Le imprevedibili elezioni nei Paesi Bassi
Si sta votando alle elezioni anticipate: il primo ministro uscente non è si ricandidato e il primo partito nei sondaggi è nato due mesi fa
Oggi nei Paesi Bassi si sta votando per le elezioni parlamentari anticipate dopo che a luglio il governo era caduto perché non era riuscito ad accordarsi su una legge per regolare l’immigrazione. I seggi sono aperti dalle 7:30 e chiuderanno alle 21. Negli ultimi anni i Paesi Bassi hanno attraversato varie crisi di governo e successive elezioni, ma gli esiti di questa sembrano particolarmente imprevedibili: il primo ministro conservatore Mark Rutte, che aveva ricoperto la carica ininterrottamente dal 2010, non si è ricandidato e ha detto che lascerà la politica.
Rutte è sempre stato considerato l’unica figura capace di gestire uno dei panorami politici più frammentati d’Europa. La sua decisione ha reso il risultato di queste elezioni ancora più impronosticaibile: ci sono più di 20 partiti candidati, nessuno dei quali supera il 20 per cento dei consensi nei sondaggi. Al momento non esistono chiare alleanze e c’è molta incertezza su chi riuscirà a prendere il posto di Rutte.
Tenere a bada la politica olandese non è da tutti. La sua frammentazione riflette una società molto sfaccettata, in cui una persona su quattro ha origine straniera, e in cui non è mai esistita una fede religiosa osservata dalla maggior parte degli abitanti (nel 2021 più del 55 per cento si dichiarava ateo, meno del 20 cattolico e ancora meno i protestanti). Anche la legge elettorale ci mette del suo. La camera bassa dei Paesi Bassi ha 150 seggi che si assegnano su base proporzionale. La soglia di sbarramento è praticamente inesistente e permette di entrare in parlamento anche a partiti molto piccoli (basta prendere lo 0,67 per cento dei voti: in Italia ufficialmente è posta invece al 3 per cento, ma in pratica è ancora più alta).
L’ultimo governo di Rutte, di centrodestra, era tenuto in piedi da una coalizione che aveva impiegato sette mesi per formarsi, il periodo più lungo della storia dei Paesi Bassi, ed era composta da quattro partiti: il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia di Rutte (VVD), di centrodestra, il partito centrista ed europeista D66, i conservatori liberali di Appello Cristiano Democratico (CDA) e il partito conservatore Unione Cristiana (CU). A luglio era caduto perché i partiti non erano riusciti a mettersi d’accordo su una legge, promossa da Rutte, che avrebbe dovuto ridurre in modo consistente il numero di familiari autorizzati a ricongiungersi ai rifugiati arrivati nei Paesi Bassi.
In precedenza Rutte aveva guidato quattro governi composti da tre coalizioni diverse in tredici anni. Era soprannominato “Teflon Mark” per la sua capacità di evitare che gli scandali politici gli restassero attaccati, come il materiale che rende le padelle antiaderenti. Nel 2021, ad esempio, si era dimesso in seguito a uno scandalo legato ai sussidi per le famiglie chiesti indietro per errore dal governo, ma aveva comunque vinto le elezioni ed era tornato a capo di un nuovo governo pochi mesi dopo.
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A queste elezioni si sono presentati 26 partiti, 17 dei quali sono già rappresentati in parlamento. Si presume che nessuno di loro riuscirà a ottenere più di 30 seggi e che quindi il prossimo governo dovrà essere sostenuto da una coalizione di almeno tre partiti. Oltre al VVD, il partito di centrodestra di Rutte, l’attenzione si sta concentrando su due partiti e sui loro leader: il nuovo partito di centrodestra e anti establishment Nuovo Contratto Sociale (NSC), fondato ad agosto dall’ex deputato indipendente e a lungo membro del CDA Pieter Omtzigt, e il cartello elettorale fra Partito Laburista e Sinistra verde (PvdA-GL) guidato da Frans Timmermans, ex vicepresidente della Commissione europea.
