadese Sarah Bernstein, l'irlandese Paul Murray e lo statunitense Paul Harding, Londra, 23 novembre 2023 (AP Photo/Kin Cheung)

Tra i sei finalisti di quest’anno del Booker Prize – il principale premio letterario del Regno Unito, che verrà assegnato domenica a un libro di narrativa scritto in inglese e pubblicato nel 2023 – ci sono i romanzi di due autori irlandesi: The Bee Sting di Paul Murray e Prophet Song di Paul Lynch (che uscirà in Italia a inizio 2024 Il canto del profeta per 66thand2nd). Inoltre nella selezione di finalisti precedente a quella definitiva, su tredici autori, quattro erano irlandesi: non ce n’erano mai stati così tanti nella storia del premio.

È a suo modo una conferma di una tendenza che viene rilevata da qualche tempo nel mondo dell’editoria, e che riguarda la vitalità e la rilevanza della letteratura irlandese di questi anni, che va oltre il successo planetario avuto per esempio dall’autrice Sally Rooney. Nonostante una grande tradizione letteraria, questa tendenza non è scontata se si considera che, come scrive BBC, l’Irlanda rappresenta oggi soltanto l’un per cento di chi è madrelingua inglese in tutto il mondo.

Nel Novecento gli scrittori irlandesi ad aver vinto il Booker Prize erano stati due: Iris Murdoch nel 1978 con The Sea, The Sea, e Roddy Doyle con Paddy Clarke Ha Ha Ha nel 1993. Negli ultimi 20 anni, invece, 16 edizioni del premio hanno avuto tra i finalisti almeno un autore irlandese e tre sono stati vinti da scrittori irlandesi: nel 2005 da John Banville con The Sea, che aveva battuto il compatriota Sebastian Barry autore di A Long Long Way; nel 2007 da Anne Enright con The Gathering (tradotto in Italia da Bompiani e poi da La nave di Teseo con il titolo La veglia); e nel 2018 da Anna Burns, che viene dall’Irlanda del nord, con Milkman, un romanzo sperimentale e politicamente impegnato. Due scrittori sono stati ripetutamente finalisti senza vincere: William Trevor per cinque volte e Colm Tóibín per tre. La quantità di scrittori irlandesi interessanti del XXI secolo è quindi piuttosto alta: come ha scritto il giornalista Max Liu «l’Irlanda continua a produrre voci letterarie fresche e sofisticate a un ritmo incredibile».

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Nel 2018 lo scrittore Sebastian Barry venne nominato dall’allora presidente irlandese Michael D. Higgins “fiction laureate”, un incarico ufficiale che prevede, tra le altre cose, la promozione della letteratura irlandese. Nel suo discorso di ringraziamento aveva parlato di una «epoca d’oro della prosa irlandese», riferendosi a giovani autrici come l’allora 26enne Sally Rooney, che l’anno prima aveva pubblicato il romanzo Conversations with friends (tradotto da Einaudi come Parlarne tra amici) e scrittori di lunga data come Roddy Doyle, che aveva 59 anni. Barry sottolineava che «ci sono almeno 20 persone, se non di più, che al momento sarebbero altamente qualificate per questo compito. Non è stato sempre così. Quando avevo iniziato io, negli anni Settanta, ce n’erano quattro o cinque».

Gli autori che Barry annoverava erano molto diversi tra loro per età, stili e finalità, ed esprimevano una letteratura dalla forza «bizzarra»: «non so come abbiamo fatto o perché succeda, forse perché [l’Irlanda, ndr] è una cuspide perduta dell’Europa, nella pioggia, e in parte ci ha spinti in questa strana attività». Secondo lui la forza della letteratura irlandese era una risposta all’incertezza dilagante nel paese, e i suoi scrittori erano accomunati dalla capacità di creare «uno shock» nei lettori che non solo riusciva a produrre «piacere e gratitudine», ma li aiutava anche a trovare risposte e a immedesimarsi.

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Anche altri critici e scrittori pensano che la forza della letteratura irlandese stia nella capacità di inserire nelle storie individuali le difficoltà che affronta l’intera nazione. Per esempio il romanzo The Gathering di Enright, che vinse il Booker Prize nel 2007, utilizza la storia di una famiglia che si riunisce dopo il suicidio di un suo membro per raccontare le conseguenze degli abusi sessuali con cui si stava confrontando il paese, in particolare quelle compiute da preti pedofili all’interno della Chiesa cattolica. A un certo punto la voce narrante spiega che «questa è l’anatomia e il meccanismo di una famiglia – di un intero cazzo di paese – che sprofonda nella vergogna».

