Le cicliche polemiche sulle “aule deserte” del parlamento

A volte sono gli stessi deputati e senatori a innescarle, dando una visione distorta e superficiale dei lavori di Camera e Senato

(Mauro Scrobogna/LaPresse)
(Mauro Scrobogna/LaPresse)
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Circolano spesso foto delle aule di Camera e Senato mezze vuote, o quasi del tutto vuote. Queste foto, postate sui social per lo più da deputati e senatori, vengono poi condivise da altri profili, riprese dai quotidiani, e innescano polemiche che alimentano lo scontro tra i partiti. Succede soprattutto quando si discutono provvedimenti dall’alto valore simbolico, e quasi sempre l’intento di chi scatta e pubblica le foto è di delegittimare gli avversari. Il senso del messaggio è: guardate, si sta parlando di questo tema così importante e i banchi della maggioranza (o dell’opposizione) sono deserti, questo vuol dire che alla maggioranza (o all’opposizione) di questo tema così importante non interessa nulla.

Sono tuttavia polemiche quasi sempre strumentali, che non tengono conto delle regole e delle prassi alla base dei lavori parlamentari, e offrono una rappresentazione spesso distorta dell’attività svolta da deputati e senatori.

Una cosa simile è accaduta anche mercoledì. Al Senato si stava per approvare il disegno di legge Roccella, che contiene misure per contrastare la violenza di genere. A un certo punto Susanna Camusso, senatrice del Partito Democratico ed ex segretaria generale della CGIL, ha postato su X (Twitter) una foto che mostrava la metà dell’aula dove siedono gli eletti della destra pressoché vuota. La foto è stata poi ripresa da vari quotidiani, giornalisti e attori con un certo seguito sui social, come Alessandro Gassmann. Ne è scaturita una prevedibile polemica, alimentata poi dal fatto che la stessa Camusso si è assentata dall’aula poco dopo, ed è stata per questo criticata dal capogruppo di Fratelli d’Italia Lucio Malan.

In effetti Camusso si è più volte astenuta sui voti preliminari connessi al disegno di legge, e ha poi deciso di non partecipare al voto finale, così da non rendere evidente il suo dissenso per un provvedimento che è stato approvato all’unanimità anche grazie a un’intesa raggiunta al telefono tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e la segretaria del PD, Elly Schlein.

Camusso ha scattato la foto nel corso della cosiddetta “discussione generale”: quel momento in cui, cioè, i vari gruppi parlamentari analizzano i contenuti del provvedimento che si sta analizzando, spiegando qual è l’orientamento del loro partito al riguardo e quali modifiche si potrebbero introdurre. È una fase piuttosto interlocutoria del dibattito, e assai poco decisiva. I provvedimenti che arrivano in aula sono già stati discussi nelle commissioni competenti, e lì tutti i gruppi parlamentari hanno avuto modo di intervenire, confrontarsi, litigare, proporre emendamenti, votarli. Insomma, si sa già cosa pensa di quel provvedimento ciascun partito, per cui la discussione generale è più una sorta di riassunto del lavoro svolto fino a quel punto. Non a caso alla Camera le discussioni generali vengono programmate quasi sempre di lunedì, il giorno di minore affluenza dei deputati a Montecitorio (la sede della Camera). Al Senato invece vengono distribuite anche nei giorni centrali della settimana.

Ci sono poi altri momenti in cui le aule sono tendenzialmente poco frequentate, come i cosiddetti question time o le interpellanze urgenti: sono procedure durante le quali i parlamentari rivolgono domande al governo su questioni specifiche. Le domande in questi casi vengono depositate molti giorni prima, il ministro competente ha tutto il tempo per studiarsi la questione, per chiedere ai suoi funzionari di scrivere una risposta che poi il ministro stesso, o un altro esponente del governo che ne riceve la delega, legge in aula. Il parlamentare o la parlamentare “interrogante” ha poi la facoltà di una controreplica, in cui può valutare la risposta del governo, e spiegare perché eventualmente non l’abbia ritenuta soddisfacente.

In queste circostanze, di solito, i gruppi parlamentari affidano a un proprio rappresentante – non per forza quello che ha inizialmente proposto l’interpellanza – di illustrare le domande e di replicare al governo. A meno che non sia un tema di particolare rilevanza, il gruppo parlamentare è presente con pochi esponenti che siedono tutti intorno al deputato o al senatore che dibatte con il ministro interpellato: applaudono, gli danno pacche sulle spalle, fanno in modo che nell’inquadratura l’interrogante non appaia isolato. Quasi sempre i question time vengono fissati nel primo pomeriggio, al rientro dalla pausa pranzo dei lavori, oppure di venerdì, altro giorno di scarsa presenza dei parlamentari in aula.

