Le molte vite politiche di Sergio Massa, candidato presidente dell’Argentina
Al ballottaggio di oggi è il leader della coalizione di centrosinistra, ma nel corso della sua carriera è stato anche quasi tutto il resto
Sergio Massa è stato il più votato al primo turno delle elezioni presidenziali argentine e domenica sarà uno dei due candidati al ballottaggio: l’altro è Javier Milei, di estrema destra e ultraliberista, che ha recentemente ottenuto l’appoggio della coalizione di destra “tradizionale”, arrivata terza. Massa fa parte della coalizione di centrosinistra Unione per la Patria, è il ministro dell’Economia del presidente uscente Alberto Fernández ed è di fatto il candidato del kirchnerismo, la corrente politica di centrosinistra che fa riferimento all’ex presidente Nestor Kirchner (morto nel 2010) e a sua moglie ed erede politica Cristina. Dal 2003 il kirchnerismo ha espresso quattro degli ultimi cinque presidenti.
I sondaggi danno Milei leggermente avanti nei sondaggi, ma con un margine molto ridotto.
Nella sua carriera politica, il 51enne Massa è stato tante cose: liberale nei primi anni, poi giustizialista, peronista, candidato presidente di centrodestra solo otto anni fa, principale critico e oppositore della stessa Cristina Kirchner, poi di nuovo riaccolto nel centrosinistra. È sempre stato un politico pragmatico e ambizioso, e oggi viene considerato il “candidato delle istituzioni” perché contrapposto a Milei, che ha mostrato di avere posizioni estreme e molta inesperienza.
Nel corso degli anni ha cambiato ruoli e schieramenti: la politica argentina è molto fluida, ma spesso caratterizzata da contrapposizioni forti.
All’antagonismo fra peronisti e antiperonisti (il peronismo si è sviluppato attorno alle figure di Juan Domingo Perón e della moglie Evita, nel dopoguerra e negli anni Cinquanta) si è recentemente sostituito quello fra kirchneristi e antikirchneristi: Massa ha cambiato schieramento due volte. I suoi detrattori sottolineano un aspetto emerso in varie interviste date da amici e familiari ai giornali argentini: in un paese in cui il tifo calcistico viene considerato praticamente immutabile per tutta la vita (anche più che in Italia), Massa è stato tifoso di tre squadre. Da piccolo era tifoso del San Lorenzo, ma anche simpatizzante del Chacarita, poi in età adulta ha scelto il Tigre, club dell’omonima città, di cui è stato sindaco.
Massa fa politica da quando aveva 16 anni: iniziò nella sezione giovanile del partito di destra liberale Unione del Centro Democratico, dove già a 17 anni fu assunto con uno stipendio fisso. Negli anni Novanta il partito fu inglobato in quello giustizialista e peronista dell’allora presidente Carlos Menem e Massa si adattò.
Si laureò in legge e divenne deputato della provincia di Buenos Aires. Nel 2001 fu nominato dal presidente Eduardo Duhalde direttore dell’Amministrazione nazionale di sicurezza sociale, il corrispettivo del nostro INPS, che in Argentina è uno degli enti che hanno a disposizione un budget più elevato. In quel ruolo, dimostrandosi abile manager e attento comunicatore (i suoi interventi in televisione furono numerosi), arrivò a essere conosciuto in ambito nazionale. Nel 2005 fu eletto la prima volta in parlamento, nel 2007 diventò sindaco di Tigre, città della provincia di Buenos Aires.
Politico divenuto ormai importante e riconosciuto, fu chiamato da Cristina Kirchner come capo di gabinetto del suo governo (una sorta di primo ministro, ma in un ordinamento presidenzialista). I rapporti con la famiglia Kirchner, iniziati pochi anni prima, si guastarono in fretta, anche per una riconosciuta incapacità di Massa di subordinarsi a capi politici. Massa occupò quell’incarico meno di un anno, prima di tornare a fare il sindaco di Tigre.