Non a caso, secondo alcune letture la letteratura irlandese era in precedenza andata in crisi quando aveva perso contatto con il paese. Nel 2001, il giornalista del quotidiano Irish Times Fintan O’Toole aveva scritto che gli scrittori irlandesi di allora non riuscivano ad analizzare e a raccontare i tempi in cui vivevano, descrivendo invece il paese a occhi chiusi. Da allora buona parte degli scrittori irlandesi che hanno avuto successo ha fatto esattamente il contrario, riprendendosi il ruolo tradizionale di «riflettere sugli elementi peggiori della società», come scrive la studiosa di letteratura irlandese contemporanea Orlaith Darling sul sito The Conversation.

Vale anche per i due romanzi finalisti di quest’anno e, suggerisce Darling, «indipendentemente dal risultato del Booker, l’Irlanda dovrebbe prestarci attenzione». Prophet Song di Lynch è ambientato in un’Irlanda distopica che scivola verso il totalitarismo e ha per protagonista una donna di nome Eilish che cerca di proteggere la sua famiglia. The Bee Sting di Murray è un romanzo tragicomico di 656 pagine e racconta come una famiglia qualsiasi, i Barnes – composta da madre, padre, figlia di 17 anni e figlio di 12 – affrontano la crisi economica del 2008.

La crisi, tra l’altro, colpì l’Irlanda molto duramente e, scriveva già Alex Clark sul Guardian nel 2019, molti la indicavano tra le ragioni della rinascita creativa della letteratura irlandese, come reazione e tentativo di rispondere e analizzarla. Quest’analisi non è condivisa da tutti, anche perché gli scrittori irlandesi interessanti c’erano anche prima, ma la crisi potrebbe essere stata un’occasione in più che ha permesso agli autori di capire come «quella frattura – sociale, economica, personale – possa essere costruita attorno al linguaggio che usiamo».

La crisi potrebbe poi aver avuto un ruolo concreto, oltre che emotivo ed esistenziale, come suggerisce Lisa McInerney, che nel 2016 aveva vinto il Women’s Prize For Fiction (un premio britannico riservato alle scrittrici) con il suo romanzo The Glorious Heresies. «Forse alcuni giovani scrittori hanno perso il lavoro e hanno pensato “fanculo, allora darò alla scrittura una vera possibilità”. Forse la mancanza di opportunità economiche crea opportunità artistiche. Più l’Irlanda è infelice, meglio scrive», ipotizzò.

Altri sostengono semplicemente che la letteratura faccia intrinsecamente parte della cultura irlandese: scrivere romanzi è considerata un’attività più importante che in molti altri paesi, e interessa tutte le classi sociali. Non ci sono distinzioni nette tra scrittori “alti” e scrittori commerciali, tra narrativa e saggistica e tra i diversi generi letterari. Inoltre, scrive Clark sul Guardian, «la scrittura irlandese non ha mai rifuggito lo sperimentalismo e i suoi lettori non ne sono mai stati spaventati», cosa che ha contribuito a renderla innovativa e interessante. Anche l’Irish Times scriveva, già nel 2018, che la prosa pubblicata in quegli anni aveva «una nitidezza e un’energia elettrizzanti», con scrittori in grado di «scuotere i ritmi vecchi e ritagliare una voce letteraria irlandese rivoluzionaria».

Inoltre la tradizione letteraria è molto recente, con autori come Oscar Wilde, William Butler Yeats, Samuel Beckett, George Bernard Shaw e ovviamente James Joyce, l’autore dell’Ulisse, il cui ricordo è ancora molto presente nelle città: per esempio raffigurati in mosaici sui muri dei pub e in statue sedute in tutta Dublino. Un tema, casomai, è come diventare scrittori dovendo affrontare il peso di una simile tradizione letteraria.

È anche vero, nota Darling sempre su The Conversation, che gli scrittori irlandesi ricevono varie forme di sostegno statale: per esempio una legge del 1969 li esenta dal pagare le imposte sul reddito. Nel 2022 il ministero della Cultura ha avviato un programma pilota che prevede un assegno di 325 euro a settimana per circa 2000 artisti e lavoratori nel settore delle arti, selezionati tra 8.200 candidati. Il programma avrà una durata di tre anni e, oltre che aiutare gli artisti nel momento difficile successivo alla pandemia da coronavirus, vuole proporre un sostegno per chi fa lavori creativi.

Il governo prevede anche un fondo per le riviste, che sono fondamentali nel mantenere forte la comunità letteraria irlandese e che, spiega McInerney, «fanno pensare agli scrittori che avere successo è possibile». Tra le altre cose, nel 2022 McInerney è diventata direttrice di The Stinging Fly, la rivista di Dublino che per prima ha pubblicato Sally Rooney: erano due poesie e lei frequentava le scuole superiori.