Che un gruppo parlamentare sia rappresentato da una piccola pattuglia, o anche semplicemente da una sola persona eletta, nel corso delle discussioni generali o dei question time non è un’anomalia. Il dibattito parlamentare avviene infatti «tra gruppi», e non tra singoli. La stessa Costituzione all’articolo 64 stabilisce che la presenza della maggioranza dei componenti delle assemblee di Camera e Senato è necessaria al momento delle votazioni: è solo in questi casi che va garantito il cosiddetto «numero legale».

Il senso di questa regola si spiega facilmente. Il lavoro che i parlamentari devono svolgere non si esaurisce nei dibattiti d’aula, c’è il lavoro delle commissioni, spesso concomitante a quello dell’aula, ci sono documenti da studiare, proposte di legge da scrivere, convegni a cui partecipare. Poi c’è tutta una seria di attività di pubbliche relazioni irrinunciabili: un parlamentare deve incontrare ambasciatori, imprenditori, giornalisti, sindacalisti, una rappresentanza dei lavoratori che rischiano il posto nella fabbrica della sua città, colleghi di partito che stanno lavorando a materie connesse con le sue, o con cui semplicemente vuole condividere impressioni e pareri. Anche questo è fare il parlamentare, ma un deputato o un senatore non potrebbe fare tutto ciò se dovesse sempre garantire la propria presenza in aula.

Questo vale soprattutto per le attività d’aula che si svolgono di lunedì o di venerdì. Si dice spesso e con toni polemici o irridenti che i parlamentari lavorino poco, che facciano la “settimana corta”: sui giornali compaiono di tanto in tanto articoli in cui si racconta degli ambienti di Montecitorio deserti alla mattina del lunedì, o in cui si descrive il rumore dei trolley trascinati dai parlamentari il giovedì pomeriggio, tutti con la fretta di uscire dalla Camera per precipitarsi alla stazione dei treni o all’aeroporto. Anche in questo caso sono spesso semplificazioni, racconti parziali o superficiali. I lavori dell’aula e delle commissioni vengono volutamente concentrati tra il martedì e il giovedì, e vengono prolungati anche al lunedì o al venerdì solo nei casi di urgenza, come ad esempio quando un decreto sta per scadere. Altrimenti, come abbiamo visto, i giorni a ridosso del fine settimana vengono dedicati alle attività meno decisive.

È una prassi antica, che risponde all’esigenza di lasciare ai parlamentari del tempo per svolgere attività politica sui rispettivi territori, visto che provengono da ogni parte d’Italia, o di partecipare a eventi e manifestazioni. Per questo quasi sempre i partiti delegano pochi parlamentari a seguire i lavori d’aula meno interessanti del lunedì o del venerdì, e quasi sempre questi delegati vengono scelti tra deputati e senatori romani, cosicché sia più comodo per loro raggiungere Camera e Senato senza perdere l’intera giornata negli spostamenti.

Quanto alle foto scattate dagli stessi parlamentari in aula per denunciare lo svilimento delle istituzioni democratiche, i regolamenti di Camera e Senato vieterebbero di scattare foto in aula.

Tra l’altro le polemiche sulle aule vuote non riguardano solo il parlamento italiano, ma anche quello europeo. Spesso infatti circolano foto dell’aula di Strasburgo semideserta in occasioni delle sessioni plenarie dell’assemblea. Anche in questo caso le polemiche tengono ben poco in considerazione le prassi consolidate del parlamento europeo, che si riunisce solo per tre giorni al mese nella sede di Strasburgo, mentre nel resto del tempo i lavori delle varie commissioni avvengono per lo più a Bruxelles. Questi tre giorni rappresentano l’unica occasione per trovare in uno stesso luogo tutti i componenti dell’assemblea e insieme a loro i vari funzionari del parlamento, i lobbisti e i rappresentanti di categoria interessati alle materie trattate: e inevitabilmente si sfrutta questa occasione per organizzare incontri e riunioni che assorbono molto tempo e molte energie dei parlamentari europei, che preferiscono privilegiare questo genere di attività ad alcune discussioni in aula.