Uno dei centri di ricerca medica più all’avanguardia in Italia rischia di chiudere
Lo Stato non sembra voler investire per sostenere Holostem, che ha sviluppato una cura per una grave e rara malattia della pelle
Nell’ultimo anno Holostem, una delle aziende di ricerca medica e farmacologica più all’avanguardia in Italia e in Europa, ha cercato di trovare un sostegno economico per continuare a sviluppare una cura per i cosiddetti “bambini farfalla”, pazienti affetti da una grave e rara malattia che attacca la pelle. Una soluzione era stata trovata: nei mesi scorsi la fondazione Enea Tech e Biomedical, creata nel 2020 dal governo proprio per investire nel settore biomedico, aveva dato disponibilità a rilevare Holostem.
L’ultimo passaggio richiesto è l’autorizzazione del ministero delle Imprese e del Made in Italy che controlla la fondazione. L’investimento tuttavia è stato bloccato. Senza un rilancio economico, Holostem chiuderà e le ricerche saranno interrotte. Il 30 novembre è l’ultimo giorno disponibile per ottenere l’autorizzazione del ministero: senza una prospettiva economica, dal primo dicembre l’azienda sarà liquidata e per i ricercatori inizierà la procedura di licenziamento.
Holostem si trova a Modena. È un grande laboratorio di ricerca, molto all’avanguardia, nato da una collaborazione tra l’Università di Modena e Reggio Emilia, Chiesi Farmaceutici, una multinazionale farmaceutica con sede a Parma, Michele De Luca e Graziella Pellegrini, che da oltre 30 anni studiano l’utilizzo delle cellule staminali per sviluppare terapie dedicate soprattutto alla cura di malattie rare. Negli ultimi anni De Luca e Pellegrini hanno ricevuto diversi premi e grazie ai risultati ottenuti con le loro ricerche sono diventati tra gli esperti più noti al mondo di medicina rigenerativa, la branca che studia i modi di ristabilire l’integrità dei tessuti e degli organi.
Nel 2015 De Luca e Pellegrini, alla guida di una squadra di ricercatori, applicarono i loro studi su un caso particolarmente grave della malattia che avevano studiato per anni. L’epidermolisi bollosa, conosciuta anche con l’acronimo EB, è una malattia genetica rara e molto invalidante che provoca lesioni e lacerazioni sulla pelle, sintomi che possono essere causati da una lieve frizione o possono comparire persino spontaneamente. È una malattia nota anche come “sindrome dei bambini farfalla” per via della fragilità dei pazienti. Colpisce mediamente un bambino ogni 50mila nati, ne soffrono oggi circa 500mila persone nel mondo. In Italia le persone malate sono poco più di un migliaio. Nelle forme più gravi, questa malattia ha una mortalità elevata entro i 2 anni di vita.
De Luca e Pellegrini dovettero valutare un possibile intervento per curare Hassan, un bambino siriano di 7 anni ricoverato in Germania dopo essere scappato insieme ai genitori dal regime di Bashar alAssad. Hassan era ricoverato nel reparto ustionati dell’ospedale di Bochum: l’80 per cento della sua epidermide, ovvero lo strato superiore della pelle, era scomparso. La schiena, i fianchi e gli arti erano coperti di ferite aperte, molto dolorose.
Uno dei medici tedeschi che lo avevano in cura conosceva le ricerche di De Luca e Pellegrini che avevano dedicato anni a sviluppare una possibile cura attraverso l’utilizzo delle cellule staminali epiteliali, cioè utilizzate per la rigenerazione dei tessuti. Semplificando molto, la tecnica consiste nel prelevare cellule malate dal paziente, modificare i geni che causano la malattia, utilizzare le cellule corrette per far crescere un nuovo tessuto da reinnestare infine sul paziente.
Dopo aver raccolto un centimetro quadrato di pelle dall’inguine di Hassan, una delle poche parti del corpo in cui la pelle era intatta, De Luca e Pellegrini applicarono le loro ricerche e trapiantarono i nuovi tessuti sul bambino sostituendo circa l’80 per cento della sua vecchia pelle. Nel febbraio del 2016 Hassan fu dimesso dall’ospedale, a marzo riuscì a tornare a scuola. È guarito, ora ha una vita sociale normale. Negli ultimi anni Pellegrini e De Luca hanno continuato gli studi sperimentali sulla terapia e hanno ottenuto le autorizzazioni necessarie a estenderla su larga scala: è una procedura molto complessa, per cui servono anni di ricerche e lavoro.
Un’altra cura sviluppata da Pellegrini e De Luca si chiama Holoclar e consiste in un trattamento con cellule staminali per sostituire le cellule danneggiate sulla superficie della cornea, la membrana trasparente che riveste l’iride, la parte colorata dell’occhio.