Il partito di Omtzigt era fino a qualche giorno fa primo nei sondaggi con il 19 per cento dei consensi, ma negli ultimi giorni è sceso al 16 per cento. Omtzigt è visto come il più probabile candidato a primo ministro anche se non ha confermato ufficialmente che vorrebbe farlo, in caso di vittoria. Il calo dei consensi per il suo partito nei sondaggi ha portato al primo posto il partito di Rutte, ora guidato dalla ministra della Giustizia e della Sicurezza Dilan Yeşilgöz-Zegerius, con il 18 per cento. L’alleanza fra Laburisti e Verdi è stabile da un paio di mesi al 16 per cento.
Al quarto posto c’è il Partito per la Libertà (PVV), di estrema destra, che nei sondaggi è passato dal 10 al 15 per cento negli ultimi tre mesi. Il suo leader Geert Wilders è probabilmente il leader politico europeo con il programma più radicale nei confronti di Islam e immigrazione, fatta eccezione per i gruppi apertamente neofascisti o neonazisti.
Da tempo chiede la chiusura di tutte le moschee e il divieto di ingresso nel paese per i musulmani. Finora Rutte era riuscito a tenerlo fuori dai governi di coalizione, pur cedendo ad alcune pressioni sulle politiche legate all’immigrazione. La nuova leader di VVD, molto più conservatrice del suo predecessore, invece non ha escluso questa possibilità, ma l’alleanza con Wilders potrebbe compromettere quella con Omtzigt, che ha detto di essere assolutamente contrario a formare una coalizione con il Partito per la Libertà per via delle sue proposte estremiste.
È molto diminuito invece il consenso per il Movimento dei contadini e dei cittadini (BBB), un partito populista e vicino alla destra nato da una serie di proteste nel 2019 e improntato sulla difesa degli interessi degli agricoltori e degli abitanti delle zone rurali. Il BBB, ora dato al 6 per cento, qualche mese fa era il partito più popolare dei Paesi Bassi e a marzo aveva vinto abbastanza a sorpresa le elezioni provinciali. La volatilità del loro consenso è un altro segno piuttosto inequivocabile dell’instabilità politica del paese.
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Secondo un recente sondaggio del quotidiano Algemeen Dagblad a questo giro gli elettori olandesi ritengono che i tre temi più importanti siano l’immigrazione, potere d’acquisto e il sistema sanitario. Come ha spiegato a Euronews Philippe Mongrain, ricercatore dell’Università di Anversa, in Belgio, «per mantenere il potere d’acquisto dei consumatori e finanziare il sistema sanitario molti elettori vedono nei tagli all’immigrazione una soluzione praticabile per liberare fondi pubblici». Più del 40 per cento degli elettori intervistati da AD ritiene che vengano spesi troppi soldi per accogliere migranti e richiedenti asilo. Nel 2022 i Paesi Bassi hanno ricevuto 37.020 richieste d’asilo, il numero più alto dal 2015: sono 2,1 ogni mille abitanti, l’Italia ne ha ricevute 1,4.
Prima che cadesse il governo la nuova leader di VVD Dilan Yeşilgöz-Zegerius si era detta molto favorevole alla legge che avrebbe reso più difficile il ricongiungimento famigliare delle persone richiedenti asilo, nonostante lei fosse arrivata nei Paesi Bassi proprio attraverso questo meccanismo. Yeşilgöz-Zegerius è infatti figlia di due rifugiati politici turchi e curdi e si era trasferita nei Paesi Bassi quando era molto piccola insieme alla madre e alla sorella, ricongiungendosi al padre arrivato lì tre anni prima.
Durante la sua campagna elettorale ha molto insistito sulla necessità di regolare l’immigrazione: in un’intervista con Politico Yeşilgöz-Zegerius ha sostenuto che nei Paesi Bassi stiano arrivando troppe persone, non solo richiedenti asilo ma anche migranti con un permesso lavorativo e studenti internazionali, e che questo non permetta allo Stato di aiutare «i veri rifugiati», un gruppo di cui lei da bambina ha fatto parte.
Nella sua carriera Yeşilgöz-Zegerius si è occupata di sicurezza fin da quando era un consigliera comunale ad Amsterdam, emanando ad esempio diverse ordinanze per ridurre la crescente violenza contro le donne e la comunità LGBT . In un suo discorso del 2022 aveva elencato come minacce alla democrazia olandese «l’agenda woke, i politici di estrema destra e i cospirazionisti».