Nel 2010 il sito Wikileaks pubblicò una serie di rapporti ufficiali scritti da funzionari e ambasciatori statunitensi all’estero: in uno di questi l’ambasciatrice in Argentina Vilma Martínez raccontò di una cena in cui era presente proprio Massa. L’allora sindaco si mise a parlare di Nestor e Cristina Kirchner: definì il primo uno «psicopatico» e un «mostro con un grande senso di inferiorità» e disse che la moglie praticamente eseguiva solamente «i suoi ordini, anche se farebbe molto meglio da sola». L’ambasciatrice raccontò che quella sera la moglie di Massa, Malena Galmarini, anche lei politica e oggi a capo dell’azienda statale che gestisce acquedotto e fogne di Buenos Aires, cercò invano di farlo smettere di parlare.
L’allontanamento che a quel punto sembrò definitivo dalla corrente politica dei Kirchner lo portò a fondare un nuovo partito, il Fronte Rinnovatore, con cui nel 2015 decise di candidarsi alla presidenza.
Si collocò in posizioni di centrodestra, portando il “modello Tigre” come soluzione ai problemi di sicurezza. In città aveva attivato un sistema di telecamere centralizzato che effettivamente aveva aumentato gli arresti e ridotto la criminalità. A questa proposta si era aggiunto il ricorso alle forze armate per il controllo dei quartieri più complessi e delle frontiere, per combattere il narcotraffico. L’altro tema della sua campagna fu l’attacco al kirchnerismo: promise di mettere in carcere Cristina Kirchner per corruzione e annunciò in un impeto “anticasta” che avrebbe rimosso tutti gli “gnocchi” (ñoquis) del governo, termine con cui in Argentina si indica chi finge di lavorare e invece “ruba lo stipendio”.
Prese il 21 per cento dei voti, finì terzo, ma secondo molti osservatori favorì non poco la vittoria del centrodestra di Mauricio Macri.
Nel 2019 cambiò nuovamente campo. Consapevole delle poche possibilità di diventare presidente, entrò nella coalizione di centrosinistra di Cristina Kirchner e Alberto Fernández. Ottenne la presidenza del parlamento e recuperò la fiducia della vicepresidente e leader della coalizione, anche per gli enormi problemi dei maggiori esponenti del centrosinistra, quasi tutti alle prese con accuse di corruzione e cattiva gestione.
Ad agosto del 2022 Cristina Kirchner gli propose di assumere l’incarico di ministro dell’Economia, forse uno dei lavori più complessi in Argentina e nel mondo (il paese vive una crisi economica quasi ventennale che non sembra avere vie d’uscita). Accettò e si fece carico anche dei ministeri dello Sviluppo e dell’Agricoltura: i giornali lo definirono “superministro” e Massa diventò il personaggio principale dell’ultima fase della legislatura.
I suoi risultati non sono stati degni di nota: non è riuscito a fermare l’aumento rapido dell’inflazione, né a ridurre la svalutazione della moneta locale, né a migliorare le condizioni di povertà in cui vive il 40 per cento della popolazione.
Ha promesso di farlo da presidente, sostenendo che l’attuale fase economica dell’Argentina, condizionata anche da un forte debito nei confronti del Fondo Monetario Internazionale, sia contingente e destinata a migliorare con una politica di rigore ma attenta alla esigenze delle classi meno agiate.
In campagna elettorale i suoi appuntamenti pubblici sono stati contenuti e si è proposto come unica alternativa a una vittoria delle destre, tradizionale (la coalizione Uniti per il Cambiamento) o estrema (Milei). Ha approfittato della mobilitazione di ampi settori della società argentina che vogliono scongiurare una vittoria del candidato ultraliberista e domenica proverà a completare la sua lunga e complessa traiettoria politica arrivando alla Casa Rosada, sede degli uffici della presidenza dell’Argentina.
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