Questo trattamento è usato in pazienti adulti affetti da una carenza di cellule staminali causata da ustioni dell’occhio. I pazienti in queste condizioni non hanno un numero sufficiente di cellule staminali che normalmente intervengono nel processo di rigenerazione della cornea sostituendo le cellule esterne danneggiate o che invecchiano. Holoclar è un medicinale per terapia avanzata, cioè contenente cellule prelevate dal paziente e successivamente coltivate in laboratorio e utilizzate poi per riparare la superficie della cornea. È una terapia unica in Europa, la prima a base di cellule staminali, e finora ha restituito la vista a 500 persone.
Fino ai primi anni Duemila Pellegrini e De Luca avevano diretto laboratori sulle cellule staminali in diversi centri di ricerca italiani. L’apertura di Holostem, che di fatto è un’azienda biofarmaceutica, è la conseguenza di un nuovo regolamento europeo, il 1394 del 2007, che introdusse regole molto più stringenti per chi studia i cosiddetti farmaci avanzati, cioè realizzati con cellule e non solo con composti chimici.
Il nuovo regolamento impose ingenti investimenti per realizzare laboratori molto avanzati e l’introduzione di figure professionali tipiche delle aziende farmaceutiche, come esperti dedicati al controllo della produzione. Questo regolamento ha assicurato maggiori controlli, ma ha reso questo tipo di ricerche insostenibili economicamente per le università. In molti casi i centri di ricerca si sono quindi affidati a investimenti privati, soprattutto di aziende farmaceutiche.
Da questa situazione è emersa una vistosa contraddizione: le aziende farmaceutiche sono molto attente al profitto, mentre le malattie rare sono poco profittevoli per definizione. Quasi sempre la ricerca di una terapia dura anni, è molto costosa, e quando viene trovata una cura viene messa in commercio per aiutare poche persone. Anche se i farmaci sviluppati costano molto, il numero di pazienti con malattie rare sono troppo bassi per sostenere grandi investimenti.
Per anni Holostem, i cui costi complessivi vanno da 8 a 10 milioni di euro all’anno, è stata sostenuta dall’azienda Chiesi Farmaceutici, che tuttavia lo scorso anno ha comunicato la volontà di uscire dalla società. Chiesi Farmaceutici, che nel 2022 ha raggiunto un fatturato di 2,7 miliardi di euro, ha messo a disposizione 17 milioni di euro per il periodo di transizione.
Holostem sembra essere l’investimento perfetto per la fondazione Enea Tech e Biomedical, creata dal governo nel 2020 per «sostenere la sperimentazione pre-clinica e clinica». La fondazione ha a disposizione 500 milioni di euro per «partecipare, concorrere e investire anche in start-up e PMI [piccole e medie imprese, ndr] ad alto potenziale innovativo e spin-off universitari e di centri di ricerca e sviluppo per offrire soluzioni tecnologicamente avanzate, processi o prodotti innovativi, ovvero per rafforzare le attività di ricerca, consulenza e formazione».
Con queste premesse Holostem ed Enea Tech hanno avviato una trattativa interrotta dall’opposizione del ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il ministero sostiene che questo investimento possa essere considerato un aiuto di Stato, una forma di concorrenza sleale vietata dalle direttive europee. In questo preciso caso, tuttavia, non esiste concorrenza perché Holostem è l’unica azienda in Europa che fa ricerca su questa terapia. I regolamenti europei, inoltre, prevedono che l’aiuto di Stato possa essere concesso quando rappresenta uno strumento per correggere i cosiddetti fallimenti del mercato, cioè quando lo Stato interviene per garantire la produzione di un bene necessario. La fondazione Enea Tech ha presentato un ricorso argomentato alla mancata autorizzazione del ministero, anche perché da quando è stata creata non è riuscita a spendere nemmeno un euro dei 500 milioni messi dal governo.
Negli ultimi giorni molti ricercatori europei e italiani hanno scritto al ministero per sostenere la causa di Holostem. «I ricercatori di Modena hanno già compiuto il loro miracolo trovando cure a malattie incurabili. Ora sta al governo dimostrare di essere all’altezza dei suoi cittadini», ha scritto sulla Stampa Antonella Viola, docente del dipartimento di Scienze Biomediche all’Università di Padova. Le associazioni che assistono i pazienti affetti da epidermolisi bollosa hanno organizzato una raccolta firme.
Dall’inizio dell’anno l’incertezza sul futuro ha portato molti ricercatori a dimettersi per cercare nuovi posti di lavoro. Fino al 2022 i dipendenti erano circa 80, oggi sono 43. Negli ultimi anni Pellegrini e De Luca hanno rifiutato diverse proposte di lavoro di ospedali e centri di ricerca esteri per continuare gli studi in Italia.