Tuttavia, il tema dell’immigrazione è presente in altri programmi elettorali, fra cui quello del partito di Omtzigt, che ha proposto di ridurre molto sia gli ingressi di migranti con un permesso lavorativo sia i richiedenti asilo.
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Omtzigt non è un volto nuovo nella politica olandese, anzi, è considerato un politico piuttosto scaltro. È stato per 18 anni un membro di Appello Cristiano Democratico, ma l’ha lasciato nel 2021 dopo aver scritto un rapporto molto critico sul ruolo del partito nello scandalo degli assegni famigliari che fece cadere il terzo governo di Rutte: a partire dal 2012, il governo aveva chiesto indietro a circa 20mila famiglie i sussidi mensili ricevuti come contributo alla crescita dei figli accusandole di frode.
Dopo anni e grazie anche a Omtzigt si è scoperto che queste accuse non si basavano però su delle prove, ma su un algoritmo che creava dei profili di rischio, che venivano poi usati per individuare le famiglie che più si avvicinavano a quelle condizioni. Metà famiglie erano formate da persone di origine straniera, molte delle quali negli anni si erano indebitate per risarcire il governo e in generale avevano gestito le accuse con grandissime difficoltà.
Dopo lo scandalo, la popolarità di Omtzigt era cresciuta molto ed era rimasto nel parlamento come indipendente. È un economista con delle idee tradizionalmente associate alla sinistra in questo ambito: sostiene l’aumento delle tasse sui ricchi, il rafforzamento dei diritti dei lavoratori e l’aumento del salario minimo e accusa la sinistra olandese di «essersi lanciata in un programma progressista dimenticando la classe operaia».
In un’intervista al Financial Times ha detto però di essere un sostenitore delle politiche di destra in materia di «immigrazione e valori», senza però avvicinarsi a posizioni estremiste. Nel suo programma ha anche posizioni piuttosto populiste, fra cui istituire una corte speciale per indagare sull’operato dei politici. Durante la sua campagna elettorale ha dichiarato più volte di rifiutare donazioni superiori a 850 euro.
Omtzigt ha detto che se dovesse vincere le elezioni potrebbe formare un governo sia con il VVD che con l’alleanza laburista-verde, e nessuno dei due partiti ha escluso questa possibilità. Questa coalizione potrebbe però deludere una parte dei suoi elettori che si aspettano un cambiamento più radicale. Tuttavia, una parte di loro arriva proprio dai partiti che formano l’attuale coalizione di governo, e che quindi potrebbero accontentarsi di un cambiamento solo parziale.
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Il leader dell’alleanza fra laburisti e sinistra verde Frans Timmermans non sembra entusiasta di una eventuale coalizione con il VVD.
Timmermans è molto popolare a sinistra per il suo ruolo di vicepresidente della Commissione europea e da quando nel 2019 il suo partito fu il più votato alle elezioni per il Parlamento europeo, passando dal 9,4 al 19 per cento. Tuttavia, è anche visto da una parte della popolazione come una specie di burocrate dalle posizioni un po’ elitarie. Sulla base di alcune sue dichiarazioni Timmermans sembra preferire un governo solo con Omtzigt e alcuni partiti minori, lasciando fuori il VVD. Pur non escludendo questa possibilità, Omtzigt ha sottolineato che ci sono cose su cui lui e Timmermans non sono d’accordo, tra cui l’immigrazione, la politica climatica e l’energia nucleare.
Negli ultimi giorni Timmermans ha fatto intendere di poter includere in una possibile coalizione anche il Movimento dei contadini e dei cittadini. Uno dei punti più importanti del programma della sua lista però è la riduzione del 65 per cento delle emissioni di gas serra olandesi entro il 2030, al di sopra dell’obiettivo del 55 per cento rispetto ai livelli del 1990 stabilito entro il 2035 dall’Unione Europea. Le politiche attuate negli scorsi anni dal governo di Rutte per raggiungere un obiettivo simile erano state uno dei motivi della nascita del Movimento.