Cosa è stato trovato finora, e cosa no, nell’ospedale di al Shifa
Israele ha presentato prove della presenza di Hamas, non sufficienti a dimostrare l'esistenza di un grosso centro di comando militare
L’assedio dell’ospedale al Shifa, il più grande della Striscia di Gaza, da parte dell’esercito israeliano è una delle questioni più discusse e controverse dall’inizio della guerra, dal punto di vista militare, umanitario e del diritto internazionale. Attaccare militarmente un ospedale pieno di civili è un’operazione che per il diritto internazionale configura nella quasi totalità dei casi un crimine di guerra: ma Israele l’ha giustificata come necessaria per raggiungere il presunto principale centro di comando di Hamas, che a suo dire si troverebbe in tunnel sotterranei scavati proprio sotto all’ospedale. Finora, però, le prove presentate a sostegno di questa tesi sono state poche e in gran parte giudicate insufficienti.
Nell’ospedale ci sono ancora centinaia di pazienti a corto di cure e civili che cercano riparo dai bombardamenti, su cui l’azione militare dell’esercito sta avendo conseguenze devastanti. Qualche prova più concreta sembra essere arrivata negli ultimi giorni, ma ci sono forti pressioni affinché Israele ne presenti altre.
L’invasione di terra della Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano è iniziata il 27 ottobre e nel giro di pochi giorni i combattimenti si sono concentrati attorno agli ospedali, dove Israele ritiene che Hamas posizioni appositamente infrastrutture e nascondigli. Le attenzioni si sono concentrate soprattutto sull’ospedale al Shifa: sia per le sue grandi dimensioni che per via delle affermazioni di Israele sulla presenza, nei sotterranei, della base di Hamas.
La presenza di miliziani di Hamas sotto l’ospedale al Shifa è una questione complicata e dibattuta, che se confermata costituirebbe a sua volta un crimine di guerra. Israele accusa da tempo il gruppo di utilizzare i civili come “scudi umani” e ci sono ampie prove che negli scorsi conflitti Hamas abbia combattuto sfruttando le aree residenziali abitate da civili e che abbia usato come basi delle infrastrutture civili. L’ipotesi di un centro operativo nei sotterranei dell’ospedale, smentita da Hamas e dai medici dell’ospedale, è stata inoltre confermata dall’intelligence statunitense.
All’inizio dell’invasione l’esercito israeliano aveva anche diffuso la riproduzione in 3D di un articolato ed esteso centro operativo sotto l’ospedale al Shifa, fatto di un ampio e fitto reticolo di gallerie, corridoi e diverse stanze, da cui, sempre secondo l’esercito israeliano, Hamas pianificherebbe i propri attacchi.
Ad oggi, però, sebbene siano emerse alcune prove del fatto che ci fosse una qualche presenza di Hamas all’interno dell’ospedale, queste sono ancora ben lontane dal dimostrare che Hamas usasse le strutture mediche per nascondere un grosso e articolato centro di comando militare, come ritenuto inizialmente.
Per Israele sta diventando sempre più importante essere in grado di presentare prove adeguate. Secondo il diritto internazionale umanitario gli ospedali e le persone ferite non dovrebbero essere l’obiettivo di attacchi militari e godono di una protezione speciale. Per le Convenzioni di Ginevra, adottate nel 1949, la protezione garantita agli ospedali può venir meno solo quando è confermato che questi sono usati non solo per scopi civili ma anche per compiere «atti dannosi» contro i nemici «al di fuori dei doveri umanitari». «La possibilità di continuare a portare avanti la guerra di fronte alle crescenti critiche internazionali dipende in larga misura dalla capacità di Israele di dimostrare che sotto al Shifa ci sia il centro di controllo di Hamas», ha scritto Oren Liebermann su CNN.
Dopo giorni di assedio all’esterno, l’esercito israeliano è infine entrato all’interno dell’ospedale nella notte tra martedì 14 e mercoledì 15 novembre, annunciando che avrebbe fatto un’operazione «mirata». Secondo dati diffusi dal ministero della Salute della Striscia, controllato da Hamas, all’interno dell’ospedale c’erano oltre 2mila persone: centinaia di pazienti, circa 1.500 civili che avevano lasciato le proprie case per cercare protezione nell’ospedale e tra i 200 e i 500 operatori sanitari.
La situazione all’interno dell’ospedale era già critica: la mancanza di carburante e l’impossibilità di fornire cure mediche avevano già provocato la morte di decine di persone, tra cui neonati prematuri, e l’Organizzazione mondiale della sanità aveva definito l’ospedale «praticamente un cimitero». Circolavano testimonianze di cumuli di cadaveri di persone che non avevano potuto ricevere cure e nemmeno essere sepolte o portate in un obitorio. Man mano che l’assedio è andato avanti l’ospedale ha nel frattempo smesso del tutto di funzionare a causa della mancanza di carburante, che serve ad attivare i generatori di energia elettrica, con ulteriori conseguenze sulle persone all’interno.
Una volta entrato nell’ospedale l’esercito israeliano ha iniziato a perlustrare ogni piano e a interrogare moltissime persone all’interno. Uno dei portavoce dell’esercito israeliano ha poi diffuso le prime immagini e i primi video, che mostravano soprattutto armi e altre attrezzature militari, senza dare troppe informazioni sul contesto del loro ritrovamento. L’esercito ha detto inoltre di aver ucciso un certo numero di miliziani di Hamas, senza dare ulteriori informazioni.
יחידת שלדג ויחידות מיוחדות נוספות בפיקוד אוגדה 36, ממשיכות לפעול באופן ממוקד במרחב בית החולים שיפאא' בו הן סורקות אחר תשתיות ואמצעי טרור של ארגון הטרור חמאס >> pic.twitter.com/dTu2yrPsRp
— דובר צה״ל דניאל הגרי – Daniel Hagari (@IDFSpokesperson) November 15, 2023
Le foto inizialmente diffuse dall’esercito israeliano mostravano soprattutto armi di piccolo taglio, qualche fucile d’assalto, qualche walkie talkie e dei computer: tutte cose che da un lato suggeriscono una presenza armata all’interno dell’ospedale, ma che sono molto lontane dal dimostrare la presenza dell’elaborato centro nevralgico raccontato dall’esercito israeliano attraverso i video diffusi nei giorni precedenti l’assedio.
Anche nei giorni successivi all’ingresso dell’esercito israeliano nell’ospedale al Shifa le prove hanno continuato a scarseggiare: in altri video sono state mostrate armi nascoste dietro macchinari per la risonanza magnetica, computer che avrebbero contenuto presunte foto e video degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas, non mostrate però ai giornalisti lì presenti che erano potuti entrare nell’ospedale al seguito dei soldati. Anche in questo caso non sono state presentate prove sulla presenza dei tunnel sotterranei che Hamas userebbe per nascondersi, spostarsi, proteggersi e far entrare clandestinamente armi nella Striscia.
Nei primi giorni dopo l’ingresso di Israele nell’ospedale, dunque, ci sono stati numerosi commenti piuttosto scettici sui ritrovamenti nell’ospedale. Michael Horowitz, rispettato analista e capo dell’intelligence della società di consulenza per la sicurezza Le Beck International, aveva scritto che le prove presentate dall’esercito israeliano della presenza di Hamas nell’ospedale erano state «fin qui insoddisfacenti»; Mai el Sadany, a capo del Tahrir Institute for Middle East Policy, organizzazione con sede a Washington, negli Stati Uniti, aveva detto che «Israele non è riuscito a fornire neanche lontanamente il livello di prove richiesto per giustificare la stretta eccezione in base alla quale gli ospedali possono essere presi di mira secondo le leggi di guerra».
Le cose si sono fatte un po’ più concrete solo a partire da domenica sera, quando l’esercito israeliano ha diffuso altri due video: uno ripreso dalle telecamere di sorveglianza che mostrerebbe alcuni miliziani di Hamas portare due ostaggi dentro l’ospedale al Shifa, uno dei quali ferito, e un altro che ritrae invece l’entrata e un tratto interno di un tunnel sotterraneo sottostante l’ospedale.
L’esercito ha detto che il tunnel è lungo 55 metri e che si trova 10 metri al di sotto dell’ospedale: il video, girato con un dispositivo calato all’interno del tunnel, ne mostra l’entrata e un lungo tratto interno, ed è corredato da alcune fotografie scattate nei punti attraversati. Si vede un largo foro circolare, l’entrata, con una scala che porta verso il basso per 10 metri, secondo quanto indicato, fino al punto in cui inizia una lunga galleria sotterranea lunga oltre 50 metri che conduce a una porta a prova di esplosione che impedisce di procedere oltre.
Rispetto alla documentazione presentata finora dall’esercito israeliano, gli ultimi video danno qualche elemento più concreto, ma molto dipenderà da quello che l’esercito troverà e presenterà nei prossimi giorni. Finora è stata perlustrata solo una parte del grosso complesso ospedaliero: Israele potrebbe trovare altre prove, ma potrebbe volerci tempo e le operazioni potrebbero essere ostacolate dai combattimenti. Oppure potrebbe non trovarle, o continuare a trovarne di deboli e insufficienti: in questo caso per Israele potrebbe diventare molto complicato continuare a giustificare l’operazione militare contro un ospedale pieno di feriti e civili.
Un’altra incognita riguarda la difficoltà di stabilire criteri univoci sull’accettabilità dell’assedio dell’ospedale al Shifa. Per Israele i video diffusi finora sono sufficienti a sostenere che la struttura sia utilizzata a fini militari, ma per la giurisprudenza internazionale le eccezioni che rendono accettabile l’attacco militare di un ospedale sono molto stringenti e specifiche: è molto difficile, per un esercito che attacca un ospedale, rispettare il criterio di “proporzionalità” che deve essere alla base di tutte le azioni militari nel contesto di una guerra